Giuseppe Sarcina. Manca qualcosa in questa Casa Bianca così arcigna, avvelenata dai sospetti. In sei mesi non si è mai visto un vero sorriso, semplice, disinteressato. Come quello di Ronald e Nancy Reagan quando, scendendo dall’elicottero, si vedevano arrivare incontro Rex. Oppure quello di George W.Bush, mentre catechizzava Barney. O, infine, quello di Barack Obama, quando si faceva inseguire da Bo.
No, non sono consiglieri o portavoce, ma i cani presidenziali. Donald Trump si fa spesso riprendere seduto alla scrivania dell’Oval Office, circondato soprattutto da uomini scodinzolanti. Ma la sua sospettosa solitudine sta diventando un fattore psicologico oltre che politico. Ci sarà un motivo se una delle battute più citate è ancora quella di Harry Truman: «Se cerchi un amico a Washington, prenditi un cane». Il presidente della bomba atomica era un esperto di manovre sotto traccia, a spese per esempio di Henry Wallace, il suo concorrente nel Partito democratico. Quando arrivò alla Casa Bianca, si portò due amici: Feller, un Cocker Spaniel, e Mike, un Irish Setter. Pochi, comunque, rispetto ai sette dello stesso Roosevelt.
Trump interrompe una tradizione che durava dal 1869, come ha notato il settimanale «The Economist». Nella storia 32 leader su 45 hanno avuto almeno un cane. Alcuni leggendari, come Charlie, il Welsh Terrier che John Fitzgerald Kennedy faceva entrare anche nelle riunioni ristrette nella «situation room», durante la crisi dei missili con Cuba. Altri vezzeggiati in modo esagerato: Warren Harding, in carica dal 1921 al 1923, aveva fatto riservare una poltrona nei meeting per Laddie Boy, il suo Airedal Terrier.
Secondo il Presidential Pet Museum, da George Washington in poi sono passati circa 300 animali dalla Casa Bianca: non solo cani, ma anche gatti, cavalli, uccelli, persino orsi (Thomas Jefferson).
Il leader sovietico Nikita Krushov regalò la cagnetta Pushinka a Caroline, la figlia di Kennedy, per festeggiare la guerra sfiorata pericolosamente tra il 1962 e il 1963.
E Bill Clinton, per rimarcare i progressi in Medio Oriente, disse: «Sono riuscito a fare di più per la pace tra Israele e Palestina che per mettere d’accordo Socks e Buddy». Il gatto e il cane di casa.
Il Corriere della Sera – 24 luglio 2017