La veronese Francesca Fornasa, trentotto anni, è stata nominata dal direttore dell´Ulss 20 Bonavina capo del reparto del Fracastoro
È di casa, veronese doc formata alla scuola di Borgo Roma del «magister» Pistolesi, cresciuta poi sotto l´ala della coordinatrice del dipartimento interaziendale Stefania Montemezzi e da sette anni- «dal giorno in cui è nato quasi fosse mio figlio» sottolinea ricordando di essere mamma di un bimbo di quell´età – sempre in prima linea all´ospedale di San Bonifacio.
«Ho visto e vissuto di persona dal 2005 ad oggi», ricorda, «l´importante crescita di questo modernissimo polo dell´Est: posso dire davvero di esserci stata dal debutto e di aver creduto, e di continuare a farlo, nel grande potenziale che lo caratterizza». Ne parla con orgoglio del «suo» ospedale, lei che di strutture all´avanguardia in giro per il mondo ne ha viste tante chiamata a portare nei congressi internazionali più quotati del settore le sue ricerche scientifiche su risonanza magnetica e oncologia. «Non ci manca proprio nulla», si sbottona il neo-primario, «davvero il Fracastoro è un fiore all´occhiello della nostra sanità, un punto di riferimento sempre più riconosciuto anche fuori provincia».
È stata scelta e voluta, la dottoressa Fornasa, dal direttore generale dell´Ulss 20 Maria Giuseppina Bonavina «oltre che per i meriti che sono comprovati e che le hanno permesso di superare la selezione, soprattutto per altri due fattori: primo, perchè è una professionista che viene dall´interno, formata e cresciuta a Verona, il che vuol dire che la base sta producendo ottime professionalità e che queste, quando ci sono, vanno valorizzate per evitare che scappino altrove. Secondo motivo: per l´età, perchè quando il merito c´è va premiato al di là dei paletti anagrafici, anzi, se ad averlo è un giovane, meglio ancora, va sostenuto di più».
«Il valore aggiunto della dottoressa Fornasa», continua Bonavina, «è appunto questo: è giovane e come tale molto motivata, piena di entusiasmo, di voglia di fare, di imparare, di mettersi alla prova, di osare, tutte caratteristiche giuste per ricoprire il ruolo di primario che le è stato affidato». E lo dimostra subito di essere una dalle idee chiare, determinata quanto basta – al di là appunto dei suoi 38 anni – per guidare lo staff di 11 medici, 25 tecnici, 3 infermieri e 4 operatori sociosanitari che fino all´altro ieri erano semplici colleghi e che da pochi giorni sono diventati i suoi «bracci destri». «Il lavoro di squadra è fondamentale», spiega lei, «e quello che in questi anni ho visto fare qui al Fracastoro è proprio questo: lavorare in equipe per dare un servizio di qualità ai pazienti. È indubbio», precisa, «che la collaborazione sia fondamentale per garantire una risposta assistenziale il più completa possibile e quindi all´altezza delle aspettative degli utenti. Sono poi convinta», sottolinea il neo primario, «che ci sia sempre da imparare da tutti per cui dove non arrivo io può benissimo subentrare il collega e viceversa: lo scambio, il confronto è importante a tutti i livelli, soprattutto in medicina». Punta infatti su questo, la Fornasa, a implementare lo «scambio» con gli altri specialisti del Fracastoro intensificando sinergie e protocolli con le diverse unità operative. «Con la pediatria», ad esempio, «e con la nefrologia abbiamo avviato una collaborazione importante che fa la differenza a livello di diagnosia: le biopsie renali, per intenderci, le facciamo noi radiologi».
Ma c´è un altro obiettivo a cui tiene molto il nuovo primario e sul quale lavorerà fortemente nei prossimi anni: la digitalizzazione del territorio. «Abbiamo una tecnologia tra le migliori sul mercato», spiega, «la nostra tac e la nostra risonanza sono di ultima generazione. Grazie a queste macchine e arrivando a cambiare quelle obsolete possiamo mettere in rete in tempo reale i 4 distretti, il centro polifunzionale di Tregnago, l´ospedale di Marzana e quello di Cologna Veneta: al giorno d´oggi dove tutto è veloce e informatizzato lo deve essere anche la medicina, quindi io devo poter fare una lastra o una risonanza in una struttura decentrata e mandarla a leggere subito, per il referto, qui a San Bonifacio. Questo significa rete e questo significa ottimizzazione delle risorse e dei costi». Ecco la terza priorità del primario: «Educare i pazienti, attraverso i medici di base, a ricorrere agli esami diagnostici con correttezza perchè sono ancora troppi quelli inappropriati che ci vengono richiesti e che, alla fine, vanno a pesare enormemente sui bilanci della sanità pubblica oltre che sull´allungamento delle liste d´attesa. Se si arriva a capire questo, se cresce la cultura del ricorso alla radiologia solo quando ce n´è comprovato bisogno, allora non si dovrà più attendere otto mesi per una mammografia o per una ecografia dell´addome. Quello che bisogna comprendere», insiste Fornasa, «è che c´è una priorità negli esami da richiedere e i medici di base sono i primi a doversene fare carico: proprio per questo li incontriamo mensilmente, perchè è nell´interesse di tutti correggere le cattive abitudini». Ecco l´esempio che rende la misura del problema: «Non posso arrivare a fare 5 ecografie in un anno per un angioma epatico, perchè non servono a niente e, oltrettutto, sono una perdita di denaro pubblico non indifferente. Ma se c´è chi continua a prescriverle al paziente e magari pure in codice B (significa Breve, entro 10 giorni, ndr), cosa posso fare io? Rifiutare l´esame? Lo faccio, la legge me lo permette quando sulla ricetta manca il quesito diagnostico ma cerco sempre anche di spiegare al diretto interessato che è inutile e che è pure pericoloso continuare a sottoporsi a radiazioni». La reazione? «Dottoressa, mi faccia l´esame, è mio diritto…..».
Ecco, infine, l´altro «valore aggiunto» del primario Fornasa: «È umana», sottolinea la Bonavina,«parla ai pazienti, li ascolta, ha il modo giusto di dire le cose anche quando, purtroppo, c´è da comunicare la malattia: è un medico col cuore».
L’Arena – 15 ottobre 2012