Nel Regno Unito, secondo i dati diffusi dalla Food Standards Agengy (FSA), nel 2016 i casi di laboratorio relativi a casi di infezione da Campylobacter sono diminuiti del 17% rispetto al 2014, il che corrisponde a circa 100 mila casi in meno, con un risparmio di 15 milioni di euro in termini di ore di lavoro perse e di costi per il servizio sanitario nazionale. Secondo la presidente della FSA, Heather Hancock, questo è un primo risultato dello sforzo condotto insieme all’industria alimentare, per ridurre i livelli di Campylobacter dall’allevamento alla tavola.
Secondo i dati dell’Efsa, il Campylobacter, che si trova soprattutto nella carne di pollo, rimane la causa di infezioni di origine alimentare più diffusa nell’Unione europea. Nel 2014 si sono registrati 236.851 casi, con un aumento del 10% rispetto al 2013, anno in cui si era registrata una stabilizzazione dopo la crescita costante iniziata nel 2005. Secondo l’Efsa, l’aumento del numero di casi di campilobatteriosi potrebbe essere in parte spiegato con il miglioramento del sistema di sorveglianza e/o la maggiore capacità diagnostica in parecchi Stati, attuata negli ultimi anni.
La Commissione Ue sta elaborando una proposta di regolamento per l’igiene in fase di macellazione dei polli con l’intento di diminuire la contaminazione da Campylobacter, e ha chiesto un parere ai vari portatori di interesse, tra cui l’Ufficio europeo dei consumatori (Beuc), che ha sottolineato il basso livello di ambizione della Commissione europea.
Come riferisce Food Quality News, il Beuc ricorda che il testo originario proposto dalla Commissione Ue nell’ottobre 2015 prevedeva che entro l’autunno del 2016 si dovesse raggiungere l’obiettivo di non oltre il 10% di carcasse di pollo che superassero il limite di mille cfu/g, cioè un alto livello di contaminazione da Campylobacter. Una seconda bozza nel 2015, suggeriva che questo target dovesse essere raggiunto progressivamente entro il 2020. L’ultima versione, oggetto dell’attuale consultazione, è ancora meno rigorosa, perché sposta al 2025 il raggiungimento dell’obiettivo e alza dal 10% al 20% la percentuale di polli che non devono superare il limite di contaminazione di mille cfu/g.
Il Fatto alimentare – 2 aprile 2017