Pieno bilinguismo negli uffici, nelle scuole e sulla cartellonistica stradale, posti riservati nell’amministrazione statale e locale, giornali e televisioni dedicati e bilingui. Sono le prerogative concesse ai tedeschi dell’Alto Adige (o Südtirol, per l’appunto), ma che potranno essere appannaggio anche dei veneti, se il 29 novembre il Consiglio regionale darà il via libera alla legge sull’applicazione al «popolo veneto» della «Convenzione quadro per la protezione delle minoranze nazionali».
Esito pressoché scontato secondo i promotori, dal momento che ieri la commissione Affari Istituzionali di Ferro Fini ha approvato a larga maggioranza il progetto, sul quale però si allunga l’ombra dell’incostituzionalità.
Proposto dai Comuni di Resana, Grantorto, Santa Lucia di Piave e Segusino, il testo è stato redatto da Loris Palmerini, presidente dell’Istituto Lingua Veneta. Vale a dire l’ente che, secondo quanto previsto dall’articolo 3, «opera come rappresentanza istituzionale della minoranza per quanto concerne l’attuazione delle disposizioni della legge n.302/1997», cioè la norma nazionale che ha ratificato l’accordo internazionale emanato dal Consiglio d’Europa nel 1995. Fra i suoi compiti, ad esempio, figurano il rilascio del patentino di bilinguismo («fin dall’ingresso del bambino all’asilo», assicurano) e la definizione della grafia ufficiale, fra le tante varietà, da utilizzare in pubblico.
Il progetto è stato comunque accolto e fatto proprio da un fronte piuttosto ampio del Palazzo: a votare a favore sono stati, oltre all’asse di governo del centrodestra, anche i pentastellati e una parte dei tosiani (contrario però il capogruppo Stefano Casali, così come dem e morettiani). Osserva il leghista Marino Finozzi, presidente della prima commissione: «Ci sono Paesi come il Brasile che hanno già riconosciuto al veneto il titolo di lingua e quindi non vedo perché riconosciamo il sardo e l’occitano, così come tante altre lingue che sicuramente sono parlate da una minoranza in Italia, mentre il veneto, che è parlato da 5 milioni di persone, non viene riconosciuto». Aggiungono i tosiani Giovanna Negro e Maurizio Conte: «Il popolo veneto, con il suo bilinguismo veneto-italiano, deve essere riconosciuto come “minoranza nazionale” al più presto». Per questo proprio il Veneto del Fare e la Lista Tosi hanno chiesto e ottenuto che l’ufficio di presidenza, guidato da Roberto Ciambetti, inserisse il punto già all’ordine del giorno della seduta consiliare di martedì 29 novembre, l’ultima utile prima del referendum costituzionale del 4 dicembre, «per accorciare i tempi in vista di eventuali variazioni o impedimenti che potrebbero sorgere con la riforma».
Il punto è cruciale. «A differenza delle minoranze linguistiche che sono presenti in Costituzione e sono espressamente di competenza statale — argomenta Palmerini — nell’attuale formulazione della Carta il riconoscimento delle minoranze nazionali spetta solo alle Regioni in quanto materia non espressa in Costituzione. Per rendere effettivi i diritti dei veneti come nazione, quindi, è sufficiente l’approvazione da parte del consiglio regionale e non c’è possibilità di interferenza da parte degli organi centrali». Quelli, semmai, vengono chiamati in causa per il finanziamento (statale) delle iniziative (venete). Il Pd è a dir poco perplesso. «Sinceramente — afferma Stefano Fracasso — non ci sentiamo una minoranza nazionale. Pensiamo che i veneti siano a tutti gli effetti degli italiani con le loro specificità e le loro eccellenze e anche con i loro vizi».
Per il costituzionalista Sandro De Nardi sussistono «profondi dubbi» sulla legittimità di una simile legge: «Anche se lo statuto regionale fa riferimento al “popolo veneto”, questo non significa che vi sia un riconoscimento del popolo veneto come nazione né sul piano internazionale né su quello interno. Gli statuti regionali non sono infatti Costituzioni, ma mere fonti di autonomia, cioè sono di rango subordinato alla Carta, pure alla luce della pacifica giurisprudenza costituzionale».
Il Corriere del Veneto – 17 novembre 2016