Il conflitto tra Russia e Ucraina ha degli effetti negativi sugli scambi agroalimentari. A lanciare l’allarme è l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, Ismea. In un contesto già contrassegnato da forti rialzi dei prezzi dell’energia e delle materie prime, le tensioni al confine ucraino rischiano di apportare ulteriori elementi di incertezza in relazione al ruolo dell’Ucraina negli scambi con l’Ue-27 e, in particolare, con l’Italia.
Secondo le elaborazioni Ismea su dati COMTRADE (data base ITC), le esportazioni agroalimentari dell’Ucraina verso la Ue-27 sono state pari a 5,4 miliardi di euro nel 2020. Il mercato comunitario – con una quota del 28% – rappresenta una delle principali destinazioni delle derrate provenienti da Kiev.
Le ripercussioni per l’Italia
In tale contesto, l’Italia si posiziona al decimo posto tra gli acquirenti del Paese dell’ex blocco sovietico per un fatturato di 496 milioni di euro pari al 3% dell’export agroalimentare ucraino, in flessione del 19% su base annua. Sul versante dell’import dell’Ucraina, l’Italia è il secondo fornitore di prodotti agroalimentari, dopo la Polonia, con una quota del 7% pari a 415 milioni di euro, sempre nel 2020.
L’Italia acquista dall’Ucraina soprattutto oli grezzi di girasole, mais e frumento tenero. Relativamente al mais, è da segnalare che l’Ucraina è il nostro secondo fornitore dopo l’Ungheria, con una quota di poco superiore al 20% sia in volume che in valore. Una situazione, questa, che suscita qualche preoccupazione vista la consistente riduzione della produzione interna di mais (-30% negli ultimi dieci anni) e la ormai strutturale dipendenza degli allevamenti dal prodotto di provenienza estera (tasso autoapprovvigionamento italiano pari al 53% contro il 79% nel 2011).
Va sottolineato anche che nei primi dieci mesi del 2021, le importazioni complessive italiane di mais si sono ridotte in volume del 13% annuo, per un totale di circa 4 milioni di tonnellate, con una flessione del 15% per quello di provenienza ucraina (466 mila tonnellate).
Più marginale il ruolo dell’Ucraina per il frumento tenero, per il quale l’Italia è fortemente deficitaria. L’Ucraina si configura come sesto fornitore con una quota pari al 5% in volume e in valore dell’import totale nazionale. Tra gennaio e ottobre 2021, anche le importazioni complessive nazionali di frumento tenero si sono ridotte del 4% circa su base annua (a 3,6 milioni di tonnellate), mentre le richieste dall’Ucraina si sono più che dimezzate (a 107 mila tonnellate).
Rincari, emergenza latte
Gli aumenti di energia e materie prime colpiscono il settore del bovino da latte, tra i più esposti all’incremento dei costi di produzione. Nel 2021 il costo medio di produzione del latte risulterebbe pari a 46 centesimi di euro per litro. Un prezzo alla stalla che copre a stento l’esborso per l’alimentazione del bestiame. È quanto emerge da uno studio Ismea.
Nel 2021 l’indice Ismea dei prezzi dei mezzi correnti di produzione ha registrato un l’aumento medio del 7,4% su base annua, con una crescita particolarmente evidente nel mese di dicembre (+13% rispetto a dicembre 2020). Ad incidere sugli oneri a carico degli allevamenti, oltre ai costi energetici, è soprattutto il capitolo dell’alimentazione animale, con la mangimistica lievitata del 19% a causa dei rincari dei foraggi (+22%), mangimi semplici (+17%) e composti (+15%).
Mentre nell’anno appena trascorso i prezzi degli input produttivi sono risultati superiori del 7,4% su base annua, nello stesso periodo gli aumenti dei prezzi del latte corrisposti agli allevatori sono stati molto più contenuti (indice +2,9%), evidenziando un inevitabile peggioramento della ragione di scambio (rapporto prezzi latte e prezzi input) e, quindi, un deterioramento della redditività del settore.
Restringendo il campo di osservazione al solo rapporto tra il prezzo del latte bovino e i costi della razione alimentare (che rappresenta la voce più onerosa nella gestione aziendale), emerge una situazione emergenziale del settore, con il prezzo alla stalla che per tutto il 2021 ha coperto a stento l’esborso per l’alimentazione del bestiame. La situazione è rappresentata dall’indicatore sintetico Milk: Feed, elaborato dall’Ismea, che confronta il prezzo del latte bovino con i prezzi di un alimento simulato composto da mais e farina di soia. Per l’anno appena trascorso, l’indicatore si è nettamente posizionato sotto la soglia ritenuta comunemente “critica”, segnale della sofferenza degli allevamenti.