Quanto può costare l’Ape? Dopo il terzo round di incontri Governo-sindacati sullo schema di anticipo pensionistico con prestito bancario assicurato, abbiamo formulato qualche ipotesi. L’Ape riguarderà tutti i lavoratori. Anche i pubblici dipendenti e gli “autonomi” potrebbero utilizzare l’anticipo pensionistico, se in possesso dei requisiti richiesti. A confermare che si tratta più di un’ipotesi sono stati il ministro del lavoro, Giuliano Poletti e il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Tommaso Nannicini, ieri al termine del terzo tavolo con i sindacati sul tema delle pensioni.
E disegnato quattro figure tipo di beneficiari: Giovanni è un disoccupato senza più ammortizzatori sociali o con reddito basso; Federica è un’impiegata coinvolta in un piano di ristrutturazione aziendale; Mario è invece un lavoratore nato tra il 1951 e il 1953, come i suoi colleghi, ma non si trova in situazione di difficoltà e vuole autonomamente optare per l’anticipo sapendo di poter contare su una pensione piena lorda di 2.615 euro. Nell’identica situazione di Mario c’è poi Laura, che ha però maturato una pensione quasi doppia (circa 5mila euro lordi).
Il costo dell’Ape (Anticipo pensionistico), come rata media spalmata sui venti anni di rimborso, potrebbe oscillare da circa l’1,4% l’anno per Giovanni (la cui pensione lorda è di 1.212 euro) a circa il 2,8% l’anno per Federica (pensione lorda maturata di 2.000 euro e un contributo dell’impresa del 40%) fino a circa il 4,9% l’anno per Mario e al 4,6% per Laura per un anticipo di tre anni.
Considerando l’attuale andamento dei tassi e il “quadro” finanziario, si potrebbe ipotizzare che all’Ape si applichi un tasso annuo nominale del 3% (Tan). Al Tan si aggiungerebbe un’assicurazione contro il rischio di pre-morienza con un premio del 30% sul valore dell’Ape. Un costo che potrebbe anche essere più basso e che, in ogni caso, sarà compreso nel contratto per il prestito bancario. Seguendo le indiscrezioni finora emerse dal confronto Governo-sindacati, l’assegno anticipato con l’Ape non potrà essere superiore al 95% dell’ipotetica pensione “netta” di vecchiaia maturata. Il costo complessivo dell’anticipo (Tan più assicurazione) verrà rimborsato, come detto, in vent’anni, a partire dal momento del raggiungimento della soglia del pensionamento “effettivo” (attualmente 66 anni e 7 mesi). Con un prelievo mensile sulla pensione che sarà alleggerito da una detrazione fiscale graduale sulla base del reddito del beneficiario. Sulla base delle dichiarazioni fatte da esponenti del Governo e di quanto emerso dal confronto con i sindacati, si potrebbe ipotizzare che oltre i 5mila euro lordi l’agevolazione non debba scattare.
Giovanni, Federica, Mario e Laura si rivolgono all’Inps per chiedere la loro situazione previdenziale (quale pensione lorda e netta hanno maturato) e, una volta fatte le loro scelte, sempre dall’Inps riceveranno l’assegno.
Disoccupati disagiati
Partiamo dall’Ape di Giovanni, che chiede un anticipo sul 95% della pensione. Ipotizzando che Giovanni rientri tra i meritevoli di un aiuto pubblico in forma di detrazione, che può variare tra il 45 e il 65% della rata di ammortamento. Il suo assegno, con la richiesta di un solo anno di anticipo, sarebbe di 943 euro al mese (contro una pensione netta teorica di 993) , la rata da pagare sarebbe di 38 euro con un’incidenza media annuale del 2,5%. Se l’anticipo è di due anni sempre sul 95% la rata sale a 76 euro (incidenza media di circa il 2,5%) e l’assegno netto non cambia. Se il contributo dello Stato sale al 65%, perché Giovanni rientra in una categoria particolarmente disagiata e a basso reddito, l’Ape netta resta a 943 euro con anticipo di un anno con una rata che scende però a 21 euro con un’incidenza media dell’1,40%.
Ristrutturazione aziendale
Federica, come abbiamo detto, punta all’Ape perché la sua azienda gli ha fatto una proposta di uscita anticipata: chiede il 95% dell’assegno partendo da una pensione lorda piena di 2mila euro (1.510 netta). Ipotizzando un contributo del suo datore di lavoro pari al 25% dell’Anticipo pensionistico, la sua Ape netta è di 1.435 euro (86 euro di rata e 3,56% di incidenza media) nel caso di anticipo di un anno, mentre con tre anni di anticipo l’assegno resta a 1.435 euro ma cambia la rata (268 euro, con un’incidenza media del 3,67%) . Nell’eventualità in cui il contributo dell’azienda dovesse salire al 40%, con l’anticipo di un solo anno Federica incasserebbe una pensione Ape di 1.435 euro, con una rata di 68 euro e un’ incidenza media annuale di circa il 2,8%. Nel caso estremo di un contributo aziendale del 60% su un’Ape di tre anni, l’assegno netto resta lo stesso mentre la rata diventa di 132 euro e il costo medio è dell’1,80%.
Uscita volontaria
Vediamo ora la situazione del più fortunato Mario, che sceglie di anticipare il ritiro partendo da una pensione potenziale di 1.863 euro (2.615 euro lordi). Immaginiamo che scelga un anticipo al 55% della pensione per avere un’Ape netta di 1.025 euro con l’anticipo di un anno (85 euro di rata e 2,76% di incidenza media). Se la richiesta di Ape fosse su 3 anni al 95% l’Ape netta sarebbe di 1.770 euro con una rata di 465 euro e un’incidenza media di 5,03% che scenderebbe al 4,89% se l’anticipo fosse di un solo anno con una rata di 150 euro.
Resta infine Laura, che dall’alto di una pensione lorda di 5mila euro (3.167 netti) può accedere a un’Ape al prezzo di mercato. Vediamo quanto costa: con la richiesta del 95% e tre anni di anticipo l’Ape netto sarebbe di 3.009 euro con una rata di 816 euro e un costo medio del 4,62%. Con una richiesta di assegno anticipato pari al 55% della pensione piena e sempre per tre anni l’Ape netto sarebbe di 1.742 euro con una rata di 472 euro e un’incidenza media del 2,67%.
L’assegno
A completare gli scenari probabilistici di costo dell’Ape vediamo come sarà la pensione di Giovanni, Federica, Mario e Laura trascorso il ventennio dei rimborsi. Immaginiamo che gli assegni vengono indicizzati secondo il tasso di inflazione stimato dalla ragioneria generale dello Stato nel Def tenendo conto che la detrazione (per chi l’avrà) sarà invece piatta. Come emerge dalla parte finale dei quadri di simulazione che pubblichiamo, con un anticipo di tre anni la pensione netta di Giovanni si attesterebbe a 1.402 euro, quella di Federica sarebbe di 2.024 euro, per Mario a 2.388 e infine per Laura di 4.150.
Si tratta di scenari, naturalmente. Solo al momento della presentazione del testo in legge di Bilancio capiremo quanto vicini al vero. Su questi numeri pesa, com’è evidente, la struttura delle detrazioni calibrate sui diversi livelli di reddito e che saranno definite anche per garantire un’equità intra-generazionale. Insomma, con la nuova offerta di uscita flessibile garantita dall’Ape, la riforma Fornero non viene toccata né vengono rimessi in discussione gli equilibri attuariali che sono alla base del sistema contributivo.
IPOTESI APE ANCHE PER STATALI E AUTONOMI
L’incontro governo-sindacati. Il Governo disponibile a trovare una soluzione sulla questione dei lavoratori «precoci» e dei lavori «usuranti». Prossimo round il 28 giugno su ricongiunzioni, rivalutazioni e no tax area
L’Ape riguarderà tutti i lavoratori. Anche i pubblici dipendenti e gli “autonomi” potrebbero utilizzare l’anticipo pensionistico, se in possesso dei requisiti richiesti. A confermare che si tratta più di un’ipotesi sono stati il ministro del lavoro, Giuliano Poletti e il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Tommaso Nannicini, ieri al termine del terzo tavolo con i sindacati sul tema delle pensioni. Il governo si è mostrato disponibile a sciogliere alcuni dei nodi più intricati del confronto: il pensionamento anticipato per i cosiddetti lavoratori precoci, le modifiche alla legge per ampliare la platea dei lavoratori usuranti esclusi dai requisiti pensionistici della legge Fornero.
Al prossimo appuntamento, già fissato per il 28 giugno, si entrerà nel merito anche di altri temi importanti, come le ricongiunzioni onerose per le carriere lavorative discontinue, la rivalutazione degli assegni pensionistici e l’estensione della no tax area ai pensionati. Il 30 giugno invece si parlerà di mercato del lavoro. Proprio l’impegno del governo ad affrontare tutto il dossier pensioni al tavolo è considerato un elemento essenziale per Cgil, Cisl e Uil che hanno presentato una piattaforma unitaria sul tema evidenziando molte perplessità sull’Ape, ed hanno insistito – sia pure con posizioni articolate – sul fatto che il costo di questa operazione non può ricadere sui lavoratori pensionandi. Tra i nodi da sciogliere c’è quello relativo al tasso di interesse applicato al rimborso del prestito per l’anticipo pensionistico, e al costo dell’assicurazione da sottoscrivere nell’eventualità il pensionato dovesse morire prima dell’estinzione del mutuo.
Per rendere l’opzione Ape più conveniente il governo punta ad un sistema di detrazioni fiscali, a vantaggio delle situazioni sociali più difficili. «Stiamo lavorando per assicurare ai lavoratori che i costi siano i più bassi possibile – ha spiegato Nannicini – e stiamo ragionando sulla platea dei meritevoli di tutele per garantire una riduzione fiscale fortemente agevolata».
Quello di ieri è stato un incontro ancora interlocutorio, come ha confermato il ministro Poletti: «Abbiamo avviato un buon metodo di lavoro e stiamo facendo passi avanti – ha detto -. Ci sono ovviamente posizioni convergenti e divergenti, come avviene in ogni confronto. Abbiamo definito i perimetri e le problematicità dei temi sul tavolo, andremo avanti nel confronto».
I sindacati sospendono il giudizio, considerando che il confronto è solo all’inizio. «Non partecipiamo ad annunci di soluzioni che non ci sono – ha detto la leader della Cgil, Susanna Camusso -. Stiamo provando a fare una discussione con il governo che al momento è senza cifre. Per noi è prioritario mutare l’assetto del sistema previdenziale per i giovani, i lavoratori e gli attuali pensionati». Sulla stessa lunghezza d’onda il numero uno della Uil, Carmelo Barbagallo: «Non c’è ancora alcun elemento definitivo – ha aggiunto – è prematuro ogni giudizio. Discutiamo di tutti i punti, l’Ape interessa di più il governo, a noi il resto». Per Maurizio Petriccioli (Cisl) «il tavolo continua con un dialogo positivo per trovare soluzioni a problemi strutturali che creano forte disagio».
Sulle pensioni la partita è destinata ad essere lunga. Con tutta probabilità, dopo il round del 30 sul lavoro, in cui si affronterà anche l’ipotesi di riduzione strutturale del cuneo sul lavoro stabile, il confronto proseguirà a “fari spenti”, ovvero senza incontri ufficiali. E solo prima della pausa estiva di ferragosto si capirà se ci saranno davvero i margini per una soluzione condivisa da formalizzare in qualche modo a settembre, prima del varo della prossima manovra autunnale di bilancio destinata ad assorbire il pacchetto pensioni. Sul versante dell’Ape, tra i nodi da sciogliere restano anche quelli della formula per garantire l’Anticipo pensionistico agli “statali” e agli “autonomi”, il raccordo con la Rita (Restituzione integrativa temporanea anticipata), e la calibratura delle detrazione fiscali. Quello delle detrazioni, del resto, è uno degli snodi più delicati insieme a quello dei “costi di mercato” (tasso d’interesse al rimborso e premio assicurativo). Quasi sicuramente il Governo cercherà di raggiungere un compromesso sulla possibilità per i precoci di uscire prima di quanto previsto dalle attuali regole e sulle modifiche per i lavoratori impiegati in mansioni usuranti. Il tutto però rispettando il vincolo dei costi dell’operazione che non potranno superare i 500-700 milioni.
Il Sole 24 Ore – 24 giugno 2016