Il culmine della seconda ondata svela ancora una volta il lato oscuro delle case di riposo, che diventano prigioni e, infine, tombe. Istituzioni totali, le definiva il sociologo Erving Goffman, mettendole sullo stesso piano dei penitenziari, degli ospedali psichiatrici, dei campi di sterminio. Da nord a sud è una riedizione della tragedia già vissuta durante la prima ondata della pandemia. Alla casa di riposo Borgo Bassano di Cittadella, in provincia di Padova, sono morti nove anziani in dieci giorni e sono contagiati 58 ospiti su 62. Lo stesso incubo stanno vivendo gli ospiti della Rsa Fondazione Palena di Foggia: i 70 pazienti sono tutti positivi e risultano contagiati anche 28 dipendenti. La Spoon River degli anziani è costellata di immagini che fanno male, come i saluti dai balconi per via delle visite azzerate con i parenti, il confinamento, la morte in totale solitudine.
«Il fatto che succeda ancora, dopo la strage di febbraio e marzo, è gravissimo», lamenta Franco Bergamin, figlio di Giancarlo, 83 anni, il morto numero 6 della struttura di Cittadella. «Eravamo tranquilli, pensavamo avessero isolato i vari reparti. Invece un’infermiera positiva ha infettato tutta la struttura».
Nella casa di riposo padovana il personale viene sottoposto ai tamponi ogni settimana, anziché ogni 15 giorni. Tuttavia, il virus si è insinuato in modo subdolo nel varco temporale tra un test antigenico e l’altro. «Se un dipendente si contagia il giorno dopo il tampone resta scoperto fino al successivo e, purtroppo, tutti i nostri infermieri entrano in contatto con tutti gli ospiti», spiega Ornella Pettenuzzo, presidente della Rsa di Cittadella. Caterina di 97 anni è stata la prima morta, Mario di 80 il secondo, poi Romeo di 89, Giovanni di 85, Augusta di 89, Giancarlo di 83, Milena di 89. E così via, fino a inanellare nove croci in dieci giorni. Non è ancora finita, purtroppo. «Non riusciamo neanche a sapere cos’è successo, com’è andata, a fare le domande che chiunque viva un lutto vorrebbe fare», si sfoga Bergamin. «La casa di riposo Borgo Bassano ha chiuso ogni contatto con l’esterno».
Anche nella residenza per anziani di Foggia il contagio sembra essere partito da una dipendente, in questo caso un’operatrice socio sanitaria. Il 24 ottobre scorso, ricostruiscono i parenti, ha avvertito i primi sintomi. Ma qualcosa è andato storto e il Covid è entrato nelle stanze, nella mensa, negli spazi comuni. «Sono già morti tre anziani», protestano i parenti, che con un tasso così alto di contagiati ora si aspettano il peggio. Tra febbraio e marzo, alcuni studiosi avevano evidenziato la forza con cui il virus colpisce in presenza di un’alta concentrazione di positivi. «La situazione è terribile» denuncia una donna del Foggiano che ha il padre ricoverato nella struttura. «Non lo vedo da lunedì scorso. Ci hanno detto che li sfamano solo con latte e biscotti. Qualcuno deve intervenire ». Pettenuzzo, la presidente della Rsa padovana, pone l’accento anche sui problemi strutturali che caratterizzano questo “ecosistema” dell’assistenza agli anziani. «Il primo e più importante è che manca personale e lavoriamo sempre al di sopra delle nostre possibilità», dice. «Qualcuno inizia a chiedere che infermieri e operatori vivano nella struttura senza mai tornare a casa, in modo da evitare di portare il virus da fuori. Ma come posso sradicare queste persone dalle loro famiglie? Questo non può diventare un carcere».
Enrico Ferro – Repubblica