Di recente a Trieste si è registrato un caso di tubercolosi in una pediatra e diversi casi, non sempre riportati dalla stampa, riguardano il personale sanitario di ospedali dove il flusso di cittadini stranieri è assiduo. Ma l’Italia oggi è un Paese a bassa endemia con meno di 10 casi ogni 100.000 abitanti, anche se prima frontiera nell’accoglienza di migranti provenienti da Paesi dove la malattia è molto diffusa e deve perciò gestire in maniera efficiente il monitoraggio, la diagnosi e la cura dei nuovi casi, assicurando il rispetto del diritto alla salute dei cittadini italiani e non, e salvaguardando i diritti umani.
Per questo in occasione del XVII congresso nazionale della Società Italiana di Pneumologia (Sip), a Milano dal 5 al 7 ottobre, viene presentato il primo documento di consenso nazionale per l’eliminazione della tubercolosi, sulla scia degli obiettivi dell’Assemblea Mondiale della Salute che ha stabilito di ridurre l’incidenza globale della malattia del 90% entro il 2050. Il documento è stato redatto da un gruppo di esperti italiani in rappresentanza dell’Istituto Superiore di Sanità, dei centri di collaborazione dell’OMS (Fondazione S. Maugeri, Tradate; Università di Brescia; Istituto S. Raffaele, Milano), delle società scientifiche italiane di area Pneumologica, Infettivologica, di Medicina Preventiva e Laboratoristica, della Società Europea di Pneumologia (ERS) e delle Regioni; le strategie messe a punto dagli esperti consentiranno di ridurre il numero di casi a 10 per milione di abitanti entro il 2035, nella fase di pre-eliminazione, fino all’ obiettivo “ tbc-free”. con meno di un caso per milione previsto per il 2050.
«L’attuale diffusione della tubercolosi in Italia rende possibile ipotizzare il raggiungimento dell’obiettivo nei tempi stabiliti – osserva Francesco Blasi, presidente SIP – Tuttavia è necessaria una precisa strategia per il corretto utilizzo degli strumenti diagnostici di nuova generazione e soprattutto delle terapie, per trattare sia la malattia nelle forme resistenti sia le infezioni tubercolari latenti. Oggi riusciamo a ridurre ogni anno l’incidenza della malattia del 2-5%, l’obiettivo è diminuirla ogni anno del 20%: è possibile, focalizzando gli interventi nei gruppi a rischio ed elaborando piani di intervento per la tubercolosi associata alla migrazione».
Nel nostro Paese infatti arrivano migliaia di migranti provenienti da Paesi dell’Africa subsahariana dove l’endemia è elevata e da Paesi dell’ex Unione Sovietica e del Medio Oriente dove, oltre a essere molto diffusa, la malattia è spesso causata da batteri multiresistenti, che non rispondono alle consuete terapie e sono correlati a una mortalità del 50%: una strategia di monitoraggio e individuazione dei casi è perciò indispensabile per tutelare il diritto alla salute dei concittadini e anche dei migranti stessi. «Negli ultimi 10 anni l’incidenza di tubercolosi in Italia è rimasta sostanzialmente stabile sui circa 7 casi per 100.000 abitanti, con un graduale aumento della quota relativa a pazienti nati all’estero che ha compensato la progressiva riduzione dei casi italiani – prosegue Blasi – Gli italiani nell’immediato non stanno andando incontro a un più alto rischio di ammalarsi a causa dell’ondata migratoria, ma certo i migranti pongono una questione di sanità pubblica ineludibile, una domanda di salute a cui è doveroso rispondere per tutelare i loro diritti e per proteggere tutta la popolazione. L’obiettivo del documento è perciò la creazione di una rete di sorveglianza capillare e coordinata: in Italia esistono già laboratori in grado di effettuare diagnosi all’avanguardia in brevissimo tempo, dobbiamo far sì che possano essere accessibili attraverso un network di centri collegati fra loro e che sia creato un piano nazionale per l’introduzione di test molecolari rapidi, così da prendere le “impronte digitali” dei bacilli per tutti i pazienti individuati al fine di conoscere i ceppi che più si stanno diffondendo, avere informazioni condivise in merito e poter quindi curare i pazienti al meglio, utilizzando le strategie più adeguate per la situazione che si sta presentando nel Paese».
« Al via anche la creazione di un Registro nazionale dei casi di infezione tubercolare latente e dei ceppi multiresistenti, quelli che più preoccupano e che spesso occorre gestire attraverso una collaborazione con colleghi di altri Paesi: vorremmo perciò attivare un TB Consilium in italiano sulla base di quello gratuito e già funzionante della European Respiratory Society, per una corretta gestione interdisciplinare dei casi e l’uso razionale dei nuovi farmaci – interviene Giovanni Battista Migliori, Direttore del Centro di collaborazione OMS per la tubercolosi e le malattie polmonari della Fondazione Maugeri di Tradate -. L’eliminazione della tubercolosi è possibile, ma richiede uno sforzo collettivo, coordinato e condiviso che il nostro Paese è pronto ad affrontare. Obiettivo del documento è anche potenziare la ricerca nel settore dei vaccini per la malattia, nel quale non si sono avuti progressi sostanziali. Qualche novità c’è per i farmaci, alcuni principi attivi come bedaquilina e delamanid sono molto efficaci anche contro le forme multiresistenti e ben tollerati; tuttavia nulla potrà essere davvero decisivo senza una strategia comune e condivisa come quella proposta nel documento di consenso, che diventa da oggi una base solida su cui lavorare per liberare l’Italia e il mondo dalla tubercolosi» conclude Migliori.
Il Sole 24 Ore sanità – 5 ottobre 2016