Il Ttip ridimensiona le aspettative. Stati Uniti e Ue puntano a chiudere una bozza di accordo – entro il 2016 – delimitando un perimetro d’intesa più ristretto, sintetizzabile in quattro punti: tariffe (nulle o quasi), convergenza sugli standard tecnici in 8 settori, qualche apertura Usa sugli appalti pubblici e il riconoscimento, da parte Usa, di una forma di tutela sui prodotti Dop e Igp, in cambio di un aumento dei volumi di carne (che già importiamo in base a un sistema di contingentamento) di alta qualità, sulla carta priva di ormoni. E non è detto che ci si riesca. Perchè due questioni-chiave – a cui gli Usa non intendono rinunciare – restano sullo sfondo: la gestione degli arbitrati internazionali (la “clausola Isds”) e il data flow, cioè la possibilità di “conservare” nei server dei colossi dell’Ict Usa flussi di dati di cittadini europei. Dopo 3 anni di “melina” negoziale, il 23 ottobre si è chiusa, a Miami, la settimana dell’11° round di colloqui tra Usa e Ue per dar forma al grande progetto di un accordo di libero scambio Usa-Ue.
Le «maniche rimboccate» descritte, dopo i colloqui, dal capo negoziatore Ue Ignacio Garcia Bercero non hanno sancito decisioni. La firma di un’intesa è ancora lontana. Ma hanno sgombrato il campo dall’ipocrisia che si possa giungere a un accordo omnisciente. Troppe le divisioni, anche culturali.
Come spiegano fonti negoziali di parte Ue, «Vanno ridimensionate le ambizioni. Più realismo. Al prossimo round negoziale, a febbraio, c’è l’impegno a un primo serio scambio di offerte sia sul fronte delle riduzioni al minimo dei dazi sia sugli appalti pubblici. Si lavora su reciproci impegni ufficialmente sino a gennaio 2017». Anche se a Bruxelles, l’ambasciatore Usa, Robert Gardner, ha confermato che nell’ultimo semestre 2016, causa voto presidenziale, si rallenterà. In pratica, il grosso del lavoro va fatto entro l’estate. Ma chi temeva che il round di Miami – arrivato a 2 settimane dalla firma del Tpp, il trattato commerciale tra Usa e 11 paesi del Sudest asiatico e del Pacifico – sgonfiasse l’interesse Usa per il Ttip si è dovuto ricredere.
Dazi doganali
«Gli Usa– ha spiegato il viceministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda – mostrano oggi più impegno di prima. C’è voglia di portare a casa un risultato. Anche perché fissare gli standard del commercio internazionale con la Ue e non, in futuro, con la Cina, conviene a entrambi».
Ma quali sono i nodi da sciogliere e quelli che potrebbero far saltare il banco? I dazi doganali fra Ue e Usa sono già bassi, poco più del 3% in media. Ma con diversi picchi: dal gorgonzola (sopra il 25%) al cioccolato (oltre il 20%). Sul tessile si può arrivare al 40 per cento. A febbraio il primo scambio di offerte dovrebbe azzerare fino al 97% tutte le tariffe esistenti. Con l’obiettivo di chiudere al 98% «entro la fine dei giochi» ha detto il negoziatore Ue Bercero.
Standard in otto settori
Uniformare standard tecnici ed eliminare doppi controlli e certificazioni, il vero costo per le imprese. Per alcuni settori i dossier sono già avanti e chiudibili a breve: automotive, chimica, farmaceutica, cosmetica, engineering, Ict, apparecchi biomedicali e tessile. «Su tariffe, convergenza regolamentare in alcuni settori dove vi è un accordo tra le associazioni industriali delle due sponde e progressi nel procurement e sulle Igp – ha concluso Calenda – c’è un accordo possibile. Sono due anni che sostengo che è quanto possiamo portare realisticamente a casa».
Appalti e servizi
Sugli appalti lo scambio di offerte avverrà a febbraio (impegno da parte Usa). Il nostro mercato è aperto. Ma negli States ci sono forti restrizioni, anche a causa del Buy American. Gli Usa dovranno concedere qualcosa nel settore degli appalti subfederali. Ma chiudono sui servizi finanziari quale contromisura all’esclusione di quelli audiovisivi chiesta da Bruxelles.
Denominazioni Dop e Igp
Sinora non se ne è quasi parlato. «Gli Usa – spiegano fonti Ue – sono interessati a vendere più prodotti agricoli (granturco e soia), mentre le esportazioni europee riguardano soprattutto alcolici, vino, birra, formaggi, prosciutto e cioccolato su cui ci sono forti barriere non tariffarie. Si punta al riconoscimento di una lista di marchi Dop e Igp (come nell’accordo col Canada)». Che però riguarda pochi prodotti di nicchia. Il grosso dell’Italian Sounding resta fuori. Per questo, ha detto Paolo De Castro, relatore per il Ttip in commissione Agricoltura al Parlamento europeo, «si potrebbe lavorare a un sistema di etichettatura ad hoc per distinguere un prodotto originale italiano da uno che ne evoca il nome o ne riproduce sulla confezione la bandiera». In cambio, spiegano fonti Ue, «si potrebbe aumentare l’import nella Ue di carne bovina di alta qualità».
Arbitrati e data flow
La nuova clausola Isds proposta dal commissario Ue al Commercio, Cecilia Malmstrom, per risolvere le dispute tra Stati e tra Stati e imprese con giudici nominati e selezionati per sorteggio, udienze pubbliche e possibilità di appello non convince gli Usa nè mette d’accordo tutti gli Stati membri. E a Miami non è stata ancora presentata. L’impegno della Ue è farlo arrivare a Washington entro fine anno. Ma la cruna è stretta. «Senza un accordo sul data flow, il flusso e la raccolta dei dati – ha detto a Bruxelles l’ambasciatore Usa Robert Gardner – non ci sarà il Ttip». Un tema apparentemente sottovalutato dalla Ue. I colossi Usa dell’Ict puntano a “conservare” i dati degli utenti europei negli Usa. Ma la Corte Ue – con la sentenza “Schrems” (C-362/14 del 6 ottobre scorso) – ha stabilito che il trasferimento di dati dalla Ue agli Usa va interrotto perché incompatibile con la tutela europea della privacy. Ma sul punto fonti Ue sono meno negative: «Sull’Isds un accordo si troverà. Il data flow, invece, potrebbe essere stralciato per essere oggetto di trattativa separata».
Laura Cavestri – Il Sole 24 Ore – 11 novembre 2015