Con discrezione hanno aspettato davanti alla sala operatoria che «il professore» finisse l’ultimo intervento. Poi i finanzieri si sono avvicinati a Paolo Macchiarini, 54 anni, il superchirurgo dei trapianti alla trachea ammirato e conteso dalle università e dalle cliniche di mezzo mondo, e gli hanno notificato un’ordinanza d’arresto per tentata truffa e tentata concussione.
Macchiarini, ancora in camice e con il volto stanco, ha letto le carte, ha scosso la testa e ha seguito gli agenti. Non è finito in galera, però: il gip, Alessandro Moneti, gli ha concesso gli arresti domiciliari nella sua casa in Versilia.
All’avvocato il medico ha detto di essere pentito di aver accettato di tornare in Italia: «Quando questa storia sarà finita andrò all’estero e ci rimarrò per sempre». Indagata la caposala del reparto di chirurgia toracica del Careggi dove lavora Macchiarini: Aida Chiti, 58 anni, che «avrebbe assecondato la voracità del chirurgo».
Da tempo s’indagava sul «mago del bisturi» che aveva inventato tecniche rivoluzionarie soprattutto nel trapianto della trachea, ma nessuno avrebbe potuto ipotizzare il suo arresto. E soprattutto quelle accuse così infamanti, documentate a quanto pare da indagini rigorose condotte dal pm Giuseppe Soresina. Il superchirurgo in almeno cinque casi avrebbe chiesto denaro ai pazienti, alcuni dei quali malati di cancro, per essere operati non all’ospedale fiorentino ma in strutture private inglesi e tedesche dove lui stesso esercitava. La moglie di un paziente, colpito da un tumore con metastasi al cervello e al polmone, ha raccontato ai magistrati di essersi sentita chiedere dal medico 150 mila euro per ricoverare il marito in una struttura sanitaria di Hannover. Un’altra «proposta indecente» sarebbe stata rivolta a un paziente, anche lui devastato da un cancro e operato già sei volte. Il superchirurgo avrebbe proposto una nuova operazione urgente, ma non nelle strutture pubbliche, bensì in una clinica privata inglese: richiesta 130 mila euro cash. «In Inghilterra posso chiedere di più», avrebbe risposto il medico, in un’intercettazione, alla caposala che gli chiedeva perché non operarlo a Firenze. In altri casi il chirurgo avrebbe consigliato ai pazienti il ricovero all’ospedale Careggi in regime di libera professione per «evitare che l’intervento fosse eseguito da un altro medico in servizio al reparto». Oppure dicendo loro che, in caso contrario, avrebbero dovuto aspettare almeno tre mesi. In realtà, secondo l’accusa, i tempi d’attesa in questi casi d’urgenza oscillavano dai sette ai quindici giorni e dunque quelle del superchirurgo sarebbero state solo subdole manovre per approfittarsi «delle condizioni psicologiche di particolare fragilità dei pazienti» e, come scrive il gip, il professionista «aveva in grande prevalente considerazione il portafoglio piuttosto che la deontologia professionale». Tra le «vittime» ci sarebbe anche un cognato di Pep Guardiola, l’allenatore del Barcellona, ma la notizia non è stata confermata dagli investigatori.
Macchiarini era stato al centro di polemiche velenosissime quando, nel 2008, da Barcellona era stato chiamato a Firenze dall’allora assessore regionale Enrico Rossi, oggi governatore. Si era parlato di una cattedra universitaria a Firenze che però («colpa dei baroni», aveva detto il chirurgo) non era mai arrivata e qualcuno lo aveva accusato di aver presentato un curriculum falso. «Un errore di traduzione della mia segretaria in Spagna», aveva spiegato il medico. Poi, dopo altre vicende e nuovi veleni, l’accordo era stato trovato all’inizio di quest’anno: lavoro all’ospedale di Careggi per 310 mila euro all’anno, 110 mila dei quali versati dall’azienda ospedaliera e gli altri dalla Regione.
Corriere della Sera – 28 settembre 2012