«Dolore e rabbia per la morte di Anila Grishaj, operaia alla Bocon di Pieve di Soligo, azienda già sanzionata dallo Spisal».
Parla così Rachele Scarpa, deputata trevigiana del Pd, dopo la tragedia sul lavoro che ha spezzato la vita della 26enne nello stabilimento dell’azienda attiva nel settore della commercio di surgelati. «Presenterò ogni atto possibile per fare luce su questo episodio e per cercare che non ricapiti più».
Anche la Cgil di Treviso usa toni definitivi. «Ho smesso da tempo di credere nel fato quando si parla di tragedie sul lavoro. C’è sempre un’incongruenza. E la si supera solo con la cultura della sicurezza – dice il segretario Mauro Visentin. – Dove non c’è il sindacato, purtroppo è ancora più difficile far comprendere la necessità di uno scatto culturale in questo senso». Dalla Cgil aprono le porte a un possibile incontro con i lavoratori della Bocon. «Se sarà possibile, siamo pronti. È fondamentale chiedersi cosa si fa dopo situazioni del genere per fare in modo che non ricapitino aggiunge Visentin in questo momento esprimiamo tutto il nostro cordoglio nei confronti della famiglia della 26enne e di tutti i suoi colleghi».
La Cisl di Treviso e Belluno pone anche l’accento sulla necessità di aumentare il personale dello Spisal e gli ispettorati del lavoro. «Il senso di frustrazione e di indignazione è enorme: non si può morire a 26 anni per portare a casa lo stipendio scandisce il segretario Massimiliano Paglini Morti e infortuni sul lavoro non possono essere considerati un qualcosa di ineludibile. Dobbiamo mobilitare ogni donna e ogni uomo di questo territorio per fermare questa strage. Chiediamo prima di tutto l’aumento del personale dello Spisal, degli ispettorati del lavoro e di tutti i soggetti preposti alla vigilanza. Allo stesso tempo è fondamentale prevedere percorsi obbligatori e propedeutici di formazione, destinati anche al personale esperto».
Secondo l’ultimo osservatorio Cgil e Inca Treviso, nel 2023 si sono verificati – prima del tragico caso di Anila – 10 incidenti mortali sul lavoro in nove mesi, tanto che in un solo anno la provincia è passata dal 92esimo al 53esimo posto nazionale
I sindacati puntano il dito sulla carenza degli addetti al controllo. Secondo Maria Domenica Pedone, direttrice facente funzione dello Spisal, servizio prevenzione igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Ulss 2, non dipenderebbe solo da quello, ma anche da tanti fattori non ponderabili. Comportamenti umani in primis.
Direttrice, la carenza di personale deputato al controllo nelle aziende è assodato, qual è la situazione sul numero degli addetti Spisal?
«Certamente lo Spisal dell’Ulss 2 come tutte le strutture sanitarie italiane, sta soffrendo di questo: ci sono 24 tecnici in servizio all’Ulss 2 su un fabbisogno ottimale di 32 professionisti, i medici in servizio sono tre quando dovrebbero essere almeno sei».
Da cosa dipende?
«Innanzitutto non dall’Ulss. Il 5 luglio scorso abbiamo fatto un concorso per inserire otto medici, si sono presentati in due, di cui uno specializzando. Per quanto riguarda i tecnici, sempre durante l’estate è stato fatto un concorso, ora li stiamo chiamando.
I tecnici in graduatoria stanno ricevendo i telegrammi per l’incarico, ma non so se riusciremo ad arrivare a 32, perché le figure disponibili sono poche e fanno più concorsi e quindi poi se le accaparrano le strutture più vicine alla residenza o quelle più veloci nelle chiamate, oppure vengono catturati dal privato che ha maggiore capacità di offerta economica rispetto al pubblico, dove vigono i contratti nazionali. Quindi non è volontà dell’Ulss non assumere nuovi tecnici. Oggi non sappiamo quanti accetteranno».
Nella pratica, qual è il ruolo?
«Il tecnico si occupa di vigilanza e di assistenza nelle aziende e nei cantieri. La vigilanza in occasione dell’infortunio è solo una minima parte. I tecnici escono tutti i giorni su programmazione fatta in base agli obiettivi che il servizio si è dato all’inizio dell’anno o secondo i piani mirati di prevenzione della Regione e che possono riguardare alcuni settori produttivi rispetto ad altri. In questo momento ci stiamo occupando del comparto del legno, metalmeccanica e logistica. I piani prevedono una serie di azioni formative e informative, di assistenza alle imprese e la vigilanza finale fatta dai tecnici della prevenzione. Poi ci sono delle vigilanze attuate anche sulla base degli esposti che ci arrivano da privati cittadini o dai lavoratori, che scorgono anomalie in azienda e ci scrivono anche in forma anonima».
Riuscite ad assolvere al vostro compito anche con meno personale?
«Da gennaio abbiamo ispezionato più di 400 cantieri e 1. 200 aziende. È ovvio che sul totale delle aziende presenti non sono numeri enormi, ma anche se noi avessimo il numero ottimale di tecnici non arriveremmo mai al rapporto uno a uno per ogni azienda. Ci potrà sempre essere quella che sfugge al controllo e nella quale si verifica un infortunio».
Quindi, perché accadono gli infortuni sul lavoro?
«Manca la vigilanza, ma molto spesso per cause comportamentali e organizzative interne all’azienda anche estemporanee, ad esempio succedono perché quel giorno si decide di fare una lavorazione in maniera diversa rispetto al solito e non si è preparati».
La Tribuna di Treviso