Un’impiegata incinta, i suoi due titolari, un investigatore privato e un presunto amante magazziniere. Non sono i personaggi di una spy story ma i protagonisti di un processo che si è aperto ieri in tribunale a Treviso.
Alla sbarra l’investigatore privato Matteo Milillo, 33 anni di Conegliano, e i due imprenditori Alvise Dozza, 43 anni e la moglie Roberta De Conto 47 anni, titolari della «D&D Dozza srl», azienda di cornici con sede a Farra di Soligo nel Trevigiano, imputati del reato di tentata estorsione. Secondo la procura, infatti, i tre dopo avere scoperto la gravidanza dell’impiegata, l’avrebbero minacciata: «O ti dimetti o mandiamo all’aria il tuo matrimonio».
I fatti risalgono al giugno del 2009 quando, dopo due periodi a tempo determinato, l’impiegata era stata assunta definitivamente. Pochi giorni dopo la firma del nuovo contratto, l’annuncio della gravidanza e la richiesta di maternità. E i due titolari, sentendosi traditi dalla dipendente, avrebbero addirittura assoldato un investigatore privato per indurre la donna a licenziarsi. I tre, secondo quanto ricostruito nel capo d’imputazione, sarebbero arrivati a minacciarla, asserendo di avere in mano «elementi compromettenti che avrebbero rovinato il suo matrimonio». In particolare gli inquirenti contestano all’imprenditrice Roberta De Conto, una telefonata avvenuta il 30 giugno del 2009, durante la quale avrebbe detto alla dipendente che se non si fosse dimessa, avrebbe rivelato al marito fatti che era meglio non sapesse e in particolare una presunta relazione con un magazziniere della stessa azienda, scoperta dai titolari perché i due sarebbero stati immortalati dalle telecamere di sorveglianza. A rincarare la dose, ci avrebbe pensato poi l’investigatore privato Milillo che, il 14 luglio, si sarebbe presentato a casa della ragazza, peraltro sua amica, dicendole che avrebbe fatto meglio a dimettersi, «essendo stata pedinata da tempo ed essendo stati messi a disposizione dei datori di lavoro documenti e foto compromettenti». E ancora, il 18 luglio, l’investigatore avrebbe ribadito il concetto, aggiungendo che «per evitare fastidi avrebbe dovuto firmare la lettera di dimissioni».
Per nulla intimorita dalle minacce, l’impiegata non solo non si è dimessa ma li ha denunciati. Al termine delle indagini, la procura ha trovato riscontri e ha chiesto, ottenendolo, il rinvio a giudizio di Dozza, De Conto e Milillo. L’accusa è quella di tentata estorsione sia per i due imprenditori, difesi dall’avvocato Pietro Barolo, sia per il detective, che però si difende: «Il ruolo del mio assistito non è quello che gli viene contestato – spiega l’avvocato Domenico Riposati -. Milillo è stato chiamato a intervenire per accertare se la dipendente fosse a casa durante il periodo di malattia e, data la loro amicizia, ha solo provato a mediare tra lei e l’azienda. Tra l’impiegata e i signori Dozza c’erano state, infatti, altre denunce pregresse e l’intera vicenda si colloca nel contesto di una difficile vertenza tra titolare e dipendente. Per questo la signora, inizialmente, era intenzionata ad andare avanti e godere del suo diritto alla maternità. In una delle visite successive, però, la stessa impiegata ha manifestato al mio assistito l’intenzione di licenziarsi e lui si è preso l’incarico di organizzare un incontro con la ditta».
Nessuna minaccia quindi, secondo la difesa, sarebbe mai stata fatta dall’investigatore privato: «Abbiamo la registrazione audio della conversazione – conclude l’avvocato Riposati -. Nel file audio, che produrremo in dibattimento, si sente chiaramente che lui voleva solo consegnarle una convocazione a un incontro con l’azienda».
Milvana Citter – Corriere del Veneto – 20 settembre 2012