«Non mi visitò neppure». Impiegato 42enne per 2 settimane fra la vita e la morte: vuole un risarcimento da 52mila euro
Curato per quasi una settimana a tachipirina e sciroppo. Poi, quando le sue condizioni si sono aggravate, la corsa al pronto soccorso e la diagnosi: polmonite bilaterale causata dal virus dell’aviaria. Lui, un impiegato 42enne di Spresiano, è rimasto per due settimane tra la vita e la morte in Rianimazione. Una volta dimesso, ha deciso di fare causa al suo medico, accusato di aver sottovalutato i sintomi.
«Non l’ha mai visitato nonostante l’aggravarsi del quadro clinico», dice l’avvocato Francesco Burighel, il legale dell’impiegato che ha chiesto al dottore un risarcimento di 52mila euro. «È un caso emblematico di malasanità – precisa il legale – il mio cliente ha rischiato di morire e ora vuole giustizia. Il medico non ha voluto sentire ragioni e non ha risposto ai nostri tentativi di trovare un accordo bonario».
Resta il fatto che la causa è stata iscritta a ruolo. A fine anno il giudice metterà a confronto le tesi dell’avvocato Burighel e quelle dell’avvocato Francesco Bonifacio che assiste il medico: poi deciderà come procedere. Al centro della causa civile ci sono i fatti accaduti tra inizio gennaio e fine febbraio 2011.
Il 3 gennaio il 42enne avverte i primi sintomi di uno stato influenzale. Si reca comunque al lavoro all’Olivetti di San Biagio, ma è costretto a tornare a casa. Ha 38,5 di febbre. Il mattino seguente si reca dal medico Bigolin che lo rassicura e gli ordina tachipirina e uno sciroppo. Ma le condizioni del 42enne peggiorano. L’uomo così ricontatta il medico che lo tranquillizza. Il 7 gennaio il 42enne, sempre più debilitato, torna dal medico che gli consiglia di prendere un antibiotico. «Anche in quell’occasione – spiega nella richiesta di risarcimento l’avvocato Burighel – il medico non visitò il cliente, nonostante l’aggravarsi del quadro clinico». Il 9 gennaio, consigliato dai familiari, il 42enne fa intervenire la guardia medica che gli consiglia di recarsi al pronto soccorso. Sei giorni a tachipirina e sciroppo non sono serviti a niente. Il giorno successivo, in ospedale, gli viene diagnosticata la polmonite bilaterale causata dal virus dell’aviaria e viene ricoverato in medicina. Il 12 gennaio, a causa di complicazioni e difficoltà respiratorie, il quadro clinico precipita e il 42enne viene trasferito in rianimazione dove resta, in condizioni critiche, fino al 26 gennaio quando l’incubo finisce. Solo il 14 febbraio il 42enne esce dall’ospedale. Poi si rivolge all’avvocato Burighel che, interpellati alcuni medici legali, avvia la causa per “l’omessa tempestiva diagnosi della polmonite bilaterale” determinata dall’aviaria. Accusa che il medico non ha neppure preso in considerazione, ma che lo farà finire in tribunale. Toccherà ora al giudice decidere chi ha ragione.
Il Gazzettino – 16 giugno 2013