di Renzo Mazzaro. Un anno fa l’inchiesta della magistratura sulla Mantovani, la più grossa azienda di costruzioni del Veneto, dava la sveglia al Veneto ma soprattutto al legislatore regionale, che si era appisolato sui sistemi di affidamento dei lavori pubblici. Il soprassalto fu tale che i 60 consiglieri si lanciarono ventre a terra in tre direzioni diverse di auto-indagine
La giunta Zaia mise al lavoro un nucleo ispettivo per trasmettere ai magistrati carte che questi ultimi, per lo più, avevano già; il Consiglio s’inventò una manovra a tenaglia, incaricando la Prima commissione di indagare a 360 gradi e concentrando su una Commissione speciale i nodi più scottanti. Purtroppo la tenaglia non ha retto alla stretta: la Prima commissione, presieduta da Valentino Toniolo e interessata da un mero documento d’indirizzo, è scomparsa subito di scena. Tutto il lavoro di auto-indagine è rimasto incardinato sulla Commissione speciale. La compongono 5 consiglieri di maggioranza: Giancarlo Conta, Giovanni Furlanetto, Cristiano Corazzari, Moreno Teso, Carlo Alberto Tesserin. E 4 di minoranza: Antonino Pipitone, Gustavo Franchetto, Pietrangelo Pettenò e Stefano Fracasso, che è anche presidente. Lecito chiedersi a un anno dall’inchiesta a che punto siano i lavori. Al punto morto inferiore, risponderebbero in una scuola guida: la Commissione è in stato confusionale. I componenti di maggioranza non rispecchiano più i partiti che li hanno nominati perché il Pdl è suddiviso in tre raggruppamenti ondivaghi e anche la Lega ha subìto defezioni. Alcuni commissari si aspettano un rimpasto. Altri pensano di essere stati azzerati. Non manca chi sostiene che in una commissione ispettiva non dovrebbe cambiare niente in ogni caso. Stefano Fracasso aspetta che il capogruppo della Lega Federico Caner comunichi il sostituto di Giovanni Furlanetto, passato al gruppo misto. Sarà Caner stesso, ma Furlanetto nulla sa e attende chiarimenti ufficiali, forse da Diego Bottacin, presidente del gruppo misto. Nel frattempo l’attività della commissione è saldamente bloccata da un mese e passa. Potremmo considerarlo l’intervallo tra il primo e il secondo tempo e approfittare per raccogliere commenti negli spogliatoi. I commissari sono tenuti al segreto istruttorio ma, restando sulle generali, qualcosa si tira fuori. Le opere esaminate sono l’ospedale all’Angelo di Mestre, l’ospedale di Santorso nell’Alto Vicentino, i project ospedalieri in corso a Verona e a Este-Montagnana ma anche quelli di Treviso e di Castelfranco (benché concluso). La tipologia dei contratti non è la stessa: a Mestre e a Santorso la proposta è venuta dal soggetto privato, gli altri project sono classificati come concessioni che muovono da una progettazione pubblica. L’Usl di Venezia-Mestre ha contestato il Centro Protonico, un project da 159 milioni che si può considerare tramontato. Sono state esaminate anche le infrastrutture stradali costruite o da costruire. Restano da affrontare i lavori pubblici di difesa del suolo. Le informazioni vengono acquisite dal personale regionale, obbligato a rispondere senza la barriera del segreto d’ufficio. In particolare i responsabili del Nucleo valutazione investimenti (Nuv) e la Commissione regionale investimenti tecnologie edilizia sanitaria (Crite). Interesserà sapere che il Nuv valuta i piani finanziari dei project ma la valutazione non è prescrittiva. Come dire: sono l’ufficio che dà il via libera ma non conto niente, dunque che via libera sto dando? «Emerge quello che sapevamo: i project nella sanità sono tutti incongruenti, i funzionari non sanno dirci nemmeno quanto spendiamo», sbotta Antonino Pipitone, Idv, che è anche medico. «Manca la normativa, non si capisce in capo a chi sia la responsabilità. È tutto uno scaricabarile tra uffici. Ci sono vuoti normativi che vanno assolutamente sanati. È una situazione molto seria». «Non abbiamo fatto altro che ascoltare relazioni e pareri, stiamo brancolando nel buio», rincara la dose Moreno Teso, Ncd. «L’unica certezza è che i project in sanità sono fuori controllo. Per uscire da questa situazione ci vuol altro che una commissione». «Si scontrano due linee, chi punta all’insabbiamento e chi vorrebbe portare a casa qualche risultato. Questa l’idea che mi sono fatto fin dall’inizio», dice Pietrangelo Pettenò, Sinistra veneta. «Ricordiamo com’è nata la Commissione: sotto la pressione della magistratura, non si poteva dire di no. Così abbiamo varato l’inchiesta e la prima commissione è stata incaricata di fare un’indagine a tappeto. Sembrava un muoversi tutti, ma per stare fermi». La commissione ha escluso dall’indagine i cantieri del Mose, anche se il Mose è il più grosso centro di spesa di denaro pubblico nel Veneto. Come mai? «Al momento è così», ammette Pettenò, senza darsi una risposta. Perplesso anche il vicepresidente Giancarlo Conta, Ncd : «Non c’è il Mose, non c’è il rigassificatore, mancano le grandi opere. Eppure erano nella scaletta iniziale della commissione. Ciò non toglie che abbiamo fatto un grande lavoro, saremmo addirittura pronti a portare le conclusioni in aula». Frena il presidente Stefano Fracasso: «Abbiamo altri 6 mesi di lavoro davanti. Ci siamo concentrati sui project: il nostro obiettivo è capire che tipo di strumenti di controllo è stato attivato rispetto agli obblighi contrattuali. Il settore più delicato è quello della verifica sui servizi sanitari, che in alcuni casi sono dati in concessione ai privati. In generale bisognerà arrivare a separare il costo dei muri da quello dei servizi, altrimenti non sai mai cosa stai pagando, se i muri o i servizi». Qui è d’accordo anche Conta: «Il project è una grande idea, i problemi cominciano quando i privati consegnano l’opera. È la gestione che diventa difficilmente controllabile». Fino a portare i pagamenti delle Usl su tassi usurari? «Con gli interessi di oggi sì, ma quando siamo partiti i tassi erano di ben altro livello». E non andrebbero rinegoziati senza tante storie? «In effetti le convenzioni hanno qualche lacuna».
Il Mattino di Padova – 14 marzo 2014