Il Ttip non è tramontato: «Il negoziato sta entrando in una fase cruciale». La Commissione europea respinge l’interpretazione del vicecancelliere tedesco e ministro dell’Economia, Sigmar Gabriel, che domenica scorsa aveva detto che i negoziati tra Ue e Stati Uniti sul Trattato di libero scambio, il Ttip appunto, sono ormai «di fatto falliti».
Bruxelles «è pronta a chiudere l’accordo entro la fine dell’anno, purché le condizioni siano quelle giuste», ha spiegato ieri il portavoce Margaritis Schinas, sottolineando che l’esecutivo Ue non ha però intenzione di «sacrificare gli standard di sicurezza, di salute, sociali e di protezione dei dati o la diversità culturale» europei. Proprio qui sta il punto sollevato da Gabriel: «Noi europei — ha dichiarato alla rete Zdf — non possiamo accettare supinamente le richieste americane» quindi «non ci sarà alcun passo avanti». Ma è lo stesso portavoce della cancelliera tedesca Angela Merkel a stemperare il clima, spiegando che i negoziati sul Ttip vanno avanti «e abbastanza spesso le cose decisive avvengono nel round finale», pur riconoscendo che «non c’è disaccordo» con Gabriel sul fatto che Bruxelles e Washington sono in contrasto «su diverse questioni importanti».
Il Ttip è stato criticato in diverse occasioni anche dalla Francia, ma la Commissione Ue ricorda che il presidente Jean-Claude Juncker ha ricevuto la conferma del mandato a negoziare con gli Usa da parte di tutti i Paesi membri della Ue anche all’ultimo vertice europeo di fine giugno. E il Consiglio informale Commercio che si terrà a Bratislava al termine di Settembre sarà l’occasione per fare il punto del negoziato con la commissaria Cecilia Malmström.
Calenda: ci vorrà più tempo ma per il nostro export è un accordo essenziale
«Conosco i dubbi di Gabriel (il vicecancelliere tedesco, ndr ) dalla mia ultima visita a Berlino e sono solo in parte condivisibili: è vero che le offerte americane sono ancora insoddisfacenti ed è difficile chiudere l’accordo entro la presidenza Obama, come avevo peraltro detto due mesi fa. Del resto per un’intesa commerciale di queste dimensioni due anni e mezzo di trattative non sono molti». Il ministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda è da sempre un convinto sostenitore del Trattato di libero scambio tra Ue e Usa: «Il Ttip si chiuderà, è inevitabile. Gli Stati Uniti sono i nostri principali partner economici e politici. Se non negoziamo con loro con chi altro dovremmo farlo?».
Eppure il Ttip viene contestato da numerose opinioni pubbliche nazionali. Non solo la Germania, anche la Francia lo ha criticato.
«In alcuni Paesi il rifiuto della globalizzazione si è tradotto nel rifiuto del Ttip. Mentre invece l’accordo tra Unione Europea e Stati Uniti è un antidoto alla globalizzazione così come l’abbiamo vissuta fino ad oggi, perché crea la più grande area di libero scambio nel mondo con standard elevati, che diventano automaticamente globali. È il modo in cui l’Occidente può riprendere in mano il timone della globalizzazione».
Però i timori più diffusi riguardano proprio i nuovi standard, dall’agricoltura all’alimentazione.
«La discussione spesso si è concentrata su falsi miti e temi che non sono neppure previsti dal negoziato, come ad esempio gli Ogm oppure i servizi pubblici, la cultura o i diritti. Ci sono poi ancora molti preconcetti sul livello degli standard americani. Sull’automotive gli Stati Uniti hanno standard più elevanti dei nostri, mentre sulla chimica quelli europei sono più elevati ed è stato chiarito che una convergenza è possibile solo al rialzo».
Chi contesta il Trattato lamenta anche la poca trasparenza dei negoziati.
«È vero che la circolazione di alcuni documenti negoziali è avvenuta in misura troppo limitata, ma è la prima volta che vengono messi a disposizione: a partire dal mandato negoziale, che è stato desecretato dalla presidenza italiana. Serve certo più trasparenza, ma rispetto a tutti gli altri accordi ce n’è di più. Per l’intesa dell’Unione Europea con il Vietnam nessuno ha mai chiesto di vedere nulla. La verità è che la battaglia contro il Ttip ha trasceso il merito dell’accordo ed è divenuta una protesta ideologica contro la globalizzazione e il mercato da cui non è esclusa una buona dose di antiamericanismo».
Dunque si va avanti?
«Certo. Dobbiamo tenere presente che gli Stati Uniti hanno chiuso da poco un accordo importante con i Paesi del Pacifico, l’attenzione di Washington era concentrata lì. Questo è stato il grande errore degli Usa.Il Ttip ha vissuto per lunghissimo tempo una fase di stallo, mentre ha subito un’accelerazione negli ultimi due round negoziali. Ormai è difficile chiudere nei prossimi mesi, ma dobbiamo andare avanti. Per l’Italia questo accordo è essenziale. Gli Usa sono il mercato a più alto potenziale di sviluppo per il nostro export. Durante la presidenza di turno dell’Italia, quando ero alla guida dei ministri Ue del Commercio, avevo proposto di chiudere l’intesa presto su un primo pacchetto e poi di continuare a discutere sul resto. Ma la Commissione Ue entrante allora non se l’era sentita di cambiare l’impostazione del negoziato».
Le posizioni critiche di alcuni Paesi europei possono bloccare il negoziato?
«La Commissione Ue ha avuto il mandato a negoziare il Ttip da tutti i Paesi membri e per l’accordo serve l’unanimità del Consiglio, la maggioranza del Parlamento europeo e di tutti i Parlamenti nazionali. Il processo è molto democratico. È vero che alcuni Stati membri non perdono occasione per fare dichiarazioni critiche ma nessuno ha ritirato il mandato alla Commissione. Resta il fatto che pensare di gestire così l’agenda commerciale della Ue è folle: si intavolano 28 negoziati paralleli si finisce per non chiudere nulla».
di Francesca Basso – Corriere della Sera – 30 agosto 2016