In un mese il destino professionale e giudiziario della virologa padovana Ilaria Capua ha virato di 360 gradi: il 16 giugno ha lasciato il Parlamento e l’Italia per gli Stati Uniti, dove è stata chiamata a dirigere il Centro di eccellenza dedicato a Miami all’approccio «One Health»; alle 14.20 di ieri, in tribunale a Verona, il giudice per l’udienza preliminare Laura Donati ha sancito nei suoi confronti il verdetto di «non luogo a procedere» da tutte le contestazioni che le venivano mosse nell’ambito dell’inchiesta sull’aviaria.
Significa che la dottoressa Capua non finirà sul banco degli imputati per rispondere del presunto traffico illecito dei virus H9 e H7N3 che, per l’accusa, sarebbero stati utilizzati per «produrre in forma clandestina, senza autorizzazione del Ministero, specialità medicinali ad uso veterinario per poi commercializzarle»: il che, secondo il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo (che aprì l’inchiesta a Roma) «determinò il contagio di sette operatori del settore e l’abbattimento di milioni di polli e tacchini».
Chiusa nella Capitale ad aprile 2014, parte dell’indagine era poi finita per competenza nel maggio del 2015 a Verona (provincia in cui sarebbe partita la vaccinazione d’emergenza). Da tale accusa di «tentata epidemia» (che a norma di codice penale si punisce addirittura con l’ergastolo) lo stesso pm scaligero Maria Beatrice Zanotti aveva chiesto nel corso della requisitoria il proscioglimento della Capua e degli altri 15 imputati, mentre aveva sollecitato nei confronti della virologa il rinvio a giudizio limitatamente al reato associativo, alla corruzione e all’episodio di concussione contestato alla Capua, all’epoca (ovvero tra il 2005 e il 2007) responsabile del Centro di referenza nazionale per l’influenza aviaria di Padova: per la procura, la ricercatrice insieme al marito Richard John Currie (funzionario alla Fort Dodge Animal di Aprilia) e ad altri funzionari dell’istituto Zooprofilattico di Padova avrebbe contribuito a creare un cartello fra due società, la Merial e la Fort Dodge Animal, escludendo le altre concorrenti, per la vendita di vaccini veterinari per l’influenza aviaria.
Quest’ultima contestazione, che per il pm si traduceva nel reato di concussione, è stata modificata dal gup in «induzione a dare un’utilità» (articolo 319 quater del codice penale): imputazione da cui la ricercatrice è stata prosciolta «per intervenuta prescrizione». Per tutte le altre accuse, compresa quella più pesante di tentata epidemia, il giudice ha invece stabilito che «il fatto non sussiste» sia per la Capua che per gli altri imputati, tra cui figurava anche Paolo Candoli, manager della Merial Italia Spa, che avrebbe ricevuto illecitamente dall’Arabia Saudita (dove era stato contrabbandato dagli Stati Uniti) il virus H9 nascosto in cubetti di ghiaccio.
«Lasciatemi prima vedere la sentenza, per ora preferisco non commentare – ha risposto ieri la Capua al telefono da Miami con la voce chiaramente emozionata -. Il mio nuovo incarico? Mi trovo benissimo». Tra le prime reazioni quella dell’assessore regionale Elena Donazzan: «Grande gioia, la magistratura ha restituito piena onorabilità a una virologa che ha reso grande il nome dell’Italia nel mondo scientifico internazionale. Tuttavia l’esultanza di questo momento non lenisce il rimpianto per non essere riusciti a trattenere nel nostro Paese questo talento della nostra ricerca».
A difenderla in aula a Verona c’erano gli avvocati Tiburzio e Armando De Zuani, che nella loro arringa hanno rimarcato l’«insussistenza di fatti che risalgono a parecchi anni fa, addirittura a partire dal 1999 in poi». Eppure la Capua era pronta a dire la sua: «Se ci fosse un processo mi difenderò – aveva dichiarato – non temo nulla e non metto le mani avanti. Certo è curioso che una persona venga accusata di traffico di virus dopo più di dieci anni, e soprattutto è strano che questo avvenga quando si trova a lavorare in Parlamento». E ora che lo ha appena lasciato, è stata prosciolta. Da ogni sospetto.
I difensori Tiburzio e Armando De Zuani: «Francamente, questi capi d’accusa non stavano né il cielo né in terra», afferma quest’ultimo «perciò confidavamo nel pieno proscioglimento, che accogliamo senza sorpresa ma con soddisfazione». E ora? «Dal filone originario del tribunale di Roma restano pendenti due processi: a Pavia, dove i reati contestati sono prescritti, e a Padova, dove attendiamo la sentenza dopo la richiesta di archiviazione da parte della pubblica accusa. Previsioni? Mai dire mai, ne abbiamo viste di tutti i colori, però siamo fiduciosi. La dottoressa Capua ha sempre agito nel rigoroso rispetto della legge e i riscontri processuali l’hanno ampiamente evidenziato». Il Corriere del Veneto e il Mattino di Padova
L’intervista a Ilaria Capua di Gian Antonio Stella – Corriere.it – 6 luglio 2016
Giù le mani dalla veterinaria pubblica italiana – Comunicato SIVeMP 23 luglio 2014
6 luglio 2016