Primi segnali dai mercati di un possibile ritorno ad una stagione di difficoltà mentre si profilano altri problemi con le nuove regole sul benessere animale e emergenze sanitarie irrisolte
Per la suinicoltura italiana la lunga stagione di crisi sembrava ormai superata. Le quotazioni dei suini pesanti (160 kg e oltre) avevano iniziato a risalire già dalla scorsa estate raggiungendo quota 1,5 euro al chilo, per poi sfiorare nel novembre quota 1,6 euro. Ma già a dicembre 2012 i bollettini del Cun, la commissione unica nazionale istituita dal Mipaaf con l’intento di migliorare il sistema delle trattative di mercato, segnavano i primi cedimenti del prezzo con quotazioni inferiori ad 1,5 euro. Una tendenza alla flessione proseguita nel gennaio con i bollettini del Cun che riportavano la dicitura non quotato, un segnale delle difficoltà nel raggiungere un accordo fra allevatori e industriali e poi il prezzo sceso a soli 1,302 euro. Il leggero recupero registrato a fine febbraio e confermato a marzo con le quotazioni che però non riescono a superare quota 1,373 euro al chilo, sono la conferma delle difficoltà che il settore deve ancora affrontare. E poco conta guardarsi indietro per ricordare che un anno fa le quotazioni dei suini pesanti erano ancora più basse.
Un nuovo regolamento
Delle tensioni che agitano il settore suinicolo è specchio fedele il nuovo regolamento che si è dato il Cun riducendo da 6 a 2 le possibilità di intervento del Segretario dello stesso Cun per la fissazione del prezzo in caso di difficoltà in un accordo fra le parti. Una riduzione che si accompagna all’aumento da 6 ad 8 del numero di settimane in cui è possibile mettere l’indicazione “non quotato” sui bollettini.
Aziende al collasso
Il quadro che si va delineando desta dunque molte preoccupazioni, come evidenziato da Confagricoltura che ha affidato ad un suo comunicato il compito di denunciare la pesante situazione del settore suinicolo. La lunga stagione di crisi che ha imperversato sugli allevamenti e che anche Agronotizie ha più volte messo in evidenza, ha portato alla chiusura di molti allevamenti e alla riduzione dei capi allevati. Una situazione, ricorda Confagricoltura, che “potrebbe mettere a rischio i prodotti di pregio della nostra tradizione.” Alle attuali difficoltà si aggiungeranno con il prossimo anno i problemi per l’adeguamento degli allevamenti alle norme sul benessere animale, che prevedono l’abbandono delle gabbie per i reparti di maternità. Si rende così necessario, a parere di Confagricoltura, attuare un programma di azione a livello nazionale che da una parte risolva le questioni più critiche, compresa quella sanitaria con i vincoli all’export che ne derivano, e dall’altra promuova i prodotti della filiera. Una richiesta, quest’ultima della promozione delle produzioni suinicole, legittima e forse anche opportuna, ma che richiede soldi, che non ci sono…Con gli spiccioli rimasti è forse meglio impegnarsi nel debellare una volta per tutte la peste suina africana che ancora in Sardegna fa capolino da focolai mai del tutto risolti