Reduci dalla maratona notturna sui banchi del Consiglio i consiglieri regionali tosiani Andrea Bassi, Giovanna Negro, Stefano Casali e Maurizio Conte esprimono qualche soddisfazione per le modifiche apportate al Pdl 23 prima del voto: “Abbiamo contribuito a riscrivere alcune parti della riforma sanitaria – affermano i tosiani – imponendo alla maggioranza una svolta ad “U” su alcuni temi principali come, ad esempio, quello della costituzione con le relative funzioni dell’Azienda Zero e quello delle funzioni socio-sanitarie che è stato completamente rivisto rispetto al testo approvato in Commissione e rimodulato,? conservando l’impostazione imperniata sulle attuali Ulss con relativi Comitati dei Sindaci”.
“Purtroppo la vera schifezza che con le nostre sole forze non siamo riusciti a cambiare – proseguono i consiglieri – è stata la rimodulazione delle Ulss voluta dalla maggioranza. Un calcolo, quello delle 9 Aziende sanitarie nel Veneto, avvenuto con un solo principio orientatore: la forza dei gruppi di potere interni alla maggioranza che ha partorito una riforma schizofrenica dove avremo Ulss diversissime tra loro con ovviamente difficoltà di gestione e quindi di bilanci che non produrranno reali risparmi economici. Considerando che da inizio anno sono già operative le 9 Ulss e il buco nella sanità del primo semestre è stato di poco inferiore ai 600milioni di euro, i nostri dubbi e la nostra preoccupazione rimangono a Legge approvata”.
“Ci hanno accusato di ostruzionismo e campanilismo, ma la nostra non è stata solo una guerra veronese o padovana per ottenere un’Ulss in più (ci siamo battuti anche per mantenere l’Ulss feltrina data la specificità e criticità del territorio bellunese). Ad un certo punto avevamo chiesto, quantomeno, che si tornasse alle 7 Ulss provinciali, in modo da garantire parità di trattamento per cittadini e territorio. Ma così non è stato. La nostra è stata una guerra perché tutti i veneti fossero trattati allo stesso modo. Perché se l’Ulss 15 dell’Alta Padovana è stata un fiore all’occhiello della sanità veneta da esibire in giro per l’Italia come un vanto, oggi la stessa viene assorbita ed annacquata nella mega-Ulss unica padovana? Perché il veronese, ed in particolare l’Ulss 22 che accoglie oltre 12 milioni di turisti all’anno, deve essere discriminato rispetto ad altre aree del Veneto (la parte orientale della provincia di Venezia) che invece ha potuto rimanere autonoma con una propria azienda sanitaria e quindi conservare l’azienda sanitaria invece di finire in un unico ‘calderone’ provinciale? La riforma della maggioranza è talmente squilibrata che crea due Ulss da circa 200.000 abitanti (Rovigo e Belluno), una da 220.000 (Venezia Orientale) , una da 400.000 (Bassano), una da 500.000 (il resto della provincia di Vicenza), una da 700.000 (il resto della provincia di Venezia) e poi tre Ulss da oltre 900.000 abitanti (Treviso, Verona e Padova): una discrepanza numerica di popolazione spaventosa, capolavoro di doppiopesismo che noi abbiamo strenuamente combattuto e avversato con tutte le nostre forze”.
“Ad un certo punto però – commentano i tosiani – siamo stati costretti a mollare, non tanto per stanchezza ma perché ci avevano privato di tutte le armi per continuare a combattere: fantasiose e illegittime interpretazioni del regolamento da parte della maggioranza e “canguri” imbizzarriti, ci hanno fatto decadere gli emendamenti come foglie in autunno. Ma soprattutto, non avevamo più l’appoggio del PD che si era lanciato come primo oppositore di questa riforma ma dopo alcuni incontri con la maggioranza ha improvvisamente deciso di sospendere la battaglia, lasciando correre tutti quegli articoli che fino a ieri i democratici puntavano come ingiustizie o giochi di partito. Con l’improvvisa e silenziosa resa del Pd (in cambio di qualcosa?) che aveva dato ordine al correlatore Sinigaglia di non firmarci più alcun emendamento (ed era l’unico dell’opposizione a poterli firmare), non potevamo più proseguire la battaglia, per il gioco dei numeri. Ora questa confusa e pasticciata riforma entrerà in vigore, ma la norma finanziaria non sta in piedi e saranno dunque i cittadini veneti a bocciarla, tra squilibri e giochi di potere. Per quanto ci è stato possibile abbiamo portato avanti una lezione di lealtà nei contenuti di parte della riforma, non per “careghe”, non per opportunità economico-finanziarie o vantaggi personali, ma per rispetto di tutti i Veneti che hanno il diritto ad avere in ogni angolo della regione i medesimi servizi”.
20 ottobre 2016