Il Sole 24 Ore. Non condannare a un nuovo lockdown le altre cure destinate a chi non è malato di Covid, ma anzi provare a recuperare le prestazioni saltate – milioni di ricoveri, visite e screening – in 20 mesi di emergenza. Eccola la priorità assoluta a cui si punta con lo stanziamento in legge di bilancio di altri 500 milioni, dopo quelli del 2020 che però spesso sono stati spesi dalla Regioni male, poco e in ritardo. Il rischio tra l’altro è che salti di nuovo il banco visto che di fronte a una risalita di contagi e ricoveri alcuni ospedali hanno già cominciato a sottrarre posti letto ad altri reparti. E c’è chi come la Provincia di Bolzano – uno dei territori più colpiti dalla quarta ondata del Covid – ha già deciso di sospendere tutti i ricoveri non urgenti. Insomma i segnali preoccupanti ci sono tutti e lo spettro che si ripeta quanto accaduto nel 2020 torna ad aggirarsi.
L’anno scorso infatti secondo il monitoraggio della Scuola Sant’Anna di Pisa e dell’Agenas sono saltati quasi il 50% degli screening per tumori e si è registrato anche un forte calo dei ricoveri programmati (-24,15%), di quelli in day hospital (-29,66%), degli interventi chirurgici (-26,22%), ma anche di quelli urgenti per infarto (-11,5%), ictus (-12,62%), angioplastica (-14,43%) e by-pass aortocoronarico (-24,5%). Insomma un crollo contro il quale il ministro della Salute Roberto Speranza aveva voluto, già nell’estate di un anno fa, un primo stanziamento di 500 milioni nel decreto dell’agosto 2020 per provare a recuperare le cure saltate. Fondi che però sono stati in diversi casi spesi male e in forte ritardo: i piani regionali che dovevano essere pronti entro settembre 2020 sono arrivati con molti mesi di ritardo e senza un effettivo monitoraggio di quanto speso. Secondo una fotografia della Corte dei conti che risale a giugno scorso le Regioni hanno utilizzato solo il 67% dei fondi (300 milioni su 500 milioni) con alcune Regioni del Sud che non avrebbero speso neanche un euro.
Ecco perché nella manovra sono state inserite delle contromisure per evitare sprechi e ritardi. Con i nuovi fondi anche stavolta le Regioni attraverso le Asl potranno pagare prestazioni extra di medici e infermieri (gli straordinari saranno pagati 80 euro lordi l’ora per i primi e 50 euro, sempre lordi, per gli infermieri). La legge di bilancio prevede anche che fino a 150 milioni potranno essere spesi per acquistare prestazioni dalle case di cura private accreditate. Ma la manovra prevede anche alcuni paletti: il ministero infatti potrà verificare in base alle relazioni inviate dalle Regioni «numero e tipologia di prestazioni oggetto di recupero». E solo nel caso non sussista «un fabbisogno di recupero di liste d’attesa» allora potrà lasciare alle Regioni i fondi non spesi per «lo svolgimento di altra finalità sanitaria». Basteranno queste cautele in più ad evitare il mezzo flop del 2020?
«Questa volta il Covid non può bloccare la cura delle altre malattie – avverte il presidente di Salutequità Tonino Aceti – sarebbe inaccettabile». Aceti sottolinea come i piani operativi delle Regioni sui fondi del 2020 «sono arrivati troppo tardi e sono stati troppo disomogenei negli obiettivi delle prestazioni da recuperare con potenze di fuoco diverse perché qualche Regione ha aggiunto sue risorse, altre no». «L’altro punto debole – avverte il presidente di Salutequità – è stato il controllo da parte centrale più formale che sostanziale. Il nuovo piano in manovra dovrà invece individuare priorità su cui concentrare le risorse, i soldi allocati dovranno essere sbloccati in tranche in base al raggiungimento di un certo numero di prestazioni recuperate». «Bisognerà poi – aggiunge Aceti – indicare di quanto in percentuale le Regioni devono aumentare la produttività per avere uno standard minimo da raggiungere su cui valutare le Regioni». Infine «i cittadini vanno intercettati e non aspettati con una vera presa in carico del paziente dalla diagnosi alla cura. Per tutto questo è necessario che siano approvate delle linee guida nazionali per accompagnare le Regioni e che si faccia partire una campagna informativa istituzionale per convincere gli italiani a riprendersi cura della propria salute», conclude Aceti.