Avvocati in primo piano. I legali devono assistere le parti durante la procedura, sono conciliatori di diritto e se sottoscrivono gli accordi li rendono titoli esecutivi
La nuova mediazione riparte, dopo un profondo maquillage, dal 21 settembre prossimo, proprio dal punto nel quale era stata fermata dalla sentenza 272/2012 della Corte costituzionale. L’obbligo, per determinate controversie, di tentare di trovare un accordo prima di rivolgersi al giudice è stato infatti reintrodotto dal Dl del fare (69/2013) dopo la bocciatura della Consulta delle norme contenute nel Dlgs 28/2010.
Sono state soprattutto le pressanti raccomandazioni Ue derivanti dalla profonda crisi della giustizia civile a richiedere interventi in grado almeno di avviare un percorso virtuoso utile a riequilibrare il rapporto tra domanda e offerta di giustizia, riducendo il tasso di litigiosità e riattivando meccanismi di pacificazione sociale in grado di deflazionare il carico degli uffici giudiziari italiani.
La nuova mediazione è figlia di una complessa sintesi, con soluzioni a tratti contraddittorie. Il testo di riferimento, approvato dal Governo, è infatti transitato dapprima in commissione Giustizia alla Camera, dove ha ottenuto un parere favorevole con molteplici condizioni, e poi nella sessione congiunta delle commissioni Affari costituzionali e Bilancio che, in sede referente, hanno votato una lunga serie di proposte emendative sulle quali poi il Governo ha ritenuto di porre la fiducia.
Ritorna così la mediazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale, ma in una versione sperimentale e, quindi, temporanea (per quattro anni).
Il ruolo dei legali
Nella procedura diventa centrale il compito dell’avvocato. Intanto, agli avvocati è riconosciuto lo status di mediatori di diritto. Le parti, poi, dovranno essere necessariamente assistite da un legale durante tutta la procedura. E, nel caso di accordo conciliativo tra le parti, l’avvocato potrà certificare la conformità dell’accordo stesso alle norme imperative e all’ordine pubblico, attribuendogli così efficacia esecutiva per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
La durata del procedimento non potrà eccedere i tre mesi e già nel primo incontro, qualora fosse dichiarata l’indisponibilità delle parti a proseguire la mediazione, il tentativo svolto sarà ritenuto compiuto per poter procedere giudizialmente; in tal caso le parti non dovranno versare alcun compenso all’organismo di mediazione.
La competenza territoriale
Viene introdotta la competenza territoriale per gli organismi di mediazione; così la domanda di mediazione dovrà essere presentata depositando un’istanza presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia (una norma analoga è stata inserita in materia di liti condominiali con la riforma del condominio in vigore dal 18 giugno 2013).
Dal catalogo delle controversie assoggettate alla mediazione obbligatoria il Dl del fare, rispetto alla prima versione della mediazione, esclude quelle relative alla «responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli e dei natanti». Inoltre, viene inserita una modifica di valenza chiarificatrice e interpretativa precisando che rientrano nell’obbligo non solo le liti derivanti da responsabilità «medica» ma anche «sanitaria».
Il Dl del fare interviene poi anche sul Codice civile risolvendo un problema sorto in sede di prima applicazione della mediazione obbligatoria in materia di usucapione. Viene inserita una disposizione ad hoc (al n. 12-bis dell’articolo 2643, comma 1, del Codice civile) che consente la trascrivibilità dell’accordo che accerta l’usucapione con la sottoscrizione autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato (questa norma è già in vigore dal 21 agosto scorso).
L’ordine del giudice
Poco interesse ha invece suscitato una modifica che potrebbe invece rivelarsi particolarmente rilevante e utile nel nuovo sistema normativo. Il Dl del fare attribuisce infatti al giudice il potere di prescrivere la mediazione alle parti nel corso del processo (in precedenza il giudice poteva solo invitarle a svolgere un tentativo stragiudiziale di mediazione). Si introduce così una nuova condizione di procedibilità (sopravvenuta) per ordine del giudice che potrà operare anche nel giudizio di appello.
Si tratta di una norma che rimette al giudice – valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti – l’effettività di tale canale di accesso alla mediazione (che opera non quale filtro preventivo alle liti, ma successivo e non per questo meno utile ed efficace) e può operare in ogni lite purché abbia a oggetto diritti disponibili.
L’obbligatorietà, quindi, corre su due binari: il primo prevede l’obbligo per legge, è necessariamente ristretto solo ad alcune materie ed è limitato nel tempo per una fase di sperimentazione; l’altro si affida alla valutazione discrezionale del giudice e, per questo, non è vincolato nei contenuti né nei tempi della sperimentazione, ma viene inserito strutturalmente nei poteri istruttori del giudice.
L’opzione volontaria
Resta poi, la possibilità delle parti di vincolarsi alla mediazione mediante forme pattizie che precedono l’insorgenza della lite (ad esempio, inserendo clausole di mediazione nei contratti nelle materie non previste dalla legge come obbligatorie) o di avviare procedimenti di mediazione volontariamente, senza, cioè, che vi sia un obbligo legale né contrattuale. In questi casi la mediazione seguirà anche regole diverse sulla base dei regolamenti di procedura degli organismi di mediazione.
I prossimi passi
Nasce così un nuovo modello di mediazione la cui disciplina primaria richiede una serie di interventi attuativi e interpretativi da parte del ministero della Giustizia. E la nuova disciplina della mediazione diviene un’importante tappa di un percorso evolutivo dei sistemi di alternative dispute resolution (Adr) in Italia e in Europa, che nei prossimi anni farà segnare rilevanti innovazioni. Lungo questo itinerario si segnala la direttiva 11/2013 in materia di Adr per i consumatori, che dovrà essere recepita dagli Stati membri entro il 9 luglio 2015
Il Sole 24 Ore – 9 settembre 2013