Sta per riesplodere una guerra che da mesi si era praticamente addormentata, quella delle quote latte. Il governo, infatti, ha deciso che non è più tempo di traccheggiare e vanno perciò incamerati nelle casse statali i 780 milioni di crediti immediatamente esigibili nei confronti dei produttori di latte cosiddetti “splafonatori” che non hanno regolarizzato le proprie posizioni aderendo alle due leggi che hanno negli anni consentito la “rateizzazione”, la Alemanno (119) e la Zaia (33).
Si tratta di somme esigibili in quanto conseguenza di cause già passate in giudicato, perché in realtà i soldi che lo Stato pretende dagli allevatori sono molti di più. Per procedere sulla strada della riscossione il governo ha ridato ad Agea – l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, deputata a incassare le multe – la facoltà di utilizzare Equitalia, opportunità che era stata tolta ai tempi del governo Berlusconi, quando ministro dell’Agricoltura era Saverio Romano, depotenziando in pratica le capacità dell’Agenzia.
Il primo a lanciare l’allarme è stato il parlamentare leghista Fabio Rainieri, segretario nazionale della Lega Nord Emilia (ma anche titolare con i fratelli di un’azienda agricola inserita nell’elenco dei multati), il quale stigmatizza la decisione del Governo di affiancare Equitalia ad Agea nelle procedure amministrative di riscossione delle cartelle esattoriali legate al presunto splafonamento delle quote latte dando però alla Guardia di Finanza il compito di effettuare le notifiche: “Siamo alla frutta, ma purtroppo ormai a quella marcia. Questa volta Monti ha superato sé stesso – attacca Rainieri -. In pratica il governo ha deciso di usare la Guardia di Finanza per andare contro i Carabinieri. Un paradosso”.
“Fingendo di non sapere che esiste una relazione del nucleo politiche agricole dei Carabinieri che chiarisce tuti gli errori commessi durante l’introduzione del regime delle quote latte e soprattutto che nel nostro Paese non esiste un numero di vacche da latte sufficiente a produrre la quantità che ci viene contestata, Monti sceglie di inviare le Fiamme Gialle nelle stalle”.
“Gli allevatori, caro Monti – attacca Rainieri – non sono evasori. Invece di continuare sula strada sbagliata, mandando la Guardia di Finanza nelle aziende agricole a fare le funzioni dei ‘postini’, il governo farebbe meglio a verificare una volta per tutte l’effettiva produzione di latte andando così a smascherare chi, in tutti questi anni, ha continuato a fare il furbo alle spalle degli altri. E furbi, sia chiaro, non sono gli allevatori”.
“La paura – conclude Rainieri – è che ancora una volta si cerchi di insabbiare e nascondere quello che la Lega era riuscita far venire a galla ma che subito dopo la consegna della relazione da parte dei carabinieri, i soliti poteri forti hanno cercato di nascondere scaricando le colpe, come speso avviene , sull’anello debole della catena: quello dei produttori”.
Il riferimento di Ranieri al possibile scontro Carabinieri-Guardia di Finanza riguarda una famosa relazione dei Cc presso il ministero delle Politiche Agricole (datata 2010) che metteva in discussione l’intero sistema delle quote latte, una relazione i cui contenuti sono per altro sempre stati contraddetti dalle controrelazioni dei tecnici del Ministero e della stessa Agea. Inoltre il documento dell’Arma è stato utilizzato da numerose Procure, sparse per l’Italia, come base per aprire indagini sulla materia, inchieste che per altro non hanno portato finora a sviluppi clamorosi.
I produttori di latte che saranno “perseguiti” dall’accoppiata Agea-Equitalia sono essenzialmente della pianura padana, e in buona parte rappresentano il drappello di “duri e puri” che negli anni si sono sempre affidati alla “protezione politica” della Lega e di Umberto Bossi per tutelare le proprie posizioni, salvo comunque ritrovarsi a volte condannati in alcuni processi. Bisognerà verificare se anche il neo-segretario Roberto Maroni terrà lo stesso atteggiamento, anche se la presa di posizione di Ranieri, uno dei colonnelli maroniani, potrebbe indurre a una risposta affermativa.
A margine della vicenda c’è da registrare anche la situazione kafkiana in cui è venuta a trovarsi Agea, fino all’estate scorsa presieduta dal professore leghista Dario Fruscio e che, a seguito del decreto governativo sulla spending review, è stata in parte smembrata con il passaggio del settore “coordinamento” direttamente al Ministero. Ciò ha consentito di cancellare gli organi statutari – presidente e consiglio di amministrazione – e di sostituirli con un direttore generale di rappresentanza legale, nella persona di Guido Tampieri, ex assessore Pd all’Agricoltura della Regione Emilia Romagna ed ex sottosegretario all’Agricoltura dle governo Prodi, fortemente voluto dal ministro tecnico Mario Catania (il quale si dice in questo modo abbia voluto accreditarsi presso il segretario Bersani per una candidatura in vista delle prossime elezioni politiche). Ebbene, in sede di conversione in legge del decreto, sia le Commissioni che l’Aula, hanno rigettato la nomina di Tampieri in quanto la stessa non è avvenuta seguendo il percorso previsto per legge nei casi di enti pubblici non economici come Agea. Il governo e il ministro Catania hanno risposto revocando l’indicazione di Tampieri come direttore generale e nominandolo contestualmente commissario straordinario. Ma l’assurdo è questo: che Tampieri sarebbe commissario di un direttore generale che non c’è mai stato, in quanto la mancata conversione in legge di questa parte del decreto riporta la situazione allo stato originario, quindi all’Agea pre smembramento. L’ennesimo pasticcio intorno a un’Agenzia che in questi ultimi anni è stata letteralmente massacrata da commissariamenti di pura ispirazione politica.
Leggi anche “Ancora a rischio l’operatività dell’Agea”
di GIANMARCO LUCCHI – L’indipendenSa quotidiano online