Il settore resta ‘a galla’ solo grazie ai massicci aiuti del governo che usa i fondi per i danni dello tsunami.
TOKIO – L’industria della pesca alle balene giapponese e’ allo stremo e, secondo un rapporto pubblicato oggi dall’ International Fund for Animal Welfare (Ifaw) che si basa su dati resi noti dal governo giapponese, deve essere sostenuta da sovvenzioni pubbliche. Origine della crisi il calo dei consumi di carne di balena, una volta estremamente popolare nella cucina dei giapponesi che oggi preferiscono differenziare il loro fabbisogno di proteine.
IL RAPPORTO. Ifaw, che e’ contraria alle sovvenzioni governative, sostiene nel suo rapporto che lo scorso anno al settore della pesca alle balene sono stati dirottati fondi per oltre 17 milioni di euro che in un primo tempo erano stati stanziati per i danni provocati dallo tsunami del marzo 2011. L’istituto propone quindi al governo di Tokio vincolare le sovvenzioni alla trasformazione delle baleniere in imbarcazioni per il ‘whale watching’, a disposizione della ricerca e del turismo. ”La caccia alle balene, si sostiene nel documento, e’ un’attività’ in perdita che sopravvive solo grazie ai sussidi governativi”.
LA PROTEZIONE DEI POLITICI. L’opzione non sembra facilmente praticabile: nonostante l’opposizione di Paesi come l’Australia e la Nuova Zelanda, la caccia alle balene resta una delle attività significative della flotta da pesca giapponese, protetta dai politici che hanno il loro bacino elettorale nelle comunità costiere dove insistono le infrastrutture cantieristiche e di lavorazione del pescato. Il consumo di carne di balena e’ crollato all’1% rispetto al picco degli anni 60, il Paese cattura circa 950 cetacei l’anno e l’invenduto e’ di circa 5000 tonnellate all’anno.
SEA SHEPERD. La flotta baleniera giapponese non e’ riuscita ancora ad uccidere una sola balena, nell’annuale caccia ‘scientifica’ di ogni estate australe nei mari antartici, trasformatasi in un duello ad alta velocità con gli ecopirati di Sea Shepherd, che quest’anno usano tattiche sofisticate, con droni ed elicotteri. ”Stiamo inseguendo la flotta giapponese e non hanno ancora sparato un solo arpione”, ha detto il comandante Paul Watson, fondatore del gruppo, parlando per telefono satellitare dall’ammiraglia Steve Irwin. La campagna di quest’anno, la nona, soprannominata Operazione Tolleranza Zero, e’ la più grande finora, con quattro navi e oltre 120 manifestanti-marinai. Sea Shepherd dichiara di aver salvato le vite di 4.000 balene nelle ultime otto stagioni, con campagne di disturbo sempre più incisive. ”Non tollereremo la morte di una sola balena”, ha ribadito Watson. La flotta giapponese copre attualmente un’area di centinaia di chilometri quadrati attorno all’isola australiana di Macquarie, 1.400 km a sudest della Tasmania. Una delle navi di Sea Shepherd, la Brigitte Bardot, ha intercettato la settimana scorsa la nave arpionatrice Yushun Maru tre, a nord rispetto ai banchi di krill di cui si nutrono le balene. ”La latitudine in cui l’abbiamo trovata e’ lontana dal continente antartico e dato che le grandi concentrazioni di balene si trovano vicino alla costa, significa che non hanno ancora cominciato la caccia”, aveva annunciato su Twitter il comandante Jean Yves Terlain. La scorsa estate il Giappone, che sfrutta una scappatoia del Trattato baleniero internazionale, era stato costretto a interrompere prematuramente la caccia ‘scientifica’ a causa degli attacchi di Sea Shepherd, dopo aver catturato appena 172 balene, un quinto della quota prefissata.
7 febbraio 2013 – Ansa