Slitta al prossimo consiglio dei ministri l’approvazione in prima lettura del decreto legislativo che modifica il testo unico del pubblico impiego. Ma le bozze che sono in circolazione in questi giorni presentano già parecchi spunti interessanti. Tra questi, è di rilievo una norma che, integrando il disposto dell’articolo 40 del decreto legislativo 165/2001, mira a semplificare la costituzione e l’utilizzo del fondo per il salario accessorio, problematica particolarmente presente negli enti locali. Lo scopo dell’intervento legislativo è più che onorevole in quanto oggi la costituzione richiede un lavoro certosino e non del tutto semplice, che trova le origini in dati e documentazione che risalgono a 20-25 anni fa. La modifica in corso di approvazione prevede il riordino, la razionalizzazione e la semplificazione della disciplina in materia di dotazione e di utilizzo dei fondi destinati alla contrattazione integrativa. Le norme attuative sono rimesse alla contrattazione collettiva nazionale. Ma quali sono gli scenari possibili?
Intervenire in materia di costituzione, al fine di semplificare, può voler dire consolidare una parte del fondo maturata a una determinata data.
Questa strada viene prospettata dalla stesso intervento normativo, con riferimento alla parte variabile del fondo. Ma consolidare può voler dire legittimare tutte le poste presenti, anche quelle non correttamente calcolate. Nella parte fissa del fondo per le risorse decentrate degli enti locali sono spesso presenti incrementi derivanti dall’aumento di dotazione organica i quali, a ben vedere, non sempre sono sorretti dai previsti presupposti normativi. Allo stesso modo nella parte variabile l’applicazione dei commi 2 e 5 dell’articolo 15 del contratto nazionale del 14 settembre 1999 è spesso risultata molto discutibile, sempre in ordine alle fattispecie che legittimano l’inserimento di queste risorse. Quindi, consolidare può voler significare condonare tutti questi comportamenti che spesso rappresentano il tallone d’Achille dei fondi.
E la conferma di questi incrementi di parte variabile non del tutto legittimi può essere confessata con il consolidamento. Come può essere reso duraturo nel tempo un importo che, per propria natura, dovrebbe variare di anno in anno? Evidentemente le somme erano, in origine, poco variabili. Inutile nascondersi che in molti casi queste somme hanno, di fatto, integrato nel tempo le risorse disponibili consentendo una pace sociale che ha permesso alle amministrazioni di raggiungere i propri obiettivi senza conflitti con le organizzazioni sindacali.
In effetti, in molti enti i fondi variabili hanno assunto importi considerevoli, tanto che oggi risulta difficile pensare alla loro eliminazione senza dover sopportare un contraccolpo nella macchina organizzativa. I verbali del servizio ispettivo dimostrano come i sindaci preferiscano forzare la mano, rischiando il danno erariale, piuttosto che non poter realizzare il programma di governo mettendosi in contrasto con tutti i dipendenti.
In questa situazione, un “condono tombale” che fissi in modo certo l’ammontare del fondo ad una determinata data può essere una soluzione concreta con un evidente risvolto della medaglia: ancora una volta chi ha applicato il contratto collettivo in modo puntuale non verrà premiato a favore di quelli che hanno anteposto altre finalità al rigore normativo.
Il compito che attende i contratti nazionali, insomma, non appare semplice nemmeno da questo punto di vista, tanto più che i criteri indicati per la «semplificazione» appaiono suscettibili di svariati orientamenti applicativi.
Le assenze bloccano gli aumenti dei fondi. Incrementi vietati se le presenze in servizio sono inferiori alla media del settore e della Pa in generale
Le amministrazioni possono integrare le risorse destinate al trattamento economico accessorio del personale solamente se hanno rispettato il pareggio di bilancio e il tetto alle spese per il personale. Ma queste risorse devono essere ridotte nel caso in cui si registrino tassi di assenza dei dipendenti superiori ai dati medi nei periodi di punta o nei giorni in cui sono possibili i “ponti” tra due festività. Con la contrattazione nazionale dovranno essere semplificati i meccanismi di costituzione dei fondi per la contrattazione decentrata e le amministrazioni che rispettano i vincoli alla spesa del personale potranno consolidare, nel rispetto del tetto complessivo di spesa, le risorse variabili se da ciò si potranno determinare effetti positivi sulla continuità dei servizi erogati.
Sono queste le più importanti indicazioni dettate in tema di risorse per la contrattazione decentrata dallo schema di decreto legislativo di riforma del testo unico delle leggi sul lavoro pubblico in attuazione della legge 124/2015, che dopo lo slittamento della scorsa settimana è atteso nei prossimi giorni in consiglio dei ministri per l’approvazione preliminare.
Sono confermate le disposizioni contenute nel testo attualmente in vigore del decreto legislativo 165/2000, per cui l’integrazione dei fondi per la contrattazione decentrata è subordinata al rispetto sia dei vincoli del pareggio di bilancio sia del costo del personale sia delle disposizione di contenimento della spesa.
La novità di grande rilievo è il vincolo che viene chiesto ai contratti collettivi nazionali di lavoro di vietare alle singole amministrazioni la possibilità di dar corso all’aumento del fondo per la contrattazione decentrata nel caso in cui nell’ente si sono registrate punte anomale di assenza del personale.
In particolare, questo divieto si applica nel caso in cui le assenze sono state superiori alla media nazionale delle pubbliche amministrazioni e di quelle dello stesso settore nei periodi in cui occorre garantire la erogazione di servizi ai cittadini, nonché nelle giornate precedenti o successive a quelle festive o di riposo settimanale.
Questa penalizzazione opererà per il complesso dell’ente, e non per i singoli dipendenti, nell’anno successivo a quello in cui si sono registrate punte anomale di assenza.
Assume inoltre un grande rilievo la delega che viene data alla contrattazione nazionale alla semplificazione dei meccanismi di costituzione dei fondi per la contrattazione decentrata integrativa. Accanto a questa disposizione di principio, peraltro quanto mai opportuna, lo schema di decreto legislativo consente agli enti che hanno rispettato i tetti di spesa del personale, di consolidare le risorse variabili.
Questa possibilità sarà utilizzabile a condizione che non si determinino oneri aggiuntivi e deve essere finalizzata allo scopo di garantire la continuità dei servizi erogati.
Con l’entrata in vigore del decreto dovrebbero venire meno i vincoli del tetto del fondo della contrattazione decentrata e della sua riduzione in caso di diminuzione del personale tenendo conto delle capacità assunzionali, ma il testo non contiene alcuna disposizione per la fase transitoria, in particolare per i fondi del 2017.
Il Sole 24 Ore – 20 febbraio 2017