La sperimentazione sugli animali è, tutt’oggi, un elemento imprescindibile per la ricerca scientifica. A dichiararlo, Silvio Garattini, direttore dell’Istituto Mario Negri, in audizione al Senato
Garattini ha sottolineato che l’Italia ha una legislazione “tra le più severe del mondo”, che obbligano ad adottare “tutte le precauzioni affinché sia evitata qualsiasi sofferenza agli animali che entrano in sperimentazione”.
La sperimentazione sugli animali è, tutt’oggi, un elemento imprescindibile per la ricerca scientifica. A dichiararlo, Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche ‘Mario Negri’ nel corso dell’audizione che si è svolta ieri presso la 14° Commissione del Senato nell’ambito dell’esame per il recepimento della legge comunitaria sull’utilizzo degli animali nella sperimentazione scientifica.
Tre, secondo Garattini, i punti da considerare. Il primo riguarda l’orientamento della comunità scientifica internazionale, secondo il quale il ricorso agli animali nella sperimentazione scientifica rimane, appunto, a tutt’oggi una necessità. Nel corso degli ultimi cento anni, ha ricordato Garattini, su 98 premi Nobel assegnati per la Medicina e Fisiologia, 75 erano basati su ricerche che coinvolgevano animali. Basti pensare a quello assegnato nel 2008 per le ricerche sull’HIV e l’HPV o a quello del 2005 sull’Helicobacter o a quello del 2010 per le ricerche sulla fecondazione in vitro e il trasferimento di embrioni. “E’ del tutto ovvio che gli animali sono dei modelli, ma rappresentano delle approssimazioni necessarie che non possono essere garantite dalla sperimentazione in vitro”, ha sottolineato il direttore dell’istituto farmacologico Mario Negri. Che ha poi spiegato come la sperimentazione clinica è la tappa successiva agli studi sulle cellule e negli animali per stabilire gli effetti benefici e tossici non solo dei farmaci ma anche dei dispositivi medici (pace-maker, defibrillatori, organi artificiali, stent, ecc.) e dei componenti nutrizionali. “Questo – ha affermato Garattini – è il percorso che garantisce al paziente di ricevere un trattamento il più possibile sicuro che non sia causa di ulteriore peggioramento delle sue condizioni”.
Il secondo punto riguarda la tutela del benessere degli animali. In questo ambito, ha spiegato Garattini, l’Italia è uno dei Paesi più avanzati da questo punto di vista. “La legislazione italiana, tra le più severe del mondo, prevede che debbano essere adottate tutte le precauzioni affinché sia evitata qualsiasi sofferenza agli animali che entrano in sperimentazione. Va detto inoltre che un animale che soffre è fonte di risultati non attendibili: quindi è nell’interesse del ricercatore stesso studiare animali in condizioni ottimali”. Impedire l’allevamento in Italia di animali (cani, gatti e scimmie) destinati alla sperimentazione scientifica, secondo Garattini, significa solo spostare il problema altrove, diminuendo le capacità di controllo sulle condizioni di vita degli animali assicurate dalla legge italiana e, soprattutto, dagli organi ispettivi che esercitano controlli frequenti e rigorosi.
Il terzo punto riguarda l’armonizzazione delle normative a livello europeo. Secondo Garattini, vale il principio generale per cui l’atto di recepimento non può introdurre norme più restrittive, a meno che non siano preesistenti all’approvazione della Direttiva. Eventuali norme maggiormente restrittive preesistenti possono essere confermate, ma solo nel caso in cui non creino condizioni di disparità rispetto agli altri Stati membri. Non solo: le Direttive UE entrano in vigore indipendentemente dall’emanazione dell’atto di recepimento, e sono pertanto obbligatorie e cogenti. Ne consegue che qualunque norma nazionale in contrasto con la Direttiva sia nulla e vada pertanto disapplicata.
quotiodianosanita.it – 12 aprile 2012