Dal Gorilla di Wall Street, l’ex amministratore delegato di Lehman Brothers Richard Fuld, ad Alan Greenspan, che ha guidato la Federal Reserve negli anni in cui il mercato dei derivati è diventato un mostro finanziario, passando per Alessandro Profumo, stanno tutti decisamente bene
Non solo Draghi e Monti. I tedeschi hanno la guardia alta e la memoria lunga con tutti. Naturale, quindi, che a cinque anni esatti dallo scoppio della bolla dei mutui concessi senza garanzie reali, i cosiddetti subprime, che sono stati la causa remota della crisi che stiamo vivendo ancora oggi, il quotidiano economico tedesco Handelsblatt nei giorni scorsi sia andato a vedere che cosa fanno oggi “i piromani” che hanno dato fuoco alle polveri della crisi del debito. Stanno ovviamente tutti bene e nessuno passa le proprie giornate in galera. Vale comunque la pena ricordare i loro nomi e le loro facce, perché gran parte della colpa di quanto sta accadendo ora è proprio di questi signori.
Richard Fuld Conosciuto tra gli addetti ai lavori come “il Gorilla di Wall Street”, l’ex ad di Lehman Brothers ancora non si capacita come mai il governo di Washington abbia lasciato fallire solo la “sua” banca: “Da quando è successo, mi chiedo come mai abbiano lasciato cadere solo me”, dice a proposito del più grande fallimento nella storia delle bancarotte mondiali che nel settembre del 2008 ha dato inizio alla crisi finanziaria globale. Sotto la guida di Fuld, che nel corso della sua carriera presso la banca d’affari americana ha incassato compensi per complessivi 500 milioni di dollari, Lehman Brothers si concentrò sull’acquisto di mutui subprime – cioè associati a garanzie basse o nulle dei debitori – e sulla loro successiva rivendita, non prima però di averli impacchettati in “obbligazioni salsiccia”, le famose Mortgage Backed Securities (Abs) che una volta diffuse hanno infettato buona parte della finanza globale. Dopo il 15 settembre 2008, Fuld ha lavorato per l’hedge fund Matrix Advisor, uno dei tanti “fondi locusta”, come sono stati comunemente ribattezzati quei fondi d’investimento che operano con l’obiettivo di spremere valore da una società per poi uscire e andarsene a cercarne un’altra per ricominciare il ciclo. Come le locuste, appunto. Successivamente Fuld è passato per Brokerhaus Legend Securities, da cui ha dato le dimissioni all’inzio di quest’anno. Intanto ai creditori Lehman, che in Italia fino all’ultimo era stata guidata da Ruggero Magnoni, arriveranno circa 65 miliardi di dollari, contro richieste per oltre 300 miliardi.
Maurice “Hank” Greenberg A lungo amministratore delegato di Aig, allora la più grande assicurazione al mondo, Greenberg trasformò la compagnia nella maggior emittente di Credit default swap (le assicurazioni contro il crack di una società o di uno Stato), un’attività molto redditizia fino al crollo di Lehman Brothers. Dopo il fallimento della banca d’affari, di Aig non rimase che un mucchio di macerie, il cui salvataggio allo stato americano è costato 180 miliardi di dollari. Oggi Greenberg lavora per la società di private equity CV Starr & Co, il cui nome viene dal fondatore di Aig, Cornelius Vander Starr.
Stan O’Neil L’ex amministratore delegato di Merrill Lynch ha fatto lievitare gli utili della banca d’affari americana puntando sui derivati legati ai subprime, ovvero strumenti speculativi basati su crediti di dubbia qualità. Nel giugno del 2006 ne aveva a bilancio per ben 41 miliardi di dollari. Quando il castello di carte è crollato, Merrill Lynch è stata salvata da Bank of America sotto la regia della Federal Reserve e del governo di George W. Bush. Noto perché aveva al suo seguito alcuni bodyguards il cui unico compito era quello di chiamargli l’ascensore, Stan O’Neil ha lasciato Merrill Lynch con una buonuscita di 160 milioni di dollari e oggi siede nel consiglio di amministrazione di Alcoa, il gigante Usa dell’alluminio che in Italia sta facendo molto parlare di sé per la dismissione dell’impianto sardo dopo aver ricevuto, in 15 anni, 3 miliardi di aiuti dallo Stato italiano.
Adam Applegarth Nel settembre del 2007 nel centro di Londra si assiste a una scena che non si verificava da circa un secolo in Gran Bretagna: lunghe file di persone attendevano davanti alle filiali di una banca per ritirare i propri risparmi. La banca era la Northern Rock e il suo amministratore delegato Adam Applegarth. Il banchiere dovette rassegnare le dimissioni del dicembre dello stesso anno. La sua decisione di puntare tutto sui mutui aveva in un primo momento fatto crescere esponenzialmente gli utili della società (e di conseguenza i bonus dei banchieri) ma nel lungo periodo portò alla catastrofe. La Northern Rock fu nazionalizzata. Applegarth è prima passato in forza del fondo hedge Apollo Management per poi dedicarsi alla Beechwood Property Management, società specializzata nella gestione immobiliare, fondata assieme al figlio Greg.
Fred Goodwin Proprio quest’anno l’ex amministratore delegato di Royal Bank of Scotland, Fred Goodwin, ha subito l’onta di vedersi revocato il titolo di Sir, la più ambita onorificenza inglese. Un incidente di percorso che condivide con il dittatore dello Zimbabwe, Robert Mugabe, ed altri grandi criminali. Goodwin, che si è anche guadagnato il titolo di “peggior banchiere del mondo”, ha portato fino alla nazionalizzazione un gigante come Royal Bank of Scotland, affossandone i bilanci sia con le speculazione sui mutui di dubbia qualità sia con una sconsiderata politica di acquisizioni: pagò l’istituto olandese Abn Amro 100 miliardi di dollari. Goodwin ha iniziato a percepire la pensione a 50 anni con un incasso annuale di 703mila sterline (pagate da Royal Bank of Scotland), poi dimezzato nel 2009 in seguito alle polemiche suscitate dal caso. Dopo il licenziamento dall’istituto britannico ha prestato per breve tempo servizio presso RMJM, il più grande studio di architettura di Edimburgo. Durante la sua permanenza presso la società sono stati licenziati 80 dipendenti.
Kathleen Corbet Fino al 2007 presidente di Standard & Poor’s, la Corbet ha dato un significativo contributo alla truffa dei mutui subprime assegnando il rating più alto (AAA) alle salsicce ABS, che potevano così essere vendute come se fossero prive di rischi. Tanta generosità da parte della Corbet non era disinteressata: le banche che vendevano gli ABS pagavano Standard & Poor’s per avere il rating e, come si suol dire, “il cliente ha sempre ragione”. Oggi lavora per una piccola banca d’investimento che si occupa di progetti nel settore dell’energia.
Alessandro Profumo Amministratore delegato di Unicredit dal 1998 al 2010, è stato il più internazionale dei manager italiani. Non solo ha portato Unicredit quasi al fallimento con la sua strategia di acquisizioni (la più avventata è stata quella di Capitalia realizzata senza fare neanche una due diligence, cioè un’approfondita analisi dei bilanci della banca romana), ma ha introdotto in grande stile in Italia le peggiori pratiche di moda all’estero: la vendita di derivati alle società e agli enti pubblici che non ne avevano assolutamente bisogno e la frode fiscale con il cosiddetto schema “Brontos”, per il quale è stato rinviato a giudizio dal Tribunale di Milano. Nella sua carriera in Unicredit, Profumo non si è neanche fatto mancare la vendita di titoli Parmalat e Cirio e di bond argentini ai correntisti alla vigilia dei rispettivi crack. Dopo aver incassato da Unicredit una buonuscita da 40 milioni di euro, nonostante la banca di Piazza Cordusio abbia dovuto effettuare tre aumenti di capitale in tre anni, Profumo è ora alla guida del Monte dei Paschi di Siena, la più antica banca al mondo in procinto di essere nazionalizzata a causa del suo dissesto finanziario.
Gordon Brown L’allora primo ministro inglese, poco prima dello scoppio della crisi dei subprime, disse che i banchieri avrebbero portato a Londra “una nuova età dell’oro”. Per convincere le banche straniere a spostarsi nella capitale inglese, Brown si impegnò affinché le tasse fossero basse e la regolamentazione del settore ridotta al minimo. Oggi Brown lavora per delle organizzazioni che combattono la povertà infantile.
Bill Clinton Ricordato dai più per le sue sedute nello studio Ovale con Monica Lewinski, l’ex presidente degli Stati Uniti ha assestato un uno-due micidiale alla regolamentazione del settore bancario. Prima ha rivisto il Glass-Steagall-Act, che impediva alle banche di usare i risparmi dei loro clienti per investimenti rischiosi (la cosiddetta separazione fra le banche commerciali e quelle d’affari), in un secondo momento ha varato il Commodity Futures Modernization Act, che conteneva una deregolamentazione dei derivati e in particolar modo dei Credit Deafult Swap. Oggi il marito di Hilary Clinton è un richiestissimo conferenziere e consulente di grandi imprese.
Alan Greenspan Ha guidato la Federal Reserve dal 1987 al 2006 (quando gli è subentrato Ben Bernanke) e sotto la sua presidenza il mercato dei derivati è diventato un mostro finanziario. Con la sua politica di tassi bassissimi, unita a uno scarso controllo del sistema bancario, Greenspan ha favorito la creazione della bolla dei mutui subprime. Lui stesso, in un’audizione presso il Congresso Usa nel 2008, ha ammesso di aver fatto degli errori. Oggi colui che prima del 2007 veniva chiamto il “Maestro” è un consulente molto ben pagato da Picmo, uno dei più grandi gestori di fondi al mondo. Anche Deutsche Bank e il gestore di hedge fund John Paulson si sono serviti dei suoi preziosi consigli.
Il Fatto quotidiano – 3 settembre 2012