Per saperlo bisognerà aspettare fine mese, quando il tavolo sulla riforma dell’accesso a Medicina – presieduto dall’ex rettore della Sapienza di Roma, Eugenio Gaudio – presenterà alla ministra Anna Maria Bernini le proposte per l’oggi e per il domani. Sul primo punto, Gaudio giudica concreto l’aumento del 20-30% annunciato in più occasioni dalla titolare del Mur rispetto ai 14.787 provvisori. Se così fosse si arriverebbe appunto a 18-19mila. «Tradurremo in numeri queste esigenze – spiega Gaudio – . La nostra proposta verrà quantificata in maniera precisa in base a un algoritmo del ministero della Salute con l’aiuto delle Regioni che definiscono i fabbisogni e dell’Istat». Una volta sentiti i tecnici la volontà del ministero andrà incrociata con quella delle Regioni e degli atenei. Interrogato dal Sole 24 Ore del Lunedì il presidente della Crui, Salvatore Cuzzocrea, si dice a favore di un «aumento significativo e sostenibile dei posti nella misura indicata dal ministero».
Il compito che spetta agli esperti è però più ampio. E include una soluzione di medio periodo per superare l’imbuto formativo che si è creato negli anni scorsi. E che almeno per un po’ proseguirà: «La previsione per i prossimi quattro-cinque anni è che il numero dei laureati, cioè di coloro che si sono immatricolati da sei anni fa in poi, sia significativamente inferiore a quello delle cessazioni attese. Sul singolo anno – precisa Gaudio – mancano anche 5mila medici». In quest’ottica è difficile immaginare il superamento del numero chiuso. Peraltro – aggiunge – «da parte di tutti gli stakeholders auditi, dalla federazione dei medici all’Istat, dagli infermieri agli studenti, è arrivato un parere negativo per l’abolizione tout-court del numero programmato. Tutti pensano che nelle condizioni attuali del Paese non sia possibile eliminarlo senza far crollare, da un lato, il livello della formazione e, dall’altro, il riconoscimento europeo del titolo di studio». A suo dire, «adeguando il numero degli iscritti bisognerà adeguare anche numero degli specializzandi». Come? «In primis recuperando le borse che sono rimaste vacanti o quelle abbandonate dopo il primo anno perché, ad esempio, lo specializzando ha rifatto il concorso per entrare in un’altra specializzazione. Stiamo parlando di circa 5mila borse in due anni». Se così fosse anche il numero di specializzandi, nel giro di un paio d’anni, potrebbe dunque arrivare a 19mila.
A stretto giro qualche novità è attesa anche sulle prove in inglese. Mentre per i posti in italiano già da quest’anno si passa ai Tolc del Cisia (a cui il Sole 24 Ore dedica un’intera Guida in edicola domani), che sono aperti anche agli studenti di quarta superiore, per quelli in lingua straniera, è presumibile che nel 2023 si resti sulla prova unica nazionale (ma va individuata la società che se ne occupi, ndr) per poi avviare, nel 2024, la transizione ai Tolc.