Doveva essere una visita di routine per un’influenza, è degenerata in una scena da Far West. E per il Pronto soccorso di Legnago quello di mercoledì si è trasformato in un pomeriggio di tutt’altro che ordinaria follia.
A farne incolpevolmente le spese Davide Tosi, medico chirurgo che come ogni giorno stava svolgendo il proprio dovere in ospedale: «Volevo misurare a quel paziente la pressione arteriosa, mi ha fatto cadere a terra a suon di pugni», ha ripercorso quei momenti di terrore la vittima all’arrivo dei carabinieri. Ne avrà per 40 giorni, ha riportato una serie di gravi ferite a causa dei ripetuti colpi ricevuti al volto e alla testa. Percosse di estrema violenza, vista l’imponente corporatura dell’aggressore: 38 anni, residente a Castagnaro, Matteo Querzoli è un ex cuoco ora disoccupato. «Attualmente non lavoro perché sono invalido all’85 per cento – ha spiegato ieri davanti al giudice Claudio Prota durante l’udienza con rito direttissimo -. Chiedo scusa e ammetto l’addebito, ma non sono una persona violenta». E in aula ha aggiunto: «Ero stato all’ospedale per cinque volte, non mi avevano curato come ritenevo».
Lo stesso imputato, assistito dal difensore Francesco Cavaliere, ha tenuto a precisare di essere seguito dal servizio psichiatrico di Legnago. Il pm di turno Giovanni Pietro Pascucci gli contesta il doppio reato di lesioni aggravate in danno a pubblico ufficiale (il medico) e di interruzione di pubblico servizio: durante la direttissima di ieri, il pm d’udienza Laura Bergognini ha insistito per la custodia cautelare in carcere in virtù soprattutto della «pericolosità sociale dell’arrestato», peraltro già gravato da alcuni precedenti penali. Prima di decidere il da farsi, il giudice si è ritirato in camera di consiglio: al suo rientro in aula, ha optato per la concessione degli arresti domiciliari, nonostante la contrarietà dell’accusa che insisteva per il rischio di reiterazione del reato. Decisivo, però, si è rivelato il comportamento processuale tenuto da Querzoli, che oltre ad aver chiesto scusa ha ammesso i fatti che gli venivano contestati; il giudice, inoltre, ha tenuto conto delle sue attuali condizioni psicofisiche e del fatto che i precedenti penali dell’imputato risalgono «ad anni addietro». Per conoscere la sentenza, invece, bisognerà attendere la prossima udienza, che ieri è stata calendarizzata al mese prossimo.
Fino ad allora, dai ricordi di vittima e testimoni sarà arduo rimuovere il film di panico e violenza andato in scena attorno alle 16 di mercoledì al pronto soccorso di Legnago. Al suo arrivo in accettazione Querzoli era con la compagna e lamentava uno stato febbrile connesso a un’influenza. Per gli stessi motivi era già stato lì nei giorni precedenti (lui dice 5 volte, ai medici risulta un paio). L’altro ieri è stato visitato, ma prima di dimetterlo volevano misurargli la pressione nuovamente visto che in precedenza era risultata molto alta: trattandosi di persona obesa, era necessario uno strumento ad hoc presente in un vicino ambulatorio ma lui e la compagna pare insistessero per andarsene. È in quel momento che la situazione precipita: l’infermiera torna con l’apposito strumento, ma si trova ad assistere a un autentico «pestaggio». Ai carabinieri, avrebbe raccontato che «il dottor Tosi era steso a terra e il paziente continuava lo stesso a colpirlo a pugni mentre la compagna assisteva alla scena impassibile». L’infermiera tenta invano di spostare Querzoli tirandolo per la cintura, poi chiama subito soccorsi. «Il medico mi ha mancato di rispetto» le avrebbe detto la compagna dell’aggressore. Ma il chirurgo, sentito dai militari, ha immediatamente precisato di «non aver provocato in alcun modo quella violenza» da parte del paziente. Ha spiegato che gli voleva misurare di nuovo la pressione perché la responsabilità della sua salute andava ricondotta a lui. Nel rievocare il pestaggio di cui è stato vittima, ha precisato che Querzoli ha avuto una «reazione d’impeto e violenta», facendolo «stramazzare al suolo» sotto i ripetuti pugni al volto e al capo.
Al loro intervento al Pronto soccorso, i militari dell’Arma si sono trovati di fronte a una situazione di trambusto e concitazione generalizzata, con il personale in servizio che si era visto costretto a interrompere le ordinarie attività di accettazione e trattamento dei pazienti già in attesa e che via via arrivavano per farsi visitare. Ma soprattutto, davanti ai carabinieri, si è presentata una scena che mai dovrebbe avverarsi: un medico col volto segnato dal sangue per la raffica di pugni ricevuti e che diceva di essere appena stato picchiato da un paziente. Con inaudita violenza e senza alcuna ragione.
Il Corriere del Veneto – 16 febbraio 2018