La convivenza con il predatore è una scelta obbligata, e la Regione garantisce la copertura totale degli eventuali danni. Come nelle fiabe, l’ultima vittima di Slavc è un vitellino appena arrivato in alpeggio e fuggito nel bosco
Cinque predazioni accertate sono il bottino del lupo Slavc e della sua presunta compagna in Lessinia in meno di cinque mesi: dalle capre di Branchetto, a una pecora nei pressi di Romagnano; a un capriolo rivenuto nel Vajo dell’Anguilla, fino al vitellino ucciso e interamente consumato dalla coppia nei boschi attorno Malga Valbella nella notte fra il 9 e il 10 maggio, quando il piccolo, frastornato dal trasporto in camion, era fuggito nel bosco appena arrivato in alpeggio. «Abbiamo colto il disagio degli allevatori che si preparano al trasferimento dei capi sugli alti pascoli della Lessinia e vogliamo fornire l’occasione di un incontro per un percorso di avvicinamento con gli enti che sono incaricati di seguire questa coppia di lupi». È stato l’esordio del direttore del Parco regionale della Lessinia Diego Lonardoni in una sala Olimpica del teatro Vittoria gremita di curiosi, appassionati, studiosi, allevatori e cacciatori. Non c’è stato bisogno di attendere, perché la richiesta di Adriano Canteri, a nome di altri allevatori, è stata perentoria: «I risarcimenti che promettete sono come quelli per i cinghiali che non abbiamo ancora visto e che sono ridicoli rispetto ai danni? Denunciamo 500-600 euro e ci arrivano 50-60 euro di risarcimenti». Gli ha risposto Sonia Calderola, dell’Unità di progetto caccia e pesca della Regione: «È dal 2006 che i danni provocati dai grandi carnivori, orso, lince e ora lupo sono pagati interamente perché la Regione riconosce una corsia preferenziale per questo tipo di interventi. Concordo che non è così purtroppo per i cinghiali, mentre per i grandi carnivori l’indennizzo è al 100 per cento del denunciato, e nel tempo minimo di un decreto di impegno e liquidazione, circa due mesi. A patto che l’accertamento del danno e la sua quantificazione siano immediati e che ci permetta di chiarire se effettivamente si tratti di una attacco di animali selvatici e che ci sia l’invio della pratica all’Unità di progetto». La disponibilità del fondo regionale è di 10mila euro, cifra che finora ha sempre fatto fronte alle richieste, superata solo nel 2010 con le scorribande dell’orso M5 (Dino), costate 16 mila euro, prontamente integrati. I dati dalle regioni che da più tempo convivono con i lupi (16 branchi in Piemonte e 12 nella sola provincia di Bologna) confermano che l’alimentazione di questi carnivori è per il 90 per cento costituita da caprioli e camosci e di rari capi ovicaprini nel solo periodo della monticazione. «Dato confortante anche per i cacciatori, che temono l’antagonismo del lupo», ha aggiunto Calderola, «è che negli ultimi 15 anni la presenza del lupo non ha modificato i piani di prelievo selettivo per gli ungulati, segno che a una maggior predazione corrisponde anche un incremento del tasso riproduttivo». Ma occorrerà cambiare abitudini e Sonia Calderola è stata chiara: «Serve la prevenzione con recinti elettrificati alti da 145 a 170 centimetri; opere fisse e il recupero delle vecchie esperienze con stabulazione notturna dei capi in alpeggio e accompagnamento con la vigilanza diretta e l’aiuto di cani da guardiania». «L’alpeggio è alle porte», ha ricordato Claudio Melotti, presidente di Comunità montana e Parco, «ed è corretto parlare della valenza ecologica del lupo, ma anche rassicurare i turisti che la sua presenza non è un pericolo, e garantire gli allevatori sui quali non si devono scaricare i costi: dovremo collaborare se vogliamo che questo patrimonio sia condiviso». Il cambio di mentalità è stato sottolineato anche da Daniele Zovi, vicecomandante regionale del Corpo Forestale dello Stato, che dopo aver fatto un excursus storico sull’immaginario collettivo a proposito del lupo ha ammonito: «Il suo ritorno non va salutato a schioppettate, a bocconi avvelenati o trappole: in Piemonte con 16 branchi di lupi hanno appena 16mila euro di danni al bestiame, mentre i danni dei cinghiali ammontano a due milioni di euro all’anno». Idea condivisa anche da Ivano Confortini, faunista della Provincia, che ha sottolineato come il lupo non sia «una specie nociva da abbattere ma una risorsa da gestire con regole che in altre regioni sono adottate da decenni, perché si tratta di un’espansione naturale che anche i cacciatori devono concorrere a difendere».
L’Arena.it – 20 maggio 2012