Terremoto all’Inps. Con una mossa a sorpresa, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha cambiato, dopo appena due mesi, la guida dell’ente che gestisce le pensioni. Al posto del commissario, Tiziano Treu, giuslavorista, ex parlamentare Pd, ex ministro del Lavoro e dei Trasporti, autore nel 1995 della riforma delle pensioni del governo Dini e nel 1997 delle prime misure di flessibilizzazione del lavoro arriva Tito Boeri, economista della Bocconi. Il cambiamento si annuncia radicale, perché Boeri è estraneo a quel giro romano di potere sindacal-governativo che ha sempre gestito l’Inps.
Nel palazzone di via Ciro il Grande all’Eur scende da Milano un bocconiano, con una lunga esperienza all’Ocse e in altre organizzazioni internazionali e che da fondatore del sito di economisti www.lavoce.info ha mosso sempre critiche incalzanti agli apparati burocratici resistenti al cambiamento. Ora, da presidente di una struttura con quasi 32 mila dipendenti, 1.646 sportelli sul territorio e un flusso finanziario tra entrate e uscite che supera gli 800 miliardi di euro l’anno, Boeri si confronterà con una realtà tra le più difficili da amministrare, dove il potere dei sindacati nelle nomine interne è ancora molto forte e dove gli interessi in gioco sono enormi. L’Inps gestisce quasi 20 milioni di posizioni lavorative e paga le pensioni a circa 16 milioni di ex lavoratori ai quali si sommano 5 milioni di persone con assegni assistenziali.
Il professore non solo dovrà dimostrarsi un manager di valore, considerando tra l’altro che l’Inps deve ancora completare l’incorporazione dell’Inpdap (ente di previdenza dei dipendenti pubblici) e dell’Enpals (spettacolo), ma dovrà confrontarsi col governo sulle politiche previdenziali, come è naturale per ogni presidente dell’Inps. E anche sotto questo profilo la nomina di Boeri potrebbe dare uno scossone al sistema. L’economista, infatti, è tra i sostenitori dell’opportunità di ricalcolare le pensioni in pagamento con il metodo contributivo, per intervenire con un prelievo su quelle, di importo elevato, che incorporino un di più rispetto a quanto sarebbe spettato applicando il contributivo (pensione sulla base dei versamenti di tutta la vita lavorativa), già in vigore per i lavoratori assunti dopo il 1995. Tutte le pensioni, insomma, non solo le future, ma anche quelle in pagamento dovrebbero corrispondere esattamente ai contributi versati.
Proposte del genere erano viste con grande interesse dallo stesso Matteo Renzi appena entrato a Palazzo Chigi e dal suo consigliere economico Yoram Gutgeld. Ma poi è stato lo stesso Renzi a stoppare ogni intervento sulle cosiddette pensioni d’oro. Prima bocciando il contributo di solidarietà proposto dall’ex commissario per la revisione della spesa pubblica, Carlo Cottarelli, e poi bloccando il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti che aveva aperto a ipotesi di intervento.
La domanda che ora tutti si fanno è se la nomina di Boeri, di cui Renzi conosce bene le posizioni e anche le critiche taglienti al governo (un gufo?), non implichi un rilancio del contributivo sulle vecchie pensioni. Il professore, per ora, si schermisce. «Credo profondamente in tutte le cose che ho scritto», dice, sottolineando piuttosto che sente di avere davanti «un impegno gravoso e di grande responsabilità». Boeri annuncia anche che interromperà l’attività di editorialista.
L’economista è stato designato, nel consiglio dei ministri del 24, presidente dell’Inps e non commissario. Questo significa che il suo incarico non è immediatamente operativo, perché bisogna aspettare il parere del Parlamento (entro 60 giorni) e il successivo decreto di nomina. L’incarico di presidente preannuncia la riforma della governance dell’istituto, commissariato da molti anni. Treu paga forse alcune prese di posizione politiche favorevoli a flessibilizzare la riforma Fornero che hanno irritato Palazzo Chigi.
Il Corriere della Sera – 27 dicembre 2014