La Stampa. I veleni della Campania, torna l’allarme rosso. C’è una relazione causale o anche solo di concausa tra l’emergenza rifiuti nota come “Terra dei fuochi” e l’insorgere di diverse patologie, compresi tumori e leucemie. A dirlo è stato l’Istituto superiore di Sanità che ha certificato che la più grande (illegale) discarica d’Europa, quella diffusa tra le province di Napoli e Caserta, può essere all’origine di un gran numero di malattie: dalla banale asma alle malformazioni congenite passando per il cancro e altre devastazioni mortali.
I nuovi, inquietanti dati emergono dalle indagini eziologiche avviate quattro anni fa dopo un accordo finalizzato proprio allo scambio di informazioni relative alla sorveglianza epidemiologica della popolazione «con specifico riferimento agli eccessi della mortalità, dell’incidenza tumorale e dell’ospedalizzazione per diverse patologie, che ammettono fra i loro fattori di rischio accertati o sospetti l’esposizione a inquinanti».
Le indagini scientifiche – i cui risultati sono stati presentati ieri dal procuratore generale di Napoli Luigi Riello e dal presidente dell’Iss Silvio Brusaferro – hanno riguardato un territorio di 426 chilometri quadrati, dove stati individuati ben 2.767 siti di smaltimento controllato o abusivo di rifiuti, 653 dei quali interessati da quelle che il dossier chiama «combustioni illegali». In pratica si è scoperto che più di un cittadino su tre, ovvero il 37% dei 354mila residenti nei 38 comuni, vive ad almeno 100 metri di distanza da uno di questi siti che rilasciano composti chimici pericolosi.
Una situazione di evidente gravità sulla quale si è soffermato lo stesso Brusaferro: «E’ necessario sviluppare un sistema di sorveglianza epidemiologica integrata con dati ambientali nell’intera regione per individuare appropriati interventi di sanità pubblica».
Poco convinto delle ricerche l’oncologo Mario Fusco, direttore del Registro tumori dell’Asl Napoli 3, uno dei massimi esperti della materia. «Bisogna chiarirsi perchè ci sono diversi approcci metodologici. Oggi, ad esempio, l’orientamento è di non usare i dati di mortalità di cancro ma i nuovi casi. Si tratta di studi eziologi, non di causalità. Io comprendo le necessità dei media, ma nella ricerca la semplificazione non è mai una buona cosa». Dunque non c’è un rapporto di causa-effetto tra emergenza rifiuti e tumori? «Non si può escludere e ci sono degli indicatori che vanno chiaramente in quella direzione. E non ci piove sul fatto che siamo di fronte a delle drammatiche criticità ambientali. Tuttavia per averne la certezza bisogna fare un altro tipo di lavoro, a cominciare dalla geolocalizzazione. In Campania abbiamo mediamente 36mila nuovi casi di tumore maligno all’anno, avere la conferma scientifica di un rapporto di causa-effetto richiede altre metodologie».