Il Corriere del Veneto. Mentre migliaia di incoscienti formavano «serpentoni umani», uno addosso all’altro, per dirla con le parole del governatore Luca Zaia, davanti a negozi, grandi magazzini e centri commerciali per festeggiare il Black Friday, che però nessuno ha cancellato, metà dei pazienti ricoverati nelle Terapie intensive del Veneto moriva. E’ la drammatica realtà che si evince dal resoconto del dottor Paolo Rosi, coordinatore del Centro regionale per l’emergenza-urgenza (Creu): «Da una settimana il livello di occupazione dei letti in Terapia intensiva è stabile sui 330/340 pazienti Covid. Ogni giorno ne vengono dimessi 20-25 e altrettanti ne subentrano, quindi la situazione è tutt’altro che tranquilla, siamo di fronte a un afflusso critico. Testimoniato anche da un dato fisso da oltre un mese: ogni 200 persone positive al tampone una finisce in Terapia intensiva. Ciò significa che tra gli ultimi 3638 contagiati, 14 saranno ricoverati in Rianimazione e altri cento tra Malattie infettive e Pneumologia. Ma stando al trend di novembre, solo il 50% dei degenti in Terapia intensiva sopravvive».
I malati di Covid-19 ricoverati in questo reparto sviluppano infatti un quadro clinico non facilmente trattabile e quindi solo 7 degli ultimi 14 destinati alla Rianimazione sopravviverà. «I meno gravi restano ricoverati in media 15 giorni ed escono molto debilitati (secondo i pneumologi nel 30% dei guariti restano danni irreversibili ai polmoni, ndr ) — sottolinea Rosi —. Per i soggetti maggiormente compromessi la degenza dura invece 20 giorni, ma devono essere sottoposti a trattamenti importanti e la metà muore. Inoltre il personale è chiamato a uno sforzo enorme per seguirli». Tutto questo per far capire i rischi che corre e che fa correre agli altri chi prende sottogamba l’epidemia, non osservando le misure di sicurezza, cioè mascherina, distanza sociale di almeno un metro e igiene costante delle mani. «Finché non comincerà la campagna vaccinale contro il Covid-19, l’unico modo per ridurre i ricoveri in Terapia intensiva è cominciare a contrarre i contagi — aggiunge il responsabile del Creu —. E attenzione, solo il 50% dei degenti in area critica ha più di 70 anni, nell’altro 50% ci sono malati di 40, 50 e 60 anni e la mortalità è alta anche in queste fasce d’età». E in generale supera quella della prima ondata della pandemia, vissuta la scorsa primavera, quando il tasso di letalità in Terapia intensiva interessava fra il 30% e il 35% dei ricoverati.
Andati a vuoto gli appelli al senso di responsabilità collettiva, ora la Regione ha deciso di mostrare la dura realtà per quella che è, senza filtri. Compresi i 3055 nuovi ricoveri (2716 in area medica e 339 in Terapia intensiva), che superano di gran lunga il picco dei 2400 registrato a fine marzo. E gli ulteriori 78 morti, per un triste computo complessivo di 4194. «Speriamo di essere nella parte alta della curva, per poi iniziare la discesa — osserva Zaia —. E in effetti un timido decremento di casi inizia a emergere in tutte le province, eccezion fatta per Venezia. Ma non possiamo tranquillizzare nessuno, perché restiamo la regione con l’Rt, cioè l’indice di trasmissione del virus, più alto: 1,13». «Stabilmente sopra soglia», lo definisce l’ultimo rapporto dell’Istituto superiore di Sanità, che indica in 4247 i nuovi focolai nel Veneto, nel 30,1% il tasso di occupazione delle Terapie intensive (raggiunta la soglia di guardia) e nel 42% quello di Malattie infettive e Pneumologie (superato il livello d’allarme del 40%). E’ positivo il 44% dei tamponi, mentre il contact tracing riesce a risalire al 92,3% dei contatti stretti dei contagiati. Ma l’incidenza a sette giorni è volata a 401.47 casi per 100mila abitanti, contro la media nazionale di 245.46: è la seconda più alta d’Italia, dopo il 437.34 di Bolzano. Per di più duemila sanitari si sono infettati. «Il problema è quando ce ne sono più di due nello stesso reparto», spiega Rosi.
«Siamo fortemente preoccupati — confessa il governatore — la pressione si sente, soprattutto sugli ospedali, e ne potremo venire fuori solo con l’aiuto di tutti. Non vorrei che la permanenza in area di rischio gialla da quattro settimane ci avesse paradossalmente penalizzati, diventando l’alibi di chi continua ad alimentare gli assembramenti. Spero che il Natale ci porti in regalo la discesa della curva del contagio». Nello stesso tempo si lavora alla massiccia campagna vaccinale che a fine gennaio riguarderà i primi 109.639 veneti, dato aggiornato rispetto agli iniziali 107.003. Si tratta di personale sanitario, operatori e degenti delle case di riposo, dipendenti e ospiti dei Centri per minori, disabili, tossicodipendenti e pazienti psichiatrici. Se poi si aggiungono tecnici e amministrativi delle Usl, il totale sale a 151.947. La Regione ha comprato una decina di frigo per la conservazione del vaccino Pfizer a -75 gradi. Mission: immunizzare il 70% della popolazione.