Tensione a mille in Regione sul futuro della sanità. C’è da votare, a ormai un anno dalla prima approvazione in giunta Zaia, il nuovo Piano sociosanitario del Veneto, che cambierà le regole base di organizzazione dell’intero servizio.
Come noto, si punta a una “dorsale” di ospedali provinciali principali con specialità alte che servano ciascuno un milione di abitanti circa, affiancati da ospedali “di rete” con le specialità “normali” che servano un bacino di 200mila abitanti, e soprattutto a una rete di “strutture” che ospitino i malati cronici e a una vera e propria e rivoluzione sul territorio che metta assieme i medici di base in Aft-aggregazioni funzionali in grado di rispondere ai pazienti dal mattino alla sera. A metà giugno il Piano, partorito dopo una lunga gestazione di confronto con tutti in commissione “Sanità”, va al voto del Consiglio regionale. Ma in queste settimane si sta consumando a palazzo Balbi una battaglia che di fatto, più che sui contenuti del piano sanitario, è uno scontro di potere: stabilire chi decide oggi per la sanità veneta, e chi deciderà e gestirà domani. Ufficialmente lo scontro di potere è quello classico: tra la Giunta veneta e il Consiglio regionale. Perché la commissione “Sanità” ha stabilito ad esempio – come reso noto dalle cronache – che la commissione stessa può dare un parere vincolante per la Giunta sulle “schede ospedaliere”, cioè su quali reparti ci sono o non ci sono in un ospedale, e che sarà il Consiglio ad avere il potere di nomina sul direttore generale della sanità veneta, e che ci sarà una valutazione annuale dei dg. E allora l’assessore Luca Coletto ha presentato nei giorni scorsi ai colleghi di giunta l’idea di presentare un maxi-emendamento che riporti il potere in mano alla giunta stessa, proponendo di togliere anche la possibilità di commissariare le Ulss. Pare che la Giunta abbia gradito, ma le cronache dicono anche che nelle ultime ore c’è stato un incontro tra il governatore Luca Zaia e lo stesso Coletto in cui sono volate parole non tenere verso lo stesso assessore. E il motivo è questo: la vera guerra di potere in atto non è tanto, o non solo, tra Giunta e Consiglio, ma tutta interna alla Lega sul controllo della sanità veneta. E come in tutte le storie che contano, c’è un “peccato originale”: nel 2010 la Lega doveva scegliere tra Zaia e Flavio Tosi come candidato presidente, e l’accordo raggiunto stabilì che il trevigiano avrebbe fatto il presidente, ma la sanità (che vale da sola il 70% del bilancio della Regione) sarebbe stata gestita dal veronese, che indicò appunto come assessore esterno l’«amico fraterno» Coletto (così l’ha definito Tosi anche ieri sera davanti alla telecamere) e che gradì la nomina di Domenico Mantoan, nato a suo tempo come dirigente di area Pdl ma avvicinatosi poi molto a Tosi e all’ex sottosegretario Francesca Martini. Tutto bene? No. Perché Mantoan, che ha dalla sua i numeri di bilancio della sanità che è riuscito a sfornare in questi due anni rispetto al disastro (1,3 miliardi di ammortamenti non scritti in bilancio) creato dal suo predecessore, si è avvicinato subito direttamente a Zaia. E ha riferito più al presidente che non a Coletto (e quindi a Tosi), tanto che da tempo si parla di continue tensioni dirigente-assessore. Ma adesso che ha stravinto a Verona e che corre per la segreteria regionale della Lega, evidentemente, Tosi reclama la sua parte. E siccome il Piano sociosanitario inevitabilmente portererebbe ad esempio a usare le forbici sulle strutture del Veronese (a meno che alla fine a pagare il conto non sia l’ovest Vicentino), ecco che emerge l’ipotesi che quel Piano “non s’ha da portare al voto”, meglio impantanarlo in discussioni fratricide tra Giunta e Consiglio, e che la conferma di Mantoan non può essere lasciata in mano al Consiglio. Insomma, Tosi e Verona muovono le truppe. E Zaia reagisce dichiarando “nessuna lobby bloccherà il voto del Piano”. E contando anche su sponde nel Pdl visto che, come il presidente della commissione “Sanità” Leonardo Padrin, il capogruppo Dario Bond è lapidario: «Qualche minimo aggiustamento ci può essere, ma il Piano va votato com’è uscito dalla commissione, dopo tutto il lavoro fatto con tutte le forze politiche: Coletto doveva farsi sentire prima. Maxi-emendamento? Mi opporrò fino all’ultima goccia di sangue». Sarà guerra.
Il Giornale di Vicenza – 20 maggio 2012