Continua a salire la febbre del debito del servizio sanitario nazionale verso i fornitori privati. Aziende che assicurano prodotti e servizi decisivi per far marciare la macchina della sanità pubblica
Dai farmaci alle Tac, dalle siringhe ai servizi di lavanderia e sterilizzazione, dalle mense alle pulizie dei reparti all’autonoleggio fino alla gestione delle apparecchiature informatiche. Prodotti (e servizi) che arrivano negli ospedali e nelle Asl, spesso dopo aste al ribasso estremo e poco trasparenti, ma che vengono pagati con ritardi da fallimento. Per le imprese. Altro che i canonici 30 giorni europei. Un mito irraggiungibile. In Calabria i privati possono aspettare anche 877 giorni, 2 anni e cinque mesi; in Molise si resta in coda anche 776 giorni, due anni e un mese prima di veder onorato il credito.
«Siamo il bancomat della sanità pubblica che non ce la fa più a sostenere i costi», quasi ringhiano tra i denti tutte le imprese fornitrici. Leggere – per credere – le stime più aggiornate fornite dalla Corte dei conti poco meno di un anno fa sui dati 2009, nella relazione che, nel fare le pulci ai bilanci regionali, non poteva non “affondare” sui debiti delle Asl. Nel 2009 il debito del Ssn verso i fornitori aveva raggiunto circa 36 miliardi, aumentando in media del 18% sull’anno prima. Un valore che rappresenta il 65% di tutte le passività delle regioni. A pesare di più sono le regioni a statuto ordinario con 33 miliardi. Tra tutte spiccano il Lazio con oltre 8 miliardi e la Campania con 6 miliardi. Guarda caso sempre il sud (col Lazio) è in fondo alle classifiche: proprio lì dove la sanità è commissariata o sotto piano di rientro. Senza dire del “caso Molise” dove, con un debito di 326 milioni, la crescita in un anno è schizzata all’insù del 31,25 per cento. Nemmeno la Grecia, che nelle statistiche europee dei ritardi dei pagamenti è al top in assoluto, seguita proprio dall’Italia.
Dati di un anno fa, quelli dei magistrati contabili. Che adesso si preparano ad aggiornare le statistiche. Ma i presagi non sono dei migliori, annunciano i primi report dei settori produttivi. La farmaceutica è un settore sempre caldissimo. Le rilevazioni di Farmindustria a fine dicembre 2010 parlano di uno scoperto che si aggira intorno ai 4 miliardi con una media di 224 giorni di ritardo (+11% su dicembre 2009) ma con punte di 607 in Molise e di 604 in Calabria. Le regioni che aumentano i tempi di pagamento valgono il 75% del mercato pubblico dell’industria farmaceutica. L’allerta è massima, spiega il presidente di Farmindustria, Sergio Dompé: «Va apprezzato il tentativo del governo di migliorare la situazione. Vedremo nei prossimi mesi. Ma certo c’è il pericolo dei riflessi che potrà avere la fragilità scatenata dalla crisi finanziaria internazionale».
E ancora sul versante dei farmaci, non mancano le preoccupazioni delle farmacie private. Lo scoperto a marzo 2011 è di 1,33 miliardi. E si concentra tutto in 5 regioni: Calabria (180 milioni), Campania (480), Lazio (400), Molise (15) e Sicilia (255). A Crotone, in Calabria, c’è una pendenza di 8 mesi, a Napoli di 7 mesi. La minaccia dell’assistenza indiretta in queste regioni è sempre all’ordine del giorno. «Al sud le farmacie devono ricorrere a onerosi prestiti bancari – afferma la presidente di Federfarma, Annarosa Racca – e solo grazie alla nostra società finanziaria, Credifarma, riusciamo a mantenere i tassi di interesse a un livello accettabile».
Assobiomedica – fornitori di biomedicali, dalle siringhe alle più sofisticate tecnologie – a gennaio 2011 aveva uno scoperto di 5 miliardi. La Calabria al top con 877 giorni di ritardo, seguita a 776 giorni dal Molise. «La situazione è insostenibile – afferma il presidente Angelo Fracasssi -. Stiamo valutando i termini per una più decisa azione di difesa dei nostri legittimi interessi».
Altro settore in emergenza sono le imprese dei servizi tessili, di sterilizzazione e fabbricazione di prodotti medici sterili, riunite in Assosistema. I rimborsi attendono oltre 200 giorni, con la punta di 420 giorni in Campania. Il presidente Sergio Trapani auspica almeno la promozione di «tavoli di dialogo» con le regioni per «cogliere l’opportunità» della direttiva Ue taglia-tempi di pagamento e trovare soluzioni al debito pregresso.
Un tavolo che del resto pretendono tutti i creditori del Ssn. A partire dal Taiis (il tavolo interassociativo delle imprese di servizi) con le sue 18mila aziende, 50 miliardi di valore della produzione e 900mila lavoratori. La richiesta è secca: il varo rapido di una legge che definisca le modalità con cui lo stato possa saldare lo stock del debito e recepire la direttiva Ue «in tempi rapidissimi». Più che una richiesta, una scommessa.