Per installare delle telecamere che riprendano l’attività dei lavoratori in azienda non serve un accordo nel quale le rappresentanze sindacali diano il loro consenso. Basta che i singoli lavoratori siano d’accordo, così il datore non viola lo Statuto dei lavoratori.
Lo afferma la Cassazione (sentenza 22611/12) assolvendo un’imprenditrice. La Suprema Corte ha annullato senza rinvio una multa di 1.200 euro alla titolare di una società perchè in violazione dell’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori che vieta i controlli a distanza sui dipendentì «aveva fatto installare un sistema di videosorveglianza composto da quattro telecamere due delle quali inquadranti direttamente postazioni di lavoro fisse».
L’imprenditrice aveva chiesto l’assoluzione sostenendo di aver fatto firmare una liberatoria di consenso ai dipendenti e che l’azienda era tappezzata di cartelli che indicavano la presenza delle telecamere. Nel cancellare la condanna, la Cassazione ha spiegato che sebbene lo Statuto dei lavoratori prescriva l’accordo del sindacato per l’installazione del controllo a distanza, «non può essere ignorato il dato obiettivo che, in questo caso, era stato acquisito l’assenso di tutti i dipendenti attraverso la sottoscrizione da parte loro di un documento esplicito».
«Orbene – prosegue l’Alta corte – se è vero che non si trattava nè di una autorizzazione della Rsu nè di una “commissione interna”, logica vuole che il più contenga il meno, sicchè non può essere negata validità ad un consenso chiaro ed espresso proveniente dalla totalità dei lavoratori e non soltanto da una loro rappresentanza». «Del resto, non risultando esservi disposizioni di alcun tipo che disciplinino l’acquisizione del consenso, un diverso opinare, in un caso come quello in esame, avrebbe il taglio di un formalismo estremo tale da contrastare con la logica».
La Stampa – 20 giugno 2012