Il tributo su casa e servizi già proposto da Tremonti costerà la metà dell’Imu. Ai sindaci il potere di abolirla
Dopo l’ultimatum di Berlusconi sull’Imu, il ministero dell’Economia cerca di uscire dall’impasse giocando la carta di riserva: trasformare l’imposta sulla prima casa nella Res, la tassa comunale su rifiuti e servizi, che costerebbe la metà, lasciando poi ai sindaci il potere di abolirla del tutto. Magari applicando in modo più rigoroso la prossima spending review, basata sui costi standard. L’idea coincide in larga misura con la proposta n. 8 del dossierone pubblicato l’altro ieri nel sito del Tesoro.
Di fatto l’Imu sull’abitazione principale, pur dimezzata, riapparirebbe sotto mentite spoglie come un pezzo della Res, che a parte il fatto di chiamarsi in altro modo avrebbe un altro vantaggio politico non da poco: a metterla a punto nell’ottobre del 2011 furono gli ex ministri Tremonti e Calderoli, poco prima che il governo Berlusconi abdicasse. Dire ora no alla nuova imposta per il Pdl sarebbe insomma un po’ come smentire se stesso. Rispetto all’altra soluzione, anch’essa caldeggiata dal ministro dell’Economia, Maurizio Saccomanni, di esentare dall’Imu i redditi Isee meno alti, questa avrebbe un più ridotto tasso di equità sociale, ma come spiega il sottosegretario all’Economia in quota Pd, Pier Paolo Baretta, la Res o Service tax che dir si voglia, «avrebbe il vantaggio di garantire maggiore autonomia impositiva ai Comuni, consentendo eventualmente ai più virtuosi anche di abolirla del tutto». Per capire come, bisogna prima fare un po’ di conti. Oggi l’Imu sulla prima casa vale 4 miliardi. A questi si devono aggiungere un miliardo di nuova Tares sui rifiuti a dicembre e altrettanto per i servizi “indivisibili” dei Comuni, tipo illuminazione e sicurezza. In tutto 6 miliardi.
La Res, con una aliquota base del due per mille applicabile al 105% del valore catastale anziché al 160% com’è per l’Imu, vale 3,1 miliardi. Dentro i quali c’è anche il gettito per i servizi indivisibili, che debbono però sommarsi al miliardo della Tares sui rifiuti, che resterebbe a parte. Totale: 4,1 miliardi, quasi due in meno di quanti ne occorrono oggi per Imu più Tares e copertura dei servizi indivisibili. La copertura, come indica il documento del Tesoro, arriverebbe da un allentamento dei vincoli finanziari dei Comuni. «Che però – spiega Baretta – hanno più di una possibilità di ridurre o azzerare del tutto l’aliquota della nuova imposta. Chi applicherà al meglio i costi standard della prossima spending review, basata sul calcolo dei reali fabbisogni per ogni tipologia di servizio, potrà ad esempio attingere al fondo di solidarietà che serve proprio a finanziare quei fabbisogni» E poi, prosegue, «dipenderà dalle singole realtà: il sindaco di Cortina che ha molte seconde case potrà decidere di tassare più quelle per esentare i suoi cittadini, mentre magari quello di Velletri sceglierà di aumentare l’imposta sulle palestre o altre attività per evitare di far pagare l’abitazione principale». Tutto questo a fine anno, «fermo restando che verrebbe prima abrogata del tutto la rata Imu di settembre», promette sempre Baretta.
Novità sarebbero in arrivo anche per disincentivare chi tiene gli immobili sfitti, che tornerebbero ad essere tassati con l’Irpef, abolita dall’Imu. Un errore, secondo il dossier degli uomini di Saccomanni, che ora potrebbe essere rimediato per dare una mano a imprese e commercianti. Il gettito Irpef, almeno in parte, coprirebbe infatti la deducibilità del 50% dell’imposta da Ires, Irpef ed eventualmente Irap. Un’operazione che vale 850 milioni, difficili altrimenti da reperire.
Ora la palla passa ai partiti, che avranno tempo fino al 31 agosto per decidere. Andare oltre significherebbe tornare a far pagare il 16 settembre l’Imu su ciascuna prima casa. Un boomerang elettorale per tutti.
4,1 miliardi
Il gettito della nuova Res potrebbe valere 3,1 miliardi a cui andrebbe poi aggiunto un miliardo dall’incasso della Tares, con un risparmio di 1,9 miliardi rispetto a prima
6 miliardi
Costa molto di più la vecchia Imu che vale 4 miliardi a cui vanno aggiunti un miliardo per la Tares e un altro miliardo per i servizi comunali, come illuminazione e sicurezza
La Stampa – 10 agosto 2013