Luigi Grassia. Il governo ha abolito la Tasi sulla prima casa nel 2016, ma intanto fra il 2013 e il 2015 il carico fiscale imposto da Letta e da Renzi sulle tasse locali è aumentato del 16,7%. Lo rivela un rapporto elaborato dall’ufficio studi della Uil sommando il peso di Imu, Tasi, addizionale comunale Irpef, addizionale regionale Irpef e Tari. In cifre assolute per queste tasse gli italiani avevano pagato 42 miliardi di euro nel 2013 e sono saliti a 49 miliardi nel 2015.
La stangata peggiore si deve alla seconda casa. Se una famiglia è proprietaria di un modesto appartamento di 80 metri quadrati ma in più possiede un altro immobile ha dovuto pagare l’anno scorso una media di 1969 euro per tributi dovuti al Comune e alla propria Regione. Rispetto a due anni prima, l’incremento in termini assoluti è stato di 308 euro. In particolare, per l’Imu/Tasi pagata sul secondo immobile l’esborso medio è stato di 937 euro (+72 euro in 2 anni) con punte di 1386 euro a Roma, 1220 a Milano e 1154 a Bologna. Per la Tasi sulla prima casa l’esborso medio è stato di 191 euro medi pro capite.
Roma è la città in cui il totale delle tasse locali è in assoluto il più alto, e questa è una doppia beffa per i cittadini, visto in che condizioni si trovano molti servizi. Rispetto ai circa 1970 euro della media nazionale, i romani hanno versato nel 2015 oltre 2700 euro, seguiti dai napoletani (e anche per loro il rapporto costi/benefici è intollerabile), dai torinesi e dai milanesi. «In definitiva – commenta il segretario confederale della Uil Guglielmo Loy – se fra il 2013 e il 2015 a livello nazionale per 10 milioni di contribuenti la pressione fiscale è diminuita grazie agli 80 euro, la stessa cosa non si può dire degli altri 30 milioni di contribuenti, fra cui 10 milioni di lavoratori dipendenti e 15 milioni di pensionati. Per loro la pressione del fisco locale è aumentata del 18,5% erodendo paga e cedolini di pensione».
La Uil riconosce i benefici in arrivo dall’eliminazione della Tasi sulla prima casa, ma dice che il blocco degli aumenti delle tasse regionali e locali deciso dalla legge di stabilità «non autorizza a “stare sereni”» (allusione a un modo di dire di Renzi) «perché dal blocco sono esclusi gli aumenti della Tari e delle tariffe locali (asili nido, mense scolastiche, rette di ricovero) e perché sette Regioni, alle prese coi piani di rientro dai deficit sanitari, potrebbero aumentare le aliquote dell’Irpef regionale».
La Stampa – 21 marzo 2016