Bibite zuccherate, caramelle e cibi generalmente considerati non salubri dovrebbero essere tassati e le risorse ricavate andrebbero reimpiegate in promozione e sussidi per frutta e verdura, alimenti consumati in quantità non sempre sufficienti da larghi strati della popolazione.
La suggestione di policy, adottata in Francia con la tassa sui soft drinks, è stata avanzata questa volta addirittura dall’industria stessa. O meglio, da un pool di esperti riuniti sotto l’egida del Barilla Center for Food and Nutrition. Se quindi l’idea in assoluto non è nuova, quel che colpisce è chi la promuove: segno che ormai si cominciano a sommare le evidenze utili per orientare le scelte dei decisori pubblici.
Secondo Gabriele Riccardi, medico nutrizionista membro dell’Advisory Board del BCFN, le tasse non sono la via migliore (e da sole possono anche non funzionare), ma possono essere parte nella soluzione all’interno di un quadro complessivo di iniziative, fatto soprattutto di pacchetti di misure che incentivino i consumi di frutta e verdura.
Recentemente, le tasse su zuccheri e grassi imposte dalla Danimarca hanno visto la furiosa reazione dell’industria, ma quelle su caramelle e cioccolato sono state efficaci, riducendone i consumi. La tassa sui grassi, poi, ha spinto molte aziende nella direzione di riformulare i prodotti, migliorandoli sotto il profilo nutrizionale. Scopo delle tasse danesi era quello di aumentare l’aspettativa di vita di ben 3 anni, piuttosto che affrontare l’obesità, che in Danimarca non rappresenta un serio problema.
Ilpuntocoldiretti – 8 agosto 2012