Bocciata una delibera regionale che istituiva una farmacia in un centro commerciale. Il motivo? La Regione ha attribuito al Comune il potere di individuazione delle sedi aggiuntive, anziché esercitarlo in prima persona. Si crea così un potenziale conflitto di interessi tra Comune gestore delle farmacie e Comune decisore.
Il Tar Veneto ha sospeso una delibera della Regione Veneto con la quale è stata istituita una farmacia in un centro commerciale ai sensi dell’art. 11, comma 1, lettera b), del d.l. 1/2012 convertito in l. 27/2012 (farmacie c.d. “aggiuntive”). Il danno secondo i giudici consiste nello “sviamento di clientela che consegue dai provvedimenti impugnati”. Sospesa l’apertura della sede e fissata l’udienza pubblica per il 4° trimestre 2014.
“Con la delibera della giunta regionale – si legge nell’ordinanza – è stato previsto che la regione pervenga all’istituzione delle nuove farmacie sulla base della necessaria proposta dei comuni interessati. La stessa delibera regionale prevede che nel caso in cui non vi sia proposta comunale, la regione non adotti alcuna determinazione di istituzione di nuove farmacie ai sensi dell’art. 1-bis della legge n° 475 del 1968”.
Ma per “il ruolo così assegnato al comune di proposta necessaria di individuazione delle farmacie, determina un conflitto d’interessi rispetto ai compiti del comune quale gestore delle farmacie”. La legge prevede infatti che la scelta sostanziale della sede sia effettuata dalla regione. Il Tar ha affermato che “la mancata previsione, operata dalla legge, del parere del comune ha una sua logica nella circostanza che il comune è anche gestore di farmacie ed allo stesso comune la regione è tenuta, ai sensi di legge ad offrire in prelazione la farmacia individuata ai sensi dell’art. 1-bis della legge n° 475 del 1968. Ne consegue che la previsione di una proposta comunale nel procedimento di individuazione delle sedi farmaceutiche ex art. 1-bis della legge n° 475 del 1968, come in effetti è avvenuto, pone il comune nella situazione di conflitto d’interessi, nel senso che la qualità di gestore potrebbe ingenerare il dubbio che il comune sia portato ad individuare la sede farmaceutica sulla base del criterio della maggiore facilità di ottenere ricavi commerciali e non invece sulla base del criterio, voluto dalla legge, di assicurare il migliore servizio farmaceutico al cittadino”.
Per i giudici amministrativi i provvedimenti regionali impugnati appaiono illegittimi per le seguenti ragioni:
– “eccesso di potere perché il procedimento posto in essere dalla regione Veneto determina il dubbio che nei fatti sia perseguita la finalità di assicurare al comune la migliore redditività commerciale a scapito della finalità di assicurare il miglior servizio farmaceutico al cittadino”;
– “violazione di legge perché è violato l’art. 1-bis della legge n° 475 del 1968, che non prevede ed implicitamente vieta l’acquisizione del parere del comune nel procedimento in esame”;
– “violazione di legge perché è violato l’art. 1-bis della legge n° 475 del 1968, nel senso che il procedimento delineato dalla regione Veneto coi provvedimenti impugnati, attribuisce nella sostanza al comune il potere di individuazione della sede farmaceutica di cui allo stesso articolo, residuando invece alla regione un potere sostanzialmente certificativo delle scelte effettuate dal comune, mentre l’art. 1-bis della legge n° 475 del 1968 prevede che la scelta sostanziale della sede farmaceutica sia effettuata dalla regione”;
– “violazione di legge perché i provvedimenti impugnati hanno previsto che il procedimento consegua ad una proposta del comune e, con ciò, hanno aggravato il procedimento in violazione del secondo comma dell’art. 1 della legge n° 241 del 1990”.
Quotidiano sanità – 21 dicembre 2013