«Ah bene, eccoli i miei discepoli». L’entusiasmo iniziale del governatore veneto leghista Luca Zaia, all’ipotesi che il governo vari un provvedimento che porti alla creazione di 12 macroregioni, viene gradualmente controbilanciato da mille paletti. Che in fondo sono uno: «Va bene, ma solo se si va verso il federalismo».
Governatore, «discepoli suoi» i renziani?
«Guardi, siamo davanti a un governo che promette e non fa nulla. Ci credo zero che avranno il coraggio di fare questa riforma. Ma se la fanno mi metto in prima fila: mi candido a fare del Veneto un progetto laboratorio».
Le macroregioni sono nel vostro dna. Certo, quelle di Miglio del ‘91 erano tre. E il progetto della Padania era un altro.
«Ma il numero può essere 12 o 7, l’importante è ridisegnare le competenze. Perché poi se hanno le stesse competenze, è una farsa».
Che competenze dovrebbero avere?
«Darei corso a quello che prevedeva Einaudi nel ‘48. A ognuno l’autonomia che gli spetta. Renzi abbia il coraggio di lanciare il modello federale, magari a geometria differenziata».
In che senso?
«Che alcune regioni virtuose abbiano più autonomia, altre meno. L’approdo non può che essere la federazione. Come i länder tedeschi, i cantoni svizzeri, gli Stati confederati statunitensi. Lo diceva anche lo storiografo di Churchill, Lukacs».
Non pare questo il progetto del Pd.
«Ma infatti: dopo quattro anni di questa maggioranza, non c’è stata una sola virgola a favore del federalismo. Anzi, siamo al neocentralismo. Renzi non ha avuto il coraggio di approvare i costi standard. Da gente così, cosa ti puoi aspettare?».
Ci hanno provato, con le Province.
«Ma va, che credibilità ha un governo che non è stato in grado davvero di chiudere le Province? Poteva essere un buon riscaldamento a bordo campo, un buon esercizio per le Regioni. E invece è un pateracchio che fa ridere».
Però la riorganizzazione delle Regioni è tutto sommato condivisibile?
«Certo, ci sono regioni che sono piccole come un quinto di alcune mie province. Non ho nessun problema a confrontarmi con chi ha idea di fare delle razionalizzazioni. Ma è una menata che va avanti già da un po’».
Sulla legge di Stabilità avete avuto qualche problemino con la maggioranza.
«Renzi è il mago del bilancio pubblico. Ci ha scaricato addosso i costi, a noi virtuosi, invece di punire la mala gestio . Punisce Abele per non tirare le orecchie a Caino. E pure le Province ci ha scaricato addosso».
Perché?
«Perché le Province avevano un loro bilancio, ora sono obbligato io a sborsare 40 milioni di euro per tenerle in piedi, un costo che prima non avevo. Ma questa legge distrugge tutto. Veneto, Lombardia, Toscana ed Emilia, che sono di segno opposto, sono esempi di sanità a livello internazionale. E non a caso si lamentano di questa legge obiettivo».
C’è una questione di riequilibrio nazionale.
«Quale riequilibrio, i buchi nella cinta sono già finiti, non riusciamo a fare di più. La verità è che noi siamo stati dei pirla, troppo asburgici e mitteleuropei. Sempre giù a tagliare, per poi farci fregare da Roma».
27 ottobre 2015