Approccio selettivo. Nei comparti possibili tagli anche sotto le soglie del 10 e 20%. Dopo il monitoraggio della Funzione pubblica parte la verifica sugli esuberi con la «mobilità» di 24 o 48 mesi fino al pensionamento. Il decreto sulla spending review oggi sarà sul tavolo del consiglio dei ministri. Scarica la bozza del decreto. Il taglio del 10% delle piante organiche di tutto il settore statale e del 20% delle aree dirigenziali (un milione e 850mila dipendenti circa) destinato a replicarsi quasi immediatamente anche al settore non statale (un altro milione e 556mila dipendenti di Regioni, enti locali, enti pubblici non economici e università). È confermato l’intervento più importante per il pubblico impiego
Dopo una giornata di rumors che ieri riferivano di un possibile slittamento alla «fase due» dell’operazione spending, quella con le misure ordinamentali su Province, unione di comuni e città metropolitane.
I tagli arrivano e, come ha ribadito il ministro della Pa e la Semplificazione, Filippo Patroni Griffi, saranno selettivi e con possibilità di compensazioni tra diverse amministrazioni, nel senso che le soglie del 10 e del 20% potranno essere inferiori laddove le piante organiche sono riempite dal personale in servizio, come nel caso degli enti previdenziali, a patto che altre amministrazioni siano disposte ad alzare l’asticella. Per fissare i singoli obiettivi, da decidere entro ottobre, si terrà conto dei carichi di lavoro, dell’età media (solo il 9% ha meno di 35 anni) e delle assunzioni fatte negli ultimi anni.
Solo dopo la riduzione degli organici e l’esito del monitoraggio assegnato al Dipartimento Funzione pubblica si saprà quanto personale in servizio e in quali amministrazioni sarà toccato dall’intervento. Per questi dipendenti (o dirigenti) si applicherà la procedura di «messa a disposizione» con mobilità di 24 mesi e un’indennità che equivale all’8o% del reddito, mobilità che potrà essere estesa a 48 mesi per accompagnare alla pensione coloro che matureranno i requisiti per la pensione che erano previsti prima dell’entrata in vigore della riforma Fornero.
Mentre per il personale docente delle scuole dell’obbligo e delle secondarie è poi confermato che, chi risultasse in esubero dopo le procedure di mobilità potrà essere assegnato a classi di concorso o gradi d’istruzione diversi da quelle d’appartenenza, a posti di sostegno oppure a spezzoni di ore o supplenze che dovessero spuntare nel corso dell’anno scolastico. Patroni Griffi ha assicurato che gli effetti del taglio sugli organici sarà strutturale e comporterà «da una parte, una diminuzione della spesa e, dall’altra, consentirà nuove assunzioni mirate sui giovani e per le carriere direttive».
Nel testo circolato ieri il «pacchetto pubblico impiego» erano ben poche le novità di rilievo. La più importante, se confermata,è quella che prevede il graduale sblocco del turn over per tutte le amministrazione: dall’attuale 20% di assunzioni possibili rispetto alle uscite che era stato fissato nel 2008, si passerà al 50% nel 2015 e si tornerà al 100% nel 2016. Una cronologia che dovrà essere rispettata anche dalle Camere di Commercio. Tra le misure scomparse c’è invece l’obbligo di apertura degli uffici nei giorni festivi, norma che era associata all’obbligo (che invece rimane) di smaltire le ferie e i permessi senza più ricorrere a forme di monetizzazione dei pregressi.
Tra le conferme anche il blocco alle spese per le auto di servizio: non si potrà superare il 50% di quanto speso nel 2011 all’interno del piano di razionalizzazione in corso e che viene monitorato da Funzione Pubblica e FormezPa.
Stop anche alle consulenze e alle collaborazioni a personale della Pa andato in pensione mentre resta da capire se ci sarà o meno il giro di vite richiesto dai sindacati sul capitolo più ampio dei contratti esterni e delle consulenze, una voce che assorbirebbe 1,4 miliardi l’anno. L’operazione di riduzione delle dotazioni organiche dovrà essere realizzata con una serie di decreti del Presidente del Consiglio entro il 31 ottobre e perfezionata nei sei mesi successivi. E per la gestione delle operazioni di mobilità del personale in esubero, oltre all’informativa di legge, è pure previsto l’esame congiunto con le organizzazioni sindacali, fermo restando la piena autonomia delle amministrazioni sulle scelte finali (Il Sole 24 Ore).
Pubblico impiego, tagli legati al numero di abitanti. Accorpamenti e una profonda riorganizzazione
Il governo accelera sui tagli e subito si allarga la protesta. Il decreto sulla spending review oggi sarà sul tavolo del consiglio dei ministri. Ma la spesa pubblica sarà ridotta anche in base al rapporto tra dipendenti statali e numero di abitanti. L’ultima bozza del decreto prevede infatti che per gli enti locali la riduzione del personale sia affrontata attraverso «parametri di virtuosità». Il primo dei quali sarebbe proprio il rapporto tra dipendenti e popolazione residente.
È una cura dimagrante potenzialmente severa quella che il Consiglio dei ministri prescriverà oggi alla pubblica amministrazione. Ma la terapia sarà graduata sul territorio, anche in base al rapporto tra dipendenti e numero degli abitanti. Se infatti per le amministrazioni centrali sono confermati i parametri di riduzione degli organici, (-20% per i dirigenti, -10% per gli altri dipendenti, da gestire anche attraverso il ricorso ai pensionamenti anticipati, l’ultima bozza de decreto prevede che per gli enti locali la riduzione del personale sia affrontata attraverso «parametri di virtuosità». Il primo dei quali sarebbe proprio il rapporto tra dipendenti e popolazione residente. Sarà determinata una media nazionale del personale in servizio e la consistenza dei vari enti sarà confrontata con questo valore di riferimento. Quelli che si discosteranno dalla media per più del 20 percento avranno il divieto assoluto di fare assunzioni; quelli che avranno invece una differenza del 40 e oltre si vedranno applicare le procedure di mobilità delle amministrazioni centrali.
E una certa gradualità sarà usata anche nell’applicazione di un’altra norma concepita come drastica: quella che impone alle società pubbliche di avere non più di tre persone (compreso un presidente-amministratore delegato) nel consiglio di amministrazione. La scure dovrebbe calare solo su quelle che erogano servizi a favore della pubblica amministrazione; sono quindi esclusi i colossi come Poste o Fs e le società che erogano servizi ai cittadini. Qualche chiarimento sulle intenzioni del governo lo ha dato il ministro della Funzione pubblica. «Ci sarà una riduzione dei costi strutturale che se da una parte vedrà la riduzione dei costi, dall’altra aprirà spiragli per nuove assunzioni mirate sui giovani» ha detto Patroni Grilli assicurando che i tagli di personale «sono selettivi e non lineari, quindi non si possono fare numeri perché ci saranno compensazioni.
Del resto buona parte dei risparmi dovrebbe essere assicurata dai tagli vecchio stile operati sia agli enti locali sia alla sanità. L’obiettivo numero uno resta evitare l’aumento dell’Iva: l’incremento dovrebbe essere sospeso almeno fino al 30 giugno 2013: scatterebbe poi per un semestre nella misura di due punti e dal 2014 di uno solo.
La ricetta che riguarda tutta pubblica amministrazione passa attraverso una profonda revisione delle singole piante organiche per arrivare ad un taglio del 20% dei dirigenti e del 10% degli altri dipendenti. L’area del pubblico impiego è quindi destinata ad una drastica cura dimagrante, che non risparmia neanche le consulenze, ambito nel quale certamente è più facile tagliare. Le consulenze dovranno essere ridotte del 50% rispetto alla spesa sostenuta nel 2009. Sarà comunque un processo graduale, la revisione delle piante organiche richiede un certo tempo. E’ difficile fare numeri sugli organici perché in alcuni casi le piante organiche teoriche sono già di fatto superate dal blocco del turnover degli anni scorsi. Non tutti i comprati della pubblica amministrazione quindi avranno dipendenti in esubero. E’ anzi prevedibile che in alcune situazioni la mancata sostituzione del personale andato in pensioni evidenzi piante organiche scoperte.
ASSUNZIONI Ridotte fino al 2016 e stop ai concorsi
Sempre nell’ottica di risparmiare risorse anche facendo dimagrire la pubblica amministrazione, il governo è intenzionato a dosare in modo omeopatico i nuovi ingressi. Fino al 2016 le assunzioni saranno contingentate. Nel triennio tra il 2012 e il 2014 la pubblica amministrazione dovrà ridurre del 20% le sue assunzioni. Del 50% dovrà tagliarle nel 2015 fino ad azzerarle nel 2016. Il provvedimento dovrebbe anche contenere il blocco dei concorsi per i dirigenti di prima fascia, anche in questo caso fino al 2016. Gli statali poi non potranno più monetizzare le ferie. Insieme ai riposi e ai permessi le ferie dovranno essere godute dai dipendenti perchè lo Stato non li pagherà più. Lo stop varrà anche nel caso dei lavoratori che saranno messi in mobilità, che andranno in pensione o che si dimetteranno. La voce “pagamento di ferie non godute” insomma scomparirà dalle buste paga e per i conti pubblici sarà certamente un risparmio.
AUSTERITY Tetto ai buoni pasto e ferie obbigatorie
L’austerity dei dipendenti del pubblico impiego prevede anche l’imposizione di un tetto ai buoni pasto. Gli statali non potranno ricevere buoni pasto del valore superiore ai 7 euro, cifra che attualmente è in verità superiore a quella percepita dalla maggioranza dei beneficiari. Di pari passo con la riduzione degli organici il governo è anche intenzionato a rivedere l’organizzazione del lavoro. Ci sono alcuni uffici pubblici che nella settimana tra Natale e Capodanno o quella di ferragosto sono praticamente vuoti, e tenerli aperti costa alle casse dello Stato. E’ uno degli sprechi che si punta a tagliare. Per questo tra le novità in arrivo dovrebbe esserci anche quella della chiusura obbligata dei ministeri e di altre strutture pubbliche, con l’obbligo per i dipendenti di prendere parte delle ferie proprio in questi periodi, identificati ne sette giorni a cavallo di ferragosto e tra Natale e Capodanno. (Il Messaggero).
Spending review: 7,2 miliardi in meno per Regioni e Comuni. Slitta taglio Province. Ma quello al pubblico impiego no
La fase due della spending review parte ma senza il taglio delle Province, la sforbiciata del 20% agli enti pubblici e il riordino dei piccoli Comuni. Questi tre interventi, salvo nuovi ripensamenti dell’ultima ora, rappresenteranno la terza tappa del programma di riordino della spesa pubblica messo a punto dall’Esecutivo. E per il suo varo le ipotesi sul tappeto sarebbero quelle di un nuovo decreto legge con le norme ordinamentali da presentare alle Camere a inizio agosto o al massimo alla ripresa dei lavori parlamentari dopo le due settimane di pausa estiva. Mentre potrebbero essere saltati per sempre il blocco delle tariffe e la stretta sui permessi sindacali, i Caf e i patronati.
Il Consiglio dei ministri che dovrebbe tenersi oggi alle 17 varerà dunque un decreto legge con le sole norme di spesa. Si va dalla “dieta” imposta dal commissario Enrico Bondi agli acquisti di beni e servizi al contenimento dei costi degli affitti pubblici, dalla riduzione degli organici nelle Pa ai tagli da 7,2 miliardi in due anni per Regioni ed enti locali. A cui potrebbe aggiungersi una sforbiciata di importo analogo (o lievemente più bassa) per le uscite dei ministeri. Anche ieri, nel corso della conferenza stampa a villa Madama con la cancelliera Angela Merkel, il premier Mario Monti ha ribadito che l’intervento sulla spesa non è rappresentato da «tagli lineari ma da una riduzione della spesa dopo un’analisi precisa». E a chi gli contestava l’intenzione di ridurre la spesa pubblica con una disoccupazione giovanile al 36%, Monti ha replicato: non sono affatto convinto «che riducendo la spesa pubblica improduttiva si riducano le possibilità di occupazione dei giovani. Al contrario, riducendo il peso del settore pubblico nei mercati, compresi quelli finanziari, creiamo più possibilità di impiego produttivo e di impiego per i giovani». In precedenza Monti era salito al Quirinale, insieme ad altri ministri, per illustrare i contenuti del Dl al capo dello Stato. Che avrebbe chiesto ulteriori lumi sulle misure per scuola e ricerca.
Il lavoro dei tecnici per la messa a punto del testo da portare oggi all’esame collegiale del Governo è proseguito per tutto il giorno. Oltre ai tagli delle misure ordinamentali, sono stati accolti alcuni interventi sollecitati dalle parti sociali e dagli enti territoriali durante gli incontri di martedì. Ad esempio i sindacati l’hanno spuntata sul taglio del 10% dei permessi, così come sulla stretta delle somme corrisposte ai Caf e ai patronati. Le tre norme, come quella sul blocco delle tariffe, sono state, al momento, stralciate. Di quel capitolo nell’ultima bozza resterebbe solo la riduzione dell’aggio della riscossione che sarà tagliato di un punto percentuale dal prossimo 1° gennaio. E, se sarà possibile alla luce delle prestazioni di Equitalia e del suo processo di ottimizzazione, tale riduzione potrebbe essere di altri 4 punti.
Tra le conferme spiccano i 2,2 miliardi di tagli alle autonomie nel 2012 e i 5 in programma per il 2013. Una misura contestata dall’Upi. Tant’è che il presidente Giuseppe Castiglione ha inviato una lettera al premier per sottolineare come la stretta porterà «ad un sicuro dissesto di almeno metà delle Province». Alla sforbiciata va aggiunto il contributo di 5 miliardi da qui al 2014 chiesto alla sanità. Il contenimento della spesa sanitaria potrà passare anche per il taglio della spesa farmaceutica e dei posti letto su cui lo stesso ministro Renato Balduzzi ha precisato che «è sicuramente necessaria una riorganizzazione della rete ospedaliera che porti a una riduzione di costi di gestione e ad una maggiore appropriatezza delle prestazioni, in vista di un più stretto rapporto tra ospedale e territorio».
Passando al pubblico impiego, il giro di vite è confermato nei tempi (piante organiche da rivedere entro il 31 ottobre) e nelle modalità con la regola del 20% in meno di dirigenti e il 10% degli altri addetti. Tra le novità dell’ultima ora scompare l’idea iniziale di chiudere gli uffici in caso di ferie, mentre viene specificato che il blocco del turn over andrà avanti fino al 2016.
Arriva, seppur modificato rispetto alle anticipazioni dei giorni scorsi, il taglio delle poltrone nei Cda delle società pubbliche. In primo luogo si allarga il tiro alle società degli enti locali che hanno per oggetto sociale la prestazione di servizi alle Pa. E alla regola dei 3 membri, di cui due nominati tra il personale dell’amministrazione vigilante, si aggiunge ora anche la possibilità della nomina di un amministratore unico. La messa in liquidazione delle società in house che svolgono servizi nei confronti della sola Pa non riguarderà Sogei e Consip. Mentre i limiti alle assunzioni si applicherà alle società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione individuato dall’Istat.
Cambiamenti inoltre per l’istruzione, con il dimezzamento dei bidelli e l’affidamento all’esterno dei servizi di pulizia nelle scuole, e per il riordino della spesa per beni e servizi, che vede nascere un albo delle centrali di committenza. Mentre sugli affitti degli immobili pubblici la riduzione dei canoni del 15% sarà immediata e, in deroga a eventuali clausole, varrà anche per i contratti in corso.
Il valore finale del provvedimento dovrebbe a questo punto attestarsi sui 7/8 miliardi di euro, necessari certamente per scongiurare l’aumento dell’Iva di ottobre (valeva 4,2 miliardi), rinviandolo al 1° gennaio 2013 e contenendolo, come prevede la bozza del decreto, in un solo punto percentuale. Ci sono poi le risorse da destinare agli esodati e ai terremotati dell’Emilia. E tra le spese per esigenze indifferibili compare anche l’emergenza neve che sarà finanziata con una quota dell’8 per mille. Tutto ciò mentre il Senato ha convertito in legge con 203 sì, 9 no e 33 astenuti il primo decreto spending: quello che ha assegnato a Bondi i poteri di commissario straordinario (Il Sole 24 Ore)
5 luglio 2012