Natascia Ronchetti, Il Fatto quotidiano. Lo chiedono da più di un anno, ma le Regioni non hanno ancora ricevuto dallo Stato il rimborso dei quasi 4 miliardi di spesa sanitaria extra sostenuta per affrontare l’epidemia di Covid-19 e la campagna vaccinale. “Negli ultimi tre anni molte Regioni hanno chiuso i bilanci con risorse eccezionali e straordinarie proprio perché non sono mai arrivati, se non per una piccola parte, i rimborsi per le spese Covid e per il rincaro dei costi energetici”, dice Raffaele Donini, assessore alla Salute dell ‘Emilia-Romagna e coordinatore della commissione sanità della Conferenza delle Regioni. Eppure questa è solo una emergenza (per di più quasi marginale) nell’emergenza. “Perché ora il tema è la consistenza strutturale del Fondo sanitario nazionale – spiega Donini –. Senza uno stanziamento di almeno 4 miliardi ulteriori all’anno, la sanità pubblica affonderà con la complicità di un governo che si gira dall’altra parte: mai come ora è reale la perdita del diritto alla salute”. Solo che adesso alla richiesta di più fondi la risposta è picche.
CI HA PROVATO – con il collega Giancarlo Giorgetti, titolare del Mef –il ministro alla Salute Orazio Schillaci, che ammette: “Il sistema sanitario ha bisogno di una forte cura ricostituente, per troppo tempo rimandata”. Schillaci avrebbe voluto 4 miliardi in più per estendere a tutto il personale sanitario gli incentivi stabiliti per medici e infermieri dei Pronto soccorso al collasso. Risorse che – per ora – non ci sono. La contrattazione, in vista della manovra finanziaria, è appena iniziata: si vedrà. Ma nel frattempo i 4 miliardi chiesti si sommano ai quasi 4 di rimborsi non arrivati a destinazione. E allora circola l’idea che la formula per raggranellare risorse e tappare buchi possa essere quella di abbattere la spesa per le prestazioni non appropriate. Esami diagnostici, visite specialistiche considerate inutili. Possibile sì, ma così si risolverebbe solo un “problemino”. Lo chiama proprio così l’assessore alla Salute del Piemonte Luigi Icardi (Lega), di fatto allineandosi all’avversario Donini, esponente del Pd. “Sicuramente – dice Icardi – ci sono molte prestazioni non appropriate e molti esami ripetuti a causa di una non perfetta integrazione tra sistemi. Tuttavia la risoluzione di questo problemino può essere rapida e comunque non può compensare la mancata erogazione di fondi”.
Ma è tutta e soltanto una questione di soldi? Di certo, come fa notare il sindacato dei medici Cimo-Fesmed, che invoca un piano Marshall per la sanità, non si possono ridurre ulteriormente posti letto ospedalieri (in dieci anni, fino al 2020, ne sono stati tagliati 39 mila, portandoli a 3,18 per 100 mila abitanti, contro uno standard di 3,7) o abbattere ancora i ricoveri, precipitati a 93,13 per mille abitanti contro i 160 previsti dal decreto ministeriale 70 del 2015.
“Una questione di volontà politica – osserva Pierino Di Silverio, segretario nazionale di Anaao, il sindacato dei medici ospedalieri –: se manca un incremento del fondo sanitario vuol dire che questa volontà non c’è”. Quanto alla riduzione delle prestazioni inutili, secondo Di Silverio l’obiettivo è in pratica irraggiungibile. E non solo perché per abbatterle bisogna prima individuare quali sono: “L’Italia è uno dei tre Paesi del mondo, insieme a Polonia e Messico, che prevede la penalizzazione dell’att o medico”. Il che si traduce (anche) nella medicina difensiva, quell’insieme di prestazioni erogate dai medici per prevenire il rischio di denunce legali da parte dei pazienti, o dei loro parenti.
UN FENOMENO che costa in Italia 11 miliardi all’anno e che secondo i sindacati potrebbe essere contrastato solo con la depenalizzazione: perché difficilmente un medico si assume la responsabilità di rifiutare una visita specialistica o un esame diagnostico, con il rischio di esporre il paziente a conseguenze gravi. Ma il problema è anche organizzativo. “Il modello è ormai obsoleto”, dice Di Silverio. “Secondo il quale “sarebbe necessario anche permettere alle Regioni di superare il tetto di spesa per il personale. Almeno potremmo anche sgomberare il campo da un alibi”.