Cgil, Cisl e Uil: in pochi anni tra uscite anticipate, esuberi e riduzioni di organici circa settecentomila posti in meno
Potrebbe scattare dal ministero della Difesa il piano del governo per produrre i duecentomila tagli nell’organico dell’amministrazione pubblica. Però mai, come in questo caso, il condizionale è rigorosamente d’obbligo perché le organizzazioni sindacali di categoria stanno già alzando un muro preventivo: significherebbe mettere fuori gioco l’intera macchina statale già in crescente sofferenza. E poi sarebbe, anzi è, fondamentale una trattativa preliminare sulla riorganizzazione del settore. «Trattativa – puntualizzano – sempre promessa e mai avviata, come dimostra l’operazione spending review. In un anno non ha prodotto nulla, rispetto a quanto si proponeva di fare». Insomma, una bocciatura preventiva e secca per il piano, così come immaginato dall’esecutivo.
Nel mirino dei tecnici del Lavoro e delle Finanze è comunque la Difesa. Più esattamente 20.000 militari e 10.000 civili che avrebbero i requisiti per essere prepensionati. Per quanto riguarda il comparto militare, verrebbero presi in considerazione i dipendenti «non di punta», cioè coloro che svolgono mansioni non squisitamente operative. Oltre tutto c’è da considerare che gli alti gradi già oggi possono usufruire della cosiddetta «aspettativa quadri». Che vuol dire poter andare in pensione, percependo lo stipendio e magari svolgere un secondo lavoro senza limite di cumulo. La norma – si dice – dovrebbe essere allargata anche ai sottufficiali. Un passaggio che, in concreto, produrrebbe migliaia di fuoriuscite, pure se nell’arco di qualche anno. E avrebbe tuttavia un costo per l’erario. «Soldi – sottolinea un sindacalista – che potrebbero invece essere spesi sul fronte degli esodati».
BLOCCO DEL TURN OVER
Ma le «grandi perplessità», anzi la contrarietà dei sindacati si incentra sul rischio oggettivo di sfasciare la macchina statale. Rileva Michele Gentile, responsabile Cgil per il Pubblico Impiego: «Il blocco del turn over fino al 2016, l’andata in pensione di migliaia di dipendenti, i tagli agli organici, i precari che verranno mandati via a breve, hanno prodotto e produrranno una riduzione di personale paurosa». Senza considerare che, ogni anno, sono ottantamila le persone che lasciano, a vario titolo, la pubblica amministrazione. «E poi alla fine – spiega il sindacalista della confederazione di corso d’Italia – a pagare sono sempre gli stessi: Comuni, Asl ed enti locali che devono far fronte ad esigenze sociali immediate, mentre per i ministeri non accade nulla. L’ipotesi ventilata dal governo mi sembra dettata solo dall’esigenza di fare cassa, mentre si dovrebbe procedere ad una riorganizzazione dell’amministrazione pubblica a prescindere dai tagli agli organici, comunque da discutere con il sindacato. Si fermino, gli uomini di palazzo Chigi, e aprano finalmente quel confronto che non è stato mai aperto».
Anche la Uil alza il muro sull’ipotesi dei tagli. «Se dovessero scattare – avverte il segretario confederale, Antonio Foccillo – significherebbe chiudere l’azienda di Stato perché vorrebbe dire dimezzare il numero dei dipendenti, tra coloro che sono andati in pensione e quelli che ci dovrebbero andare. Negli ultimi anni sono uscite per fine lavoro 200.000 persone, altre 300.000 impiegate a tempo determinato dovrebbero andarsene a fine dicembre. Se a queste aggiungiamo i 200.000 prepensionati possibili, arriveremmo a quota 700.000. Un taglio insostenibile. Andrebbero in crisi migliaia di uffici. Perfino quelli dove entrano soldi, come i Beni Culturali. Detto questo, abbiamo l’esigenza di capire quali sono le vere intenzioni dell’esecutivo».
Pollice verso anche dalla Cisl. «In un Paese normale – denuncia Giovanni Faverin, segretario generale della Funzione Pubblica – si inizia a parlare di prepensionamenti quando c’è un piano di esuberi, come si è fatto per le amministrazioni centrali. In questo caso di cosa stiamo parlando? Non vorremmo che si continuasse a tagliare senza alcuna verifica sulla spesa. I veri costi inutili sono gli sprechi, le inefficienze, le prebende varie. E’ su questo che il governo deve dare risposte e trovare soluzioni confrontandosi con sindacati e lavoratori».
Il Messaggero – 13 agosto 2013