Uno dei superbatteri più pericolosi è lo Stafilococco aureo meticillino-resistente, più noto con la sigla MRSA. A preoccupare i ricercatori del settore veterinario è uno specifico clone di MRSA noto con la sigla ST398, che in pochi anni ha colonizzato gli allevamenti di suini, bovini e conigli. MRSA non è considerato un patogeno a trasmissione alimentare. Sono invece più a rischio le persone che lavorano negli allevamenti. MRSA può contaminare anche gli animali da compagnia, nei quali può causare diversi tipi di patologia.
La diffusione di batteri resistenti agli antibiotici costituisce una minaccia per la salute umana, come più volte ribadito dalle agenzie sanitarie internazionali. Uno dei superbatteri più pericolosi è lo Stafilococco aureo meticillino-resistente, più noto con la sigla MRSA, a causa della sua capacità di resistere agli antibiotici appartenenti alla famiglia delle penicilline e delle cefalosporine; questa resistenza, acquisita nel tempo, complica considerevolmente le possibilità terapeutiche e ne riduce le probabilità di successo.
Bassa diffusione in bovini e conigli
Gli MRSA sono spesso responsabili di infezioni ospedaliere, in particolare di setticemie e di infezioni post-operatorie, e sono inclusi dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) nell’elenco dei 7 microrganismi multiresistenti più pericolosi per l’uomo. In altri casi, tuttavia, le infezioni da MRSA sono contratte in comunità, ovvero in ambienti diversi da quelli ospedalieri, e fra le possibili fonti di contaminazione ci sono anche gli animali.
A preoccupare i ricercatori del settore veterinario è uno specifico clone di MRSA noto con la sigla ST398. In anni relativamente recenti questo clone di origine umana, ha contaminato alcuni settori zootecnici ai quali si è rapidamente adattato perdendo alcune caratteristiche genetiche e acquisendone altre, e quindi assumendo una precisa identità che lo lega agli animali allevati. In pochi anni MRSA ST398 ha colonizzato molti allevamenti suini in tutti i Paesi europei, Italia compresa, ma per fortuna sembra essere poco patogeno in questa specie. Lo stesso microrganismo ha successivamente contaminato alcuni allevamenti di bovini da latte, nei quali può causare mastiti non curabili, che costringono l’allevatore alla macellazione dei capi ammalati.
Per fortuna recenti indagini condotte dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) hanno dimostrato che questo fenomeno è ancora limitato negli allevamenti di bovini da latte dell’area del Triveneto, dove solo pochi allevamenti risultano contaminati. Ancora più rara è la presenza di MRSA negli allevamenti di conigli, segnalata per la prima volta proprio dai ricercatori dell’IZSVe, mentre è attualmente in corso una ricerca mirata a quantificare il problema negli allevamenti avicoli, per i quali sono disponibili poche informazioni.
Rischi dall’ambiente e dai pets
I consumatori, comunque, non hanno molto da temere: MRSA non è considerato un patogeno a trasmissione alimentare.
Sono invece più a rischio le persone che lavorano negli allevamenti, ove MRSA può pesantemente contaminare l’ambiente; in questi casi il personale a contatto con gli animali, inevitabilmente esposto ad MRSA, potrà esserne contaminato a livello cutaneo o colonizzato a livello nasale. Sarà importante in questo caso l’adozione di misure igieniche più incisive per limitare l’esposizione, quali guanti e mascherine monouso e indumenti dedicati alle sole attività lavorative.
Da ultimo, MRSA può contaminare anche gli animali da compagnia, nei quali può causare diversi tipi di patologia. In questo caso la possibilità di trasmissione all’uomo è facilitata dallo stretto contatto fisico che si ha normalmente con i propri animali. Come sempre, anche in questo caso, l’igiene può rappresentare un’ottima forma di prevenzione.
Una piccola curiosità. Nel corso dei campionamenti ambientali effettuati negli allevamenti di conigli, i ricercatori si sono imbattuti in nuovo batterio finora sconosciuto. La nuova specie, trovata nell’aria, è stata denominata Staphylococcus caeli. Fortunatamente non si tratta di un patogeno, ma ha fruttato una pubblicazione scientifica.
IZSVE