Una richiesta che racchiude un monito e la paura. Per evitare conseguenze gravi. Le autorità federali americane hanno invitato due famose riviste scientifiche -Nature e Science – a non pubblicare troppi dettagli sui super virus dell’aviaria messi a punto in un laboratorio olandese e in uno statunitense.
Washington, infatti, teme che le informazioni possano essere carpite da terroristi per «costruire» armi batteriologiche. Il passo, senza precedenti, ha creato scompiglio nell’ambiente scientifico ponendo un dilemma serio. Da un lato — ha osservato il direttore di Science, Bruce Alberts — ci sono le esigenze di sicurezza ma, dall’altro, il dovere di informare altri studiosi di quanto scoperto. Sulla stessa posizione i responsabili di Nature che respingendo la censura promettono di trovare una soluzione accettabile. Le parti «a rischio» saranno probabilmente omesse ma, in cambio, il governo statunitense deve garantire, per iscritto e in modo preciso, che le notizie arrivino al mondo scientifico. Una trasparenza invocata anche da esperti neutrali: «Chi è che decide cosa sia giusto o meno rendere noto? E con quali criteri?», ha osservato polemico Wendy Barclay, direttore del dipartimento di virologia all’Imperia) College di Londra. Il «National Science Advisory Board for Biosecurity», l’ufficio federale che si occupa di biosicurezza negli Usa, era in allerta da tempo. Per l’esattezza dopo gli annunci fatti in estate dall’Erasmus Medical Center di Rotterdam e dall’Università del Wisconsin. Due equipe di ricercatori — lavorando su progetti separati — hanno condotto ricerche sull’influenza aviaria. In particolare hanno studiato come le mutazioni genetiche possano rendere più facile il contagio. E così sono arrivati a due supervirus che possono trasmettersi molto facilmente, con un colpo di tosse o uno starnuto, da persona a persona. L’allarme – o l’allarmismo – non è condiviso da uno dei protagonisti. Il ricercatore olandese Ron Fouchier, autore della ricerca, ha sostenuto che «non è così facile riprodurre il virus, servono strutture adeguate così come cognizioni elevate». Dunque, a suo giudizio, le paure sono esagerate. In ogni caso — hanno fatto sapere dall’Erasmus – ci adegueremo alla richiesta del governo statunitense. Il caso ha rilanciato sui media diversi scenari. Il primo è quello dei bioterroristi. I qaedisti non hanno mai fatto mistero di voler arrivare ad un’arma «segreta» ma si è sempre dubitato delle loro capacità tecniche. Altrettanto pericolosi — se non di più — sono considerati militanti di estrema destra (e razzisti) negli Usa. Il secondo scenario è quello di un individuo che si impossessa del virus e dichiara guerra alla società con un attacco non convenzionale. Per motivi politici o solo per lanciare un ricatto letale. Trame da film condizionate dall’intrigo dell’antrace che ha seminato morte negli Stati Uniti nel 2001. Un piano criminale messo in atto – secondo le indagini – da un ricercatore poi suicidatosi. Conclusione ufficiale che non ha convinto tutti. E c’è chi sospetta che i colpevoli siano altri o ipotizza manipolazioni di entità misteriose. A rendere tuffi più nervosi — con la stagione influenzale incombente — è arrivata la notizia da Hong Kong sull’individuazione del virus H5Ni in un grande mercato aviario della città. Immediata la reazione delle autorità sanitarie: abbattuti più di 17 mila polli e stop alle importazioni.
Perchè la censura non può vincere il super virus che fa paura agli Usa
H5N1 è ben diverso dagli altri virus influenzali, di H5N1 chi ha contatti stretti con animali infetti può anche morire. Ma da uomo a uomo quel virus lì non è mai passato. Potrebbe succedere con quello nato in laboratorio? Forse, ma non pensiate che l’abbiano fatto apposta. Quei virus lì continuano a cambiare, quando si infettano tanti animali anche solo per studiare la risposta immune è possibile che uno di questi virus si modifichi, diventi più resistente e superi le barriere di specie. Ma le autorità negli Stati Uniti hanno paura. Se qualche malintenzionato imparasse a mescolare i geni di H5N1 con quelli di un virus come HiNi per esempio, che passa facilmente da uomo a uomo, le conseguenze sarebbero disastrose. Così hanno chiesto che quei lavori si pubblichino senza troppi dettagli, una cosa mai successa, una specie di censura sulla scienza. I ricercatori quei lavori li hanno mandati a Nature e Science, e adesso Philip Campbel e Bruce Alberts che dirigono quelle riviste sono in un bel guaio. Cosa fare? Certo, ne discuteranno, e anche a lungo, con le autorità del bio-terrorismo degli Stati Uniti ma alla fine non si faranno condizionare: i due lavori usciranno così come sono, con tutti i dettagli. «Se lo conosci lo eviti», si diceva una volta del virus dell’Aids. Sembra un paradosso ma sapere tutto su come, quando e perché questi virus possono mutare è il miglior modo per evitare che si diffondano. Non basta: più informazioni avremo su H5N1, tanto migliori saranno i vaccini che potremo preparare (e forse ne avremo uno per tutti i virus dell’influenza, senza doverli cambiare ogni anno). E non è affatto detto che H5Ni, il virus degli uccelli che adesso in laboratorio passa facilmente da un animale all’altro, sappia anche passare da uomo a uomo. Ancora: H5N1 circola dal 2005 e probabilmente anche da molto prima, solo nel Sudest dell’Asia si sono infettate 600 persone ma mutazioni capaci di diffonderlo fra gli uomini non ne abbiamo mai viste. Non deve essere facile, altrimenti sarebbe già successo. Alla fine Nature e Science pubblicheranno quei lavori così come sono, ed è un gran bene. Sì, perché c’è un modo solo per proteggerci dalle epidemie: saperne di più e mettere questo sapere a disposizione di tutti.
Corriere della Sera 22 dicembre 2011