Sul difficile lavoro del Comitato per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, gli standard minimi di servizio dai trasporti all’istruzione, dalla salute alla sicurezza sul lavoro che sono lo scheletro operativo dell’autonomia differenziata in discussione al Senato, arriva un nuovo scossone sotto forma di lettera inviata dal Governatore di Bankitalia Ignazio Visco al presidente del Comitato, Sabino Cassese.
Il colpo non è duro come quello portato a luglio dalle dimissioni di Giuliano Amato, Franco Bassanini, Franco Gallo e Alessandro Pajno, perché Visco recupera “per lettera” i contributi che non potrà dare in presenza per gli impegni istituzionali che infittiscono l’ultimo mese del suo mandato. Ma temi e contenuti delle obiezioni messe nero su bianco in cinque fitte pagine dal Governatore sono analoghi, e nascono dalle tre bozze circolate nelle ultime settimane con un primo elenco di 223 livelli essenziali delle prestazioni (Lep) «potenziali» e con i criteri per la loro selezione e classificazione. Il punto sollevato dal Governatore uscente di Bankitalia è sintetizzabile in questi termini: il panorama dei livelli standard che emerge da questo lavoro rischia di essere troppo limitato, e quindi di offrire uno spazio troppo vasto ai negoziati con le Regioni su materie che non sono ancorate a questo parametro. Anche dove vengono indicati, poi, le «prestazioni» collegate ai Lep si mostrano «nella maggioranza dei casi formulate in termini troppo generici, in buona parte riconducibili a mere petizioni di principio» il cui contenuto pratico «rimane in larga parte indeterminato». Da un’impostazione di questo tipo, conclude Visco, «sembra conseguire un’interpretazione (restrittiva) del mandato del Comitato volta a limitarlo a una ricostruzione sistematizzata della legislazione vigente, senza entrare nelle possibili declinazioni operative delle disposizioni connesse con diritti civili e sociali».
Per i non addetti ai lavori la materia è ostica. E qualcuno la potrebbe considerare troppo teorica. Ma sarebbe smentito seccamente dalle parole dette sempre ieri, in audizione sulla NaDef, dal ministro dell’Economia Giorgetti, non certo un nemico dell’autonomia. «I Lep sono un tema decisivo, il tema più politico per definizione, perché si tratta di definire quali livelli di servizio garantire e, quindi, implicitamente di indicare i livelli di tassazione correlati».
Sul tema, il cantiere dell’autonomia differenziata divide in due le materie oggetto di possibile trasferimento dallo Stato alle Regioni. Una parte, connessa ai «diritti civili e sociali» garantiti dalla Costituzione, e quindi da assicurare (e finanziare) in misura uguale in tutta Italia, può traslocare solo dopo la definizione dei Lep, l’altra è invece affidata a una contrattazione più libera fra centro e periferia.
Nell’ottica della finanza pubblica, il dilemma si può brutalmente riassumere così: se i Lep non costano nulla, si limitano a fotografare la situazione esistente e quindi a considerarla adeguata alla tutela chiesta dalla Costituzione (ipotesi piuttosto ardita visto il quadro dei servizi in molte aree del Paese); se invece in alcuni territori oggi gli standard costituzionali non sono garantiti, i Lep costano e vanno finanziati, in modo «coerente con gli obiettivi di finanza pubblica» (cioè senza deficit) come prevede il disegno di legge governativo all’esame di Palazzo Madama.
L’entità del problema, oltre alla sua complessità tecnica, spiega bene come mai i Lep, in Costituzione dal 2001 quando furono inseriti dalla riforma del Titolo V, in 22 anni non abbiano mai trovato attuazione. Ora ci prova il Ddl Calderoli, affidando al Comitato guidato da Cassese il compito improbo dell’istruttoria. Ma le tante difficoltà non giustificano nell’ottica di Visco un’impostazione riduttiva. «L’adozione dei Lep è una prerogativa che compete al decisore politico», scrive Visco sulla stessa lunghezza d’onda delle considerazioni di Giorgetti; ma occorre chiedersi «se non spetti al Comitato anche la valutazione delle possibili declinazioni operative dei Lep e delle connesse implicazioni finanziarie». Il rischio, altrimenti, è di passare la palla alla Commissione tecnica sui fabbisogni standard, in un eterno rimpallo burocratico che elude le questioni politiche di fondo: quanto costano i Lep? E come vanno finanziati?