È stato annunciato come la svolta nel rapporto tra fisco e cittadini. In teoria, dal 2015 dovrebbe semplificare la vita ai contribuenti. In teoria, dovrebbe accelerare i rimborsi da parte dell’amministrazione finanziaria. In teoria, dovrebbe evitare lunghe code ai centri di assisenza fiscale e le corse all’ultimo minuto dal commercialista oppure dall’amico esperto tributario.
In teoria, dovrebbe far arrivare a casa la dichiarazione dei redditi già pronta e dopo un rapido ok assicurare la massima tranquillità per il futuro. In teoria, dunque, dovrebbe dare una sforbiciata ai contenziosi. In teoria. Perché nella pratica, il cosiddetto «730 precompilato» strombazzato dal governo di Matteo Renzi corre il rischio di complicare l’esistenza dei cittadini. Cioè l’esatto contrario dell’obiettivo dichiarato da palazzo Chigi.
Una cosa sono gli annunci, un’altra le leggi. Altra ancora i provvedimenti che ai testi approvati in Parlamento danno concreta attuazione, come quelli messi a punto dall’agenzia delle Entrate. Che ha pubblicato la bozza delle istruzioni delle nuove dichiarazioni dei redditi e, stando all’analisi realizzata ieri dal quotidiano ItaliaOggi, il 730 2.0 targato Renzi è un bluff. O quasi. A cominciare dal fatto che a casa, al contrario di quanto promesso dal premier nel corso delle conferenze stampa, non arriverà nulla. Sì, perché il modello precompilato sarà messo a disposizione nel cassetto fiscale sul sito internet delle Entrate al quale si accede con una complessa procedura, dopo aver chiesto un doppio pin (codice) dedicato. E la visita al Caf resta obbligatoria: perché per modificare i dati (per eventuali errori o integrazioni rispetto alle informazione inserite dai funzionari del fisco) bisogngerà delegare un centro di assistenza fiscale o un professionista.
Insomma, una riforma al contrario. Specie se si considera che della platea di destinatari fanno parte anche milioni di pensionati ai quali viene di fatto imposto di accedere a internet e magari si tratta di contribunenti che in molti casi non hanno nemmeno un computer a disposizione. Senza dimenticare che l’accesso a Entratel, vale a dire il sito dell’agenzia delle Entrate dedicato ai dati fiscali, bisogna seguire una articolata procedura per entrare in possesso delle credenziali di accesso al sistema informatico dell’amministrazione fiscale.
Già si sa, peraltro, che il primo anno di vita del nuovo «730» le integrazioni e le correzioni da parte dei cittadini saranno sostanzialmente obbligatorie. A cominciare dal fatto che una parte delle informazioni, come a esempio le spese mediche, saranno inserite in automatico dai cervelloni del fisco, solo a partire dal 2016. Dunque, bisognerà ancora conservare scontrini e ricevute di varia natura, fare i calcoli e portarle al Caf (o dal commercialista). Stesso discorso per quanto riguarda i costi sostenuti dalle famiglie per sport, studi e colf. L’anno prossimo saranno inseriti i dati catastali relativi agli immobili di proprietà e le informazioni sui redditi. Stop.
Sul fisco, insomma, il governo non riesce proprio a decollare. Altra conferma è il pasticcio col decreto sul rientro dei capitali, cioè il provvedimento sul condono nascosto. Si tratta del decreto sul rientro dei capitali dall’estero che, tra altro, contiene la norma sulla voluntary disclosure: è la norma che propone a chi ha nascosto denaro oltreconfine, ma anche in Italia (ecco la sanatoria mascherata), di autodenunciarsi in cambio di sconti su sanzioni e pene. Il punto è che il passaggio in aula, al Senato, previsto per oggi, è in bilico perché, vista l’imminente apertura della sessione di bilancio a palazzo Madama che congela esame e votazione di tutti i provvedimenti per dare precedenza assoluta alla legge di stabilità.
Libero – 4 dicembre 2014