Ci sono i dipendenti pubblici ultrasessantenni al centro delle nuove ipotesi di interventi sul pubblico impiego nella spending review. Tra le opzioni, oggi al centro di un vertice tra Tesoro, Ragioneria e Funzione pubblica, c’è quella dello «scivolo» con un’indennità dell’80%, calcolata però sulle sole «voci stipendiali» e non sull’intero trattamento economico: rispetto alla retribuzione piena, quindi, il taglio potrebbe arrivare a superare il 50%. La platea degli over 60 è di 231mila persone, 25mila delle quali nei principali comparti dello Stato. «Eccedenze», «mobilità» e «80% dello stipendio». Per il pubblico impiego le tre parole chiave del pacchetto allo studio nella cura Bondi non sono un inedito. Ma secondo fonti sindacali, ci sarebbero documenti tecnici del governo che quantificano in 276mila i potenziali esuberi.
«Eccedenze», «mobilità» e «80% dello stipendio». Per il pubblico impiego le tre parole chiave del pacchetto allo studio nella cura-Bondi sulla spending review non sono un inedito. Erano già comparse a novembre con la legge di stabilità, ultimo atto del Governo Berlusconi, che chiedeva alle pubbliche amministrazioni di passare al setaccio i propri organici per individuare i dipendenti di troppo da collocare «in disponibilità»: a loro sarebbe stata riservata una sorta di mobilità all’80% dello stipendio, perla durata massima di due anni, entro i quali gli interessati avrebbero dovuto cercare un’ altra collocazione (non semplice da trovare) nel mondo pubblico. La misura, analoga a quella prevista da uno dei primi interventi “salva-Grecia”, si è per ora persa nel silenzio delle amministrazioni, che non hanno portato a termine i loro censimenti. Ma mentre un primo Dpcm varato venerdì porta i tagli alle dotazioni organiche di Palazzo Chigi ed Economia, le tre parole chiave ricompaiono sul tavolo della spending review. Tra le ipotesi allo studio, che oggi saranno al centro di un vertice fra Tesoro, Ragioneria generale dello Stato e Funzione pubblica, c’è quella di concentrarsi sul personale con più di 60 anni di età per l’applicazione di un’indennità pari, appunto, all’8O% dello stipendio. Per il momento si tratta, è bene ribadirlo, di un’ipotesi all’interno di un pacchetto che prevede anche opzioni più leggere, legate per esempio a una riparametrazione del trattamento economico della dirigenza, ma a t,’1lardare a via XX Settembre e dintorni è una platea amplissima: secondo l’ultimo conto annuale del personale, gli impiegati pubblici over 60 sono 240mila,cioè il 7% di chi lavora con contratto a tempo indeterminato in un ufficio dello Stato o degli enti territoriali. Il tasso più alto di ultra-sessantenni si incontra naturalmente nelle carriere ad elevato “valore aggiunto”, daIl’università alla magistratura, dove peraltro vigono ordinamenti autonomi e peculiarità che renderebbero pressoché impossibile agire con l’accetta sulla base delle sole ragioni anagrafiche. In valore assoluto, però, il grosso degli over 60 si concentra nella scuola, oltre che nelle articolazioni degli enti territoriali (sanità compresa). Se invece la misura, almeno in un primo tempo, dovesse concentrarsi nelle principali amministrazioni statali,nella rete potrebbero entrare circa 25mila persone.
L’aspetto più allarmante è però sul versante retributivo. L’80% che farebbe da criterio guida dell’indennità, secondo le ipotesi, andrebbe calcolato sullo stipendio «propriamente detto», e non sull’intero trattamento economico. Fuori dalla base di calcolo rimarrebbero quindi le indennità fisse, legate per esempio alle responsabilità su posizioni organizzative, e quelle variabili, dai premi di risultato a quelle prodotte da turni e straordinari. Una differenza non da poco, visto che lo statale medio italiano guadagna 34.562 euro lordi all’anno, ma lo stipendio gliene porta solo 26.955: un’indennità pari aall’80% dello stipendio, quindi, si attesterebbe a quota21.564 euro, e non andrebbe oltredi conseguenza al 62,2% dell’entrata lorda effettiva prodotta dal suo posto di lavoro. Nella presidenza del Consiglio e negli enti pubblici non economici (enti previdenziali, Aci e così via) dove le parti variabili e individuali dello stipendio sono più pesanti, il taglio effettivo sul trattamento economico arriverebbe a superare il 50%, per oscillare intorno al 47% nelle agenzie fiscali. Numeri, questi, che sono frutto di medie, e che potrebbero rivelarsi ancora più alti se le ipotesi circolate in questi giorni dovessero tradursi in misure concrete. I dipendenti arrivati all’ultima parte della carriera, infatti, ricevono più frequentemente voci aggiuntive in busta paga, per cui il parametro calcolato sulla sola base stipendiale finirebbe per avere effetti ancor più rilevanti di quelli denunciati dalle medie di comparto.
Naturalmente, rimane ancora tutta da valutare la sostenibilità di questa forma di snellimento della pubblica amministrazione, già interessata da vincoli assunzionali e blocchi del tum over che hanno colpito ad ampio raggio, mentre le misure più selettive (come quelle previste appunto dall’ultima legge di stabilità) sono rimaste al palo. Anche perché – come mostrano bene le cronache di questi mesi – dopo la riforma previdenziale non tutti gli over 60 sono vicini alla pensione e occorrerebbe studiare forme di sostegno che evitino di ingrossare ulteriormente le fila degli «esodati»: un’indennità solo biennale. come quella prevista a novembre, rischierebbe di avere questo effetto (gianni.trovati@ilsole24ore.com)
Governo pronto al decreto sulla spending review. C’è un dossier sugli esuberi
Il governo stringe anche sulla spending review, dove una parte consistente dei risparmi arriveranno dal pubblico impiego, con la riduzione delle piante organiche che potrebbe coinvolgere a regime 2-300 mila dipendenti. Il presidente del Consiglio Mario Monti, vuole arrivare al Consiglio europeo del 28 giugno con la riforma del mercato del lavoro approvata definitivamente dal Parlamento e con il decreto per la riduzione della spesa pubblica già varato dal Consiglio dei ministri (probabilmente il 25 o 26 giugno). Il decreto dovrà assicurare risparmi per almeno 5 miliardi nella seconda parte del 2012 e 8-9 miliardi nel 2013. Oggi ci sarà un vertice tra i ministri e tecnici coinvolti, con la partecipazione del supercommissario Enrico Bondi, per stringere rispetto alle molte ipotesi sul tavolo.
L’idea di fondo è di accorpare il più possibile le amministrazioni sul territorio’ sfruttando ad esempio l’abolizione delle Province, o meglio il trasferimento delle loro funzioni ai Comuni o alle Regioni, che dovrebbe avvenire entro la fine dell’anno. La razionalizzazione degli uffici pubblici potrebbe riguardare anche le prefetture e i provveditorati. L’accorpamento degli uffici consentirebbe tra l’altro di liberare sedi da dismettere o per le quali oggi si paga un affitto. In questo senso si muovono anche le operazioni pilota decise venerdì dal governo: la soppressione dell’Agenzia del Territorio che verrà assorbita dall’Agenzia delle Entrate, dell’Agenzia dei Monopoli, che finirà nell’ Agenzia delle Dogane, e dell’Agenzia per lo sviluppo del settore ippico, che verrà suddivisa tra ministero delle Politiche agricole e di nuovo l’Agenzia delle Dogane. Vapoi ricordato che è in corso, pur tra molte resistenze delle burocrazie, la fusione nell’Inps di Inpdap ed Enpals, enti di previdenza rispettivamente del pubblico impiego e dello spettacolo. Infine, è partita la prima operazione di taglio del personale, col decreto, adottato sempre venerdì, che riduce del 20% i dirigenti e del 10% il resto del personale della presidenza del Consiglio e del ministero dell’Economia. Criteri analoghi verranno seguiti anche per gli altri ministeri, anche se alla Funzione Pubblica, si osserva che bisognerà procedere «caso per caso».
Gli strumenti per ridurre il personale, aggiungono, potranno essere diversi. Alcune volte potrebbe bastare il rigido blocco del turn over, cioè non sostituire il personale che va in pensione. Ma allo studio c’è anche il taglio lineare del 5% delle piante organiche, una misura che però sarebbe difficile da applicare in alcune amministrazioni che già soffrono di carenza di personale. Più semplice sarebbe imporre a tutti, come già disposto nel decreto pilota di venerdì, il rapporto minimo di un dirigente ogni 40 dipendenti,una misura che farebbe immediatamente emergere gli esuberi tra i dirigenti. Che sono spesso anche i più anziani. Per quelli che si trovano a due anni dalla pensione potrebbe scattare la messa in mobilità. Probabile anche la soppressione di tutte le sedi decentrate con meno di 30 addetti o che si trovano in Province con meno di 300 mila abitanti. Per tutti gli esuberi la legge Brunetta già prevede un percorso: prima l’ammortizzatore sociale, cioè l’8o% della retribuzione per 24 mesi, come avviene con la cassa integrazione nel settore privato, poi il licenziamento se ne frattempo il lavoratore non sarà stato ricollocato.
Secondo fonti sindacali, ci sarebbero documenti tecnici del governo che quantificano in 276 mila i potenziali esuberi. I ministeri interessati non confermano, preferiscono parlare di più ipotesi sul tavolo, con numeri che ballano: «Potrebbero essere 200 mila come 300 mila». Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, che ha nel pubblico impiego il suo punto di forza, è preoccupato, ma ci tiene a dire che da parte sua c’è la disponibilità a discutere senza preclusioni, purché il sindacato venga convocato al più presto dal governo. Tra le altre ipotesi allo studio temute dai sindacati c’è anche la rateizzazione o il blocco delle tredicesime (ma sembra avere poche chance perché avrebbe effetti depressivi sui consumi), il taglio dei buoni pasto e dei telefonini di servizio. Il governo poi è deciso a impedire le promozioni di massa e il ricorso ai contratti di collaborazione, due escamotage usati negli ultimi anni nel pubblico impiego per aggirare il blocco delle retribuzioni e delle assunzioni.
A buon punto è anche la parte che riguarda il taglio delle spese sull’acquisto di beni e servizi. L’idea è quella di impedire che le singole amministrazioni, soprattutto quelle periferiche e delle Regioni ed enti locali, dove si è osservata la crescita maggiore della spesa, possano disporre acquisti se il prezzo del bene o servizio da comprare è ingiustificatamente maggiore di quello preso a riferimento a livello nazionale. Ci sarà poi una grossa stretta sulle auto blu e sulle consulenze, materie sulle quali non è escluso che scattino blitz degli ispettori ministeriali e della stessa Guardia di Finanza. Infine, nel decreto sulla spending review potrebbe entrare anche una seconda lenzuolata di semplificazioni amministrative. A questo fine mercoledì ci sarà un incontro fra il ministro della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi, e il presidente della Confindustria, Giorgio Squinzi. (Enrico Marro – Il Corriere della Sera)
Leggi l’articolo con le tabelle di Gianni Trovati sul Sole 24 Ore – 18 giugno 2012
Vedi anche Statali riduzione organici del 5%