Niente più carne di cane nei menu sudcoreani. Con una decisione storica, dopo vari annunci e tentativi negli anni passati, il Parlamento di Seul ha deciso di vietare l’allevamento e la macellazione degli animali e il commercio della loro carne. Nessuna opposizione: 208 voti a favore, 2 astensioni, 0 contrari. Il testo entrerà in vigore entro tre anni dalla sua promulgazione da parte del presidente Yoon Suk-yeol (animalista convinto), considerata ormai una formalità. Si rischiano pene fino a tre anni di carcere e una multa di 30 milioni di won (20.800 euro). Anche se la legge non prevede alcuna sanzione per il consumo.
Per secoli parte della cucina sudcoreana — fonte di alimentazione in tempi di carestia durante l’occupazione giapponese tra il 1910 e il 1945 o la guerra di Corea del 1950-53, e specialmente perché considerata ottima per migliorare la resistenza nelle umide estati coreane — la carne di cane è in realtà ormai snobbata da molti: in un sondaggio pubblicato lunedì da un think tank di Seul, il 94 per cento degli intervistati dichiara di non aver mangiato carne di cane nell’ultimo anno e il 93 per cento che non lo farà in futuro. Resiste comunque ancora un 6-7 per cento. Ogni anno in Corea del Sud vengono macellati circa un milione di cani. Per le associazioni di attivisti, però, oltre a quelli ufficiali ci sarebbero migliaia di allevamenti abusivi e anche i canili sono stati accusati negli anni scorsi di vendere i cani ai macelli, contribuendo al commercio illegale.
Per rafforzare il suo soft power all’estero Seul elimina così uno dei più importanti motivi d’imbarazzo internazionale, ma la legge è anche una perfetta operazione- simpatia per presidente e consorte. Il sostegno al bando è cresciuto durante la presidenza Yoon — che di cani ne ha sei, più otto gatti — anche grazie all’impegno della first lady Kim Keon-hee, diventata la paladina di questa campagna.
Da decenni il consumo ha iniziato a calare: in parte perché è diventato più facile reperire carne di altri tipi, ma soprattutto perché molti sudcoreani hanno iniziato a considerare il cane come uno di famiglia, non da servire in un piatto di bosintang .
Gli animalisti esultano. Di umore opposto allevatori e ristoratori. «Molti sono anziani e sarà difficile per loro cambiare mestiere ora», sostengono le associazioni di categoria. Lo scorso anno la Corea del Sud contava circa 1.600 ristoranti specializzati e 1.150 allevamenti, che ora dovranno presentare un piano per abbandonare gradualmente le loro attività. Per loro sono previsti dei risarcimenti, anche se l’importo non è ancora stato deciso.
La Repubblica