C’È una bellezza intangibile che va oltre i monumenti, ma vive e respira con loro. Un patrimonio di storia che si tramanda di generazione in generazione attraverso le botteghe artigiane, gli antichi ritrovi, gli usi e costumi della tradizione. Ma che spesso, nei centri storici delle città d’arte, resiste a fatica all’invasione dei negozi di souvenir paccottiglia, dei fast food scadenti, delle grandi catene commerciali.
Un “patrimonio immateriale” riconosciuto dall’Unesco già nel 2003, che un disegno di legge del Pd (prima firmataria la senatrice Rosa Maria Di Giorgi) promette ora di salvaguardare. Creando una cornice che renda esportabile il modello sperimentato a Firenze dal sindaco Dario Nardella con il “Regolamento Unesco” che da gennaio ha vietato, non senza polemiche, l’apertura in centro di nuovi fast food, internet point, money transfer e compro-oro. Una stretta che presto potrebbe arrivare in altri centri storici patrimonio Unesco, da Roma a Venezia, da Napoli a Urbino, passando per San Gimignano, Siena e Pienza.
Il ddl, che ha già una cinquantina di firme, punta a modificare la legge del 2006 sui siti Unesco, introducendo il principio della salvaguardia anche per il «patrimonio culturale immateriale». E le norme del governo Monti in materia di liberalizzazione del commercio, prevedendo possibili limitazioni legate proprio alla salvaguardia di questo patrimonio. Ossia del “tessuto” in cui i siti si trovano: quella fitta rete di valori culturali legati alle tradizioni, agli usi e costumi e alle attività storiche. Perché «un monumento è anche il suo contesto e l’identità dei luoghi va salvaguardata », sottolinea il sottosegretario ai Beni culturali con delega ai temi Unesco Ilaria Borletti Buitoni. L’obiettivo, spiega Di Giorgi, è «dare ai sindaci uno strumento che consenta di adottare un disciplinare come quello introdotto a Firenze, per evitare che i centri storici vengano snaturati. Vogliamo che questo provvedimento, che colma una lacuna, sia approvato entro l’anno».
La sollecitazione, spiega Di Giorgi, è venuta dall’iniziativa del sindaco di Firenze Dario Nardella, che ha dichiarato guerra alla proliferazione in centro storico di distributori automatici, sale giochi e phone center. Esponendosi però, ammette lui stesso, a piogge di ricorsi. Senza una legge nazionale, spiega infatti Nardella, le iniziative dei Comuni rischiano di essere inefficaci: «Abbiamo bisogno del sostegno di Governo e Parlamento, o i nostri regolamenti resteranno in balia del primo giudice amministrativo cui si rivolge il primo minimarket ». «Le città italiane stanno perdendo l’anima — prosegue Nardella — le leggi Bersani e Monti non hanno tenuto conto dell’effetto che la deregulation avrebbe avuto sui centri storici. Queste misure non vanno contro la libera iniziativa commerciale o la concorrenza, ma tutelano il patrimonio culturale».
Plaudono i rappresentanti delle botteghe storiche, anche se Giulio Anticoli, presidente dell’associazione romana, fa notare che «spesso, come nel caso del Caffè della Pace, il nodo è il diritto di proprietà. Se ad esempio i proprietari decidono di sfrattare un esercizio storico e vendere oggi non si riesce a fare molto».
Sul fronte della tutela, il ddl prevede per i siti Unesco anche la figura di un site manager, un coordinatore tecnico che assicuri la collaborazione fra le amministrazioni. E il rafforzamento dei piani di gestione dei siti, che non saranno più solo documenti d’indirizzo, ma strumenti di pianificazione.
Repubblica – 28 aprile 2016