Anche l’ultima verifica, quella della Corte dei Conti, è filata via senza particolari osservazioni. Così, finalmente, i medici potranno firmare l’atteso rinnovo del contratto. La sigla dell’intesa tra i rappresentanti dei camici bianchi e il Presidente dell’Aran, Antonio Naddeo, ci sarà martedì prossimo. Poi già dal mese di febbraio, i medici potranno ricevere aumenti medi mensili di 289 euro, e arretrati di oltre 10 mila euro.
Si chiude così la stagione contrattuale 2019-2021 e può prendere il via la nuova tornata contrattuale per il pubblico impiego – per la quale il Governo ha stanziato circa 8 miliardi di euro – sulla base degli atti di indirizzo dei comitati di settore.
L’ipotesi di Accordo quadro sulle aree per la stagione contrattuale 2022-2024 è stata firmata, si attende il via libera da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze all’Atto di indirizzo generale, la cosiddetta “direttiva madre” predisposta dal Ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, che contiene le indicazioni generali sui contenuti comuni delle prossime intese.
Per la prima si dovrebbe procedere con un calendario che inverte il consueto ordine (prima lo Stato centrale e poi gli altri) iniziando dal personale della sanità (prima il comparto poi la dirigenza) e degli enti locali.
“Ma questo resta un contratto vecchio di tre anni che paga solo oggi e inadeguatamente il lavoro estenuante sostenuto durante la pandemia da medici e sanitari” dichiara il Presidente FVM, Aldo Grasselli.
Il testo dell’ipotesi CCNL 2019-2021
Le principali novità sul trattamento economico
Le principali novità normative
Medici, l’accordo sugli arretrati
Andrea Bassi, dal Messaggero. L’accordo in questione è quello che copre il triennio che va dal 2019 al 2021. Quello della dirigenza medica è stato uno degli ultimi comparti a chiudere i negoziati per il rinnovo del contratto. Ma per la stagione contrattuale 2022-2024, quella che si aprirà nelle prossime settimane, il consueto ordine delle trattative sarà rivisto. Normalmente si parte dai ministeriali, il cui accordo fa poi da base per tutti gli altri. Questa volta il ministro per la Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, ha deciso di cambiare le priorità. Si partirà dai comparti più in sofferenza, come quello della Sanità (a cominciare dagli infermieri) e quello della Sicurezza e Difesa. Anche i dipendenti comunali e regionali scavalcheranno i ministeri e le Agenzie fiscali. Un modo per risarcirli della mancata corresponsione, per mancanza di fondi da parte dei Comuni, dell’aumento una tantum erogato a dicembre a tutti gli altri dipendenti pubblici.
Chiusa con la scuola e i medici la vecchia tornata contrattuale, adesso tutto il mondo degli statali guarda al rinnovo del triennio in corso. Come noto il governo ha stanziato circa 8 miliardi di euro con l’ultima manovra di Bilancio, 2,3 dei quali destinati al comparto della Sanità. Per la convocazione dei tavoli delle trattative si aspetta il via libera da parte del ministero del Tesoro alla cosiddetta “direttiva madre” firmata da Zangrillo. Si tratta del documento con il quale il ministro assegna gli obiettivi che l’Aran, l’Agenzia che tratta con i sindacati, dovrà perseguire con il rinnovo del contratto. L’intenzione che emerge dal documento, che Il Messaggero ha potuto leggere, è di puntare con più decisione sul merito. Le progressioni di carriera e gli scatti di stipendio ci saranno solo per i dipendenti più meritevoli, quelli che ottengono le valutazioni migliori. Ma sarà prevista anche la fissazione di una «soglia minima» nella valutazione, al di sotto della quale non potrà essere corrisposto nessun emolumento “accessorio” al dipendente.
La direttiva
Secondo la direttiva sarà necessario «definire criteri idonei a garantire che alla differenziazione dei giudizi valutativi corrisponda una effettiva diversificazione dei trattamenti economici». Non si potrà cioè dare più il massimo dei voti a tutti ed erogare i premi a pioggia. Il documento poi, prevede il “rilancio” della quarta area, quella introdotta nell’ultimo contratto con lo scopo di attirare “talenti” nella Pubblica amministrazione con stipendi di partenza da 70 mila euro. Ma fino ad oggi questa quarta area ha visto la luce solo in un ministero, quello dei beni culturali, mentre è rimasta sulla carta in tutte le altre amministrazioni.
Da Segreteria Fvm e il Messaggero